Stampa questa pagina
  • Venerdì, 22 Febbraio 2013

Informazioni aggiuntive

  • Resoconto teleriunione  19 febbraio 2013

L'era dell'accesso

La citazione riportata nella locandina della riunione pubblica di marzo, in merito alla relazione "Marx, la Germania e l'ideologia tedesca", ben individua il tema che sarà affrontato, e cioè il rapporto tra Germania e filosofia. Partendo dall'analisi della "Introduzione a Per la critica della filosofia del diritto di Hegel" e passando per alcuni fatti storici significativi, verranno messe in evidenza le caratteristiche peculiari del paese teutonico in relazione al dispiegarsi della dinamica rivoluzionaria nel contesto europeo e mondiale.

All'epoca dell'ondata rivoluzionaria di inizio '900, la Germania diventò il punto di riferimento per tutti i comunisti poichè era il paese europeo maggiormente industrializzato e con un proletariato combattivo, ma questo insieme di elementi non produsse il "rovesciamento della prassi" tanto sperato.

La nostra corrente già negli anni Cinquanta indicava il territorio statunitense come il cuore del capitalismo e nella Seconda Guerra mondiale auspicava la vittoria tedesca sui paesi anglosassoni di vecchia accumulazione. Oggi il sistema capitalistico ha centro a Washington e di lì controlla l'economia mondiale. Risulta difficile immaginare uno sbocco rivoluzionario senza lo sfaldarsi dall'interno del mostro statale americano:

"La rivoluzione non potrà passare che da una lotta civile nell'interno degli Stati Uniti, che una vittoria nella guerra mondiale prorogherebbe di un tempo misurabile a mezzi secoli." (Raddrizzare le gambe ai cani)

E difatti la "proroga" c'è stata. Gli Stati Uniti sono l'ultimo anello della catena imperialistica e appare compiuto il tragitto verso un mercato unico mondiale di produzione e di scambio. E' una situazione assai critica perché di fronte ad un mercato globale si riproducono a scala altrettanto globale tutte le contraddizioni del sistema. E in questa dimensione agli Usa tocca fare il poliziotto globale, dove la loro proiezione di potenza fa il giro del mondo. D'altronde, c'è un motivo basilare per cui seguiamo Occupy Wall Street: più di quello che il movimento dice di sé stesso, ci interessa quello che è spinto a fare nel ventre della balena.

Se guardiamo il rapporto tra USA e Cina, notiamo che il flusso di capitali ha invertito la direzione storica. Fino ad ora il capitale si è spostato dalla potenza in declino verso il paese emergente, oggi si verifica il contrario e cioè che è proprio quest'ultimo a finanziare la potenza in collasso. Anche da un punto di vista militare non c'è competizione possibile fra Cina e USA, le due economie - bisogna ribadirlo - sono complementari: i cinesi, invece di svincolarsi dal legame economico con gli americani, continuano a pagarne il debito affinché gli stessi comprino le loro merci.

Il lavoro sul collasso degli stati pubblicato sull'ultimo numero della rivista trova ulteriori conferme in quanto accade in Egitto e Tunisia, dove assistiamo allo sfaldamento dell'infrastruttura statale. Dopo l'articolo di Caracciolo su "La Repubblica", questa volta tocca a "Le Monde" registrare la presenza della lotta di classe in Egitto ("Egitto: rivoluzione e lotte sociali"). Si tratta di preoccupazioni interessate della classe dominante, soprattutto quando anche il Dragone vede crescere in maniera esponenziale il ritmo delle rivolte urbane e degli scioperi. Se in superficie il mostro statale cinese sembra sano e intatto, in profondità la "vecchia talpa" scava.

La relazione sulla guerra, sempre in programma per la prossima riunione di marzo, prenderà le mosse dall'analisi del ruolo della moderna industria nella "guerra guerreggiata" e cioè dal rapporto tra velocità d'esecuzione degli ordini, massa delle truppe in movimento, enorme logistica e supporto alla stessa. Gli apparati di guerra si sono evoluti ed ingigantiti a tal punto che non esiste più la possibilità, dati i costi e l'impianto logistico necessario, di sostenere guerre mondiali sullo stile degli ultimi due conflitti imperialistici. Molto più probabile, invece, un insieme di guerre per procura (proxy war), interventi mirati a difendere particolari interessi.

E a proposito di interessi particolari, le manovre militari dei francesi in Africa non riguardano più solo il Mali ma tutta la fascia subsahariana, dove vi sono importanti giacimenti di petrolio e uranio e una profonda penetrazione cinese che sta sovvertendo i già precari equilibri imperialistici. Da questo punto di vista l'intervento francese risulta essere non più in un paese circoscritto ma in una area ben più vasta, in linea con la politiguerra mondiale.

La terza relazione programmata, intitolata "Dall'oggetto al processo", verte sui nessi che legano operaio parziale a operaio globale, merce discreta e merce continua. Nasce in continuità con la relazione, presentata a Pesaro alla scorsa riunione redazionale, sulla "Terza cultura" e da cui viene il riferimento al libro di Brockman sulla cyber elite. "Digerati. Dialoghi con gli artefici della nuova frontiera elettronica" viene in aiuto per dimostrare gli effetti della smaterializzazione delle merci sulla società. Il futuro prossimo del capitalismo non riguarderà più tanto la produzione di merci discrete ma l'accesso o meno a flussi di informazione e consumo. Secondo il guru Jeremy Rifkin ("L'era dell'accesso"), fra un po' di anni "è probabile che un numero sempre maggiore di imprese e di consumatori percepirà l'idea stessa di proprietà come un limite, qualcosa di obsoleto, fuori moda. In parole semplici, la proprietà è un'istituzione che si adatta con ritmi troppo lenti alla velocità travolgente della cultura del nanosecondo. Essa si fonda sull'idea che il possesso di un bene materiale per un prolungato periodo di tempo rappresenti, in sé, un valore; che 'avere', 'possedere', 'accumulare' siano concetti positivi. Oggi, però, la rapidità dell'innovazione tecnologica e il ritmo stordente dell'attività economica mettono in discussione la nozione di possesso. In un mondo di produzioni personalizzate, di continue innovazioni e aggiornamenti costanti, di prodotti con un ciclo di vita sempre più breve, tutto invecchia molto in fretta: in un'economia la cui unica costante è il cambiamento, avere, possedere, accumulare ha sempre meno senso."
Come base teorica per sviluppare il tema della relazione si prende spunto dal capitolo VI inedito del Capitale. Questi "appunti" molto complessi e densi di contenuti sono stati analizzati a suo tempo da "il programma comunista" e gli articoli sono stati in parte raccolti in un quaderno di "n+1" dal titolo "Scienza economica marxista come programma rivoluzionario". Ogni società nuova, per imporsi, non può far altro che utilizzare categorie di quella vecchia portandole a conseguenze estreme. La società futura è impossibile quindi senza le categorie del presente, ma nello stesso tempo dà/darà luogo a categorie di natura opposta rispetto a quelle che appartengono a "n", "n-1", ecc., cioè al capitalismo e a tutte le società precedenti. Nell'intervento verranno approfonditi i concetti di sottomissione formale e reale del lavoro al Capitale per cui il moderno sistema di fabbrica esce dalle mura aziendali e si fa società. Si tratterà perciò di un'indagine sul passato, sul presente e soprattutto sul futuro per dimostrare che sono ultra mature le basi materiali per fare il salto in un'altra forma sociale.

Le imminenti votazioni forniscono interessanti squarci sulla situazione politica italiana. Hanno fatto notizia le piazze stracolme per Grillo; a Milano alcuni compagni ne hanno seguito un comizio e segnalano la presenza di molti giovani entusiasti. Tra le variopinte proposte del comico genovese spiccano quelle riguardanti la riduzione dell'orario di lavoro e il reddito di cittadinanza. Beppe Grillo è bravissimo e coinvolgente nel fustigare i politici e gli sprechi di questa società rimanendone però sempre al suo interno.

A prescindere dalle proposte dei professionisti della politique politicienne, sarà interessante vedere cosa accadrà ad elezioni concluse visto che già adesso i "mercati" prospettano una situazione di ingovernabilità. Probabilmente toccherà a Napolitano sbrogliare la matassa. In questi giorni il Presidente della Repubblica, il cui mandato scade a maggio, è stato negli Usa per appositi colloqui con Obama. A questo punto può risultare giusta l'ipotesi circa la ripetizioni di un "golpetto": la necessità di mettere un po' di ordine in casa spingerà in qualche modo alla riproposizione di un governo tecnico. Questa è la tendenza di fondo:

"Se il fascismo – giusta le nostre Tesi – è il modo di essere ultimo della sovrastruttura capitalistica, e se la tendenza storica è quella di andare oltre al fascismo, questo fatto deve pur esprimersi in qualche forma. Che cosa infatti può esserci dopo il fascismo?" (Il piccolo golpe d'autunno)

Le classi dominanti non possono permettersi di continuare con il solito teatrino della politica e saranno costrette, data la situazione economica catastrofica, ad adottare misure politiche energiche. Per evitare l'implosione del sistema dovranno adottare misure economiche che negheranno quelle precedenti e anticiperanno quelle future, proprie di un periodo di transizione:

"Nessun governo tradizionale è capace di tanto, e di sicuro nemmeno un governo provvisorio. Ora è inutile mettersi a fare profezie, ma è certo che se il capitale vuole sopravvivere ancora un po', deve comunque piantarla con la sua esplosione esclusivamente fittizia. Deve darsi una drastica autoriduzione e darsi un assetto sovrastrutturale tecnico, spazzando via gli orpelli del politicantismo parassitario. La riuscita anche solo parziale è dubbia, ma l'italietta come al solito prova a fare qualche esperimento di laboratorio, lasciando ad altri il compito di fare qualcosa di più serio." (Il piccolo golpe d'autunno)

Il Capitale ha bisogno di un governo unico mondiale e la necessità di avere delle forme istituzionali che favoriscano la "pianificazione" legata alle esigenze della valorizzazione. Gli organismi internazionali (FMI e BM) rappresentano un passaggio verso il governo mondiale che però, non può darsi nel modo di produzione vigente. L'operatività di tali organismi sovranazionali rappresenta l'inizio di un periodo di transizione dove questi convivono con l'apparato ben più solido e sperimentato dello stato nazionale. In questo contesto, il prossimo governo italiano dovrà rispettare le direttive dei mercati, che già adesso si fanno sentire minacciosi, obbedire alle imposizioni della finanza internazionale e aumentare la produttività del lavoro. La differenza con gli anni Venti è presto spiegata: allora il capitalismo aveva decisi margini di sviluppo, oggi la situazione è compromessa e priva di sbocchi di natura riformistica. Questa non è una crisi congiunturale.

Articoli correlati (da tag)

  • Imperialismo europeo?

    La teleriunione di martedì sera è iniziata dalla notizia riguardante la cosiddetta questione curda.

    Abdullah Öcalan, storico leader della guerriglia curda, imprigionato nelle carceri turche dal 1999, ha chiesto al PKK l'abbandono della lotta armata. Proprio in questi giorni gli USA hanno annunciato il loro ritiro dalla Siria, dove è presente un contingente americano di circa 2mila soldati impegnati contro l'ISIS e a sostegno delle SDF (Siryan Democratic Force). La mossa di Öcalan è un segno dei tempi, è il portato di un repentino cambiamento degli equilibri mondiali, ma resta da vedere la capacità delle forze curde, divise geograficamente e politicamente, di darsi un indirizzo, se non unitario, almeno non confliggente.

    Il subbuglio sociale negli Stati Uniti ha conseguenze sul resto del mondo. L'annuncio di nuovi dazi doganali da parte dell'amministrazione Trump e, più in generale, il ritorno del protezionismo si scontrano con un mondo che, invece, avrebbe bisogno di un governo unico mondiale per gestire l'attuale sviluppo delle forze produttive. Il rischio è che collassi tutto, e che l'utilizzo dell'arma dei dazi inneschi situazioni incontrollabili: gli ingredienti ci sono tutti, il mercato è piccolo, gli attori sono troppi e ad azione segue reazione. La Cina ha infatti annunciato aumenti del 10-15% dei dazi su diversi prodotti agricoli e alimentari americani.

    Chi riesce a navigare nel mare in tempesta sopravvive, gli altri periscono o diventano politicamente irrilevanti. La Turchia, per esempio, aspira ad essere una potenza non solo regionale ma globale, e tale intento passa anche per la risoluzione dell'annosa "questione curda".

  • Quale futuro per il capitalismo?

    Durante la teleriunione di martedì sera abbiamo ripreso l'articolo "Il grande collasso", pubblicato sulla rivista n. 41 (2017), utilizzandolo come chiave di lettura per inquadrare quanto accade nello scenario mondiale.

    Il fenomeno della disgregazione degli Stati si manifesta in diversi forme: dai casi più evidenti di collasso delle amministrazioni politiche (Libia, Siria, Somalia, Sudan, Haiti, ecc.) fino a quelli meno visibili di disfunzione dei servizi pubblici. In un breve video presente su YouTube, intitolato "Il problema dell'Italia è lo Stato che non funziona", Lucio Caracciolo, direttore di Limes, afferma che il problema è l'incapacità non tanto del governo-guidatore, quanto dello Stato-macchina.

    Nel secondo dopoguerra, in Italia, lo stato ha realizzato piani di edilizia popolare, ampiamente criticati dalla Sinistra. La corrente a cui facciamo riferimento ha scritto numerosi articoli sulla questione abitativa; tra questi, "Il problema edilizio in Italia" (1950) analizza come la Democrazia Cristiana di Fanfani, in combutta con socialisti e "comunisti", abbia continuato, in versione democratica, la politica d'intervento nell'economia nazionale iniziata con il fascismo. Il capitalismo costruiva alloggi popolari, ma anche grandi impianti industriali, per dare lavoro a masse di operai che affluivano dal sud Italia. Era l'epoca dell'occupazione di massa, a tutti era garantita una vita di sfruttamento. Ora, quel modello non funziona più e gli stati devono fare i conti con la crescita della miseria e della disoccupazione. Le metropoli globali sono bombe ad orologeria: alcune sono abitate da 15 o 20 milioni di persone e, senza un adeguato rifornimento di cibo ed energia, rischiano il collasso.

  • Alla ricerca di un nuovo ordine

    La teleriunione di martedì sera ha preso le mosse dalle recenti dichiarazioni dei massimi esponenti del governo americano sul dialogo con la Russia riguardo al conflitto in Ucraina.

    Gli USA mirano a indebolire i legami tra Russia e Cina, evitando al contempo la saldatura economica tra Berlino e Pechino. Appena insediatosi alla Casa Bianca, Donald Trump ha annunciato negoziati immediati e diretti con Vladimir Putin. Dal palco della Conferenza sulla sicurezza di Monaco di Baviera, il vicepresidente statunitense J.D. Vance ha rivolto dure critiche ai paesi europei, esprimendo il suo sostegno alle forze di estrema destra come l'AFD tedesca. Il giorno sucessivo, l'inviato speciale USA per l'Ucraina, Keith Kellogg, ha dichiarato che gli europei non saranno inclusi nei prossimi colloqui di pace.

    In particolare, nel suo intervento a Monaco, il vicepresidente Vance ha preso posizione a proposito della "ritirata dell'Europa da alcuni dei suoi valori fondamentali, valori condivisi con gli Stati Uniti". Il problema arriverebbe, dunque, dall'interno del Vecchio Continente, sempre meno democratico e liberale. L'accordo tra Putin e Trump esclude esplicitamente l'Europa e favorisce il riavvicinamento tra USA e Russia a discapito dell'Ucraina. Le dichiarazioni di Trump e Vance hanno mandato nel panico le cancellerie europee: agli annunciati dazi americani si aggiunge ora la possibilità del venir meno della protezione militare USA. L'Europa è il classico vaso di coccio tra vasi di ferro, lo dimostra la crescente ingovernabilità in Germania dove è dato per certo l'exploit di AFD. Il vertice "informale" di Parigi tra i capi di governo di Germania, Regno Unito, Italia, Polonia, Spagna, Paesi Bassi, Danimarca e Francia ha sancito, ancora una volta, la disunità e l'impotenza europea.