Nella rassegna "Difendono l'economia, preparano la guerra", pubblicata sul n. 56 della rivista, veniva citato il piano di Mario Draghi sulla competitività, teso al risanamento e al rilancio dell'Europa; tale proposta è stata ripresa anche alla luce delle recente dichiarazioni americane di cui sopra. Secondo Draghi, noi europei "dobbiamo abbattere le barriere interne, standardizzare, armonizzare e semplificare le normative nazionali e spingere per un mercato dei capitali più basato sull'equity". Fabio Panetta, governatore della Banca d'Italia, al congresso annuale Assiom-Forex ha affermato che il Paese deve rispondere alle sfide poste dai competitor internazionali con le fusioni bancarie e la concentrazione dei capitali, dato che il peso dei dazi impatterà principalmente su Italia e Germania e c'è il rischio che il PIL mondiale si riduca dell'1,5%. Le preoccupazioni per la crescita sono dovute alle "tensioni geopolitiche e alle difficoltà persistenti dell'economia cinese. Anche l'elevato indebitamento globale potrebbe influenzare negativamente l'attività produttiva, qualora generasse fenomeni di volatilità o instabilità finanziaria. Infine, le politiche dell'amministrazione statunitense potrebbero avere effetti negativi sulla crescita economica e sulle condizioni finanziarie globali."
Ci sono settimane che valgono anni, e negli ultimi giorni, in particolare, ci sono state importanti accelerazioni.
In Siria, lo scorso dicembre, di fronte all'avanzata delle milizie islamiche filo-turche, la Russia ha ceduto terreno, abbandonando il regime di Assad al suo destino. Questa manovra va probabilmente letta come parte di un più ampio accordo con gli USA. Nel wargame globale la mossa di ogni attore influenza le "scelte" degli altri. Come diceva Engels rispetto a Bismarck, Trump a suo modo lavora per noi, demolendo i vecchi equilibri ed acuendo tutte le contraddizioni all'interno dell'Europa.
Gli USA hanno richiesto all'Ucraina circa 500 miliardi di dollari in terre rare, insieme allo sfruttamento di giacimenti, porti e infrastrutture, come contropartita per gli aiuti ricevuti durante la guerra con la Russia. Trump getta all'aria i fronzoli democratici, non ha bisogno di spacciare l'ideologia dell'uguaglianza tra nazioni, e affronta apertamente la questione in termini di rapporti di forza.
Non ci si può basare su quanto dicono i politici o i governanti poichè spesso e volentieri si tratta di propaganda. Tuttavia, certe prese di posizione sono il megafono di processi storici. Il governo Trump mette in guardia i paesi europei, sollecitandoli ad aumentare la spesa militare per la difesa (che tradotto vuol dire acquistare più armi americane), e sottolineando che gli USA hanno altri luoghi su cui concentrare le loro risorse (leggi Indo-Pacifico). La politica della nuova amministrazione USA è prodotto e fattore di un rivolgimento degli equilibri geopolitici mondiali.
La crisi del capitalismo senile produce un vortice che tutto trascina, una situazione che nessuno può controllare. In questa dinamica catastrofica cambia tutto molto velocemente. Lucio Caracciolo, subito dopo lo scoppio della guerra in Ucraina, aveva scritto un libricino intitolato La pace è finita. Così ricomincia la storia in Europa. La storia, in realtà, non è mai finita, come non è mai finita la lotta di classe.
Nel campo dell'Intelligenza Artificale, c'è da chiedersi come evolverà nei prossimi anni la sfida tecnologica tra USA e Cina. Lo sviluppo dei sistemi di IA non solo spazza via milioni di posti di lavoro, ma comporta anche profondi cambiamenti nel modo di fare la guerra. Il capitalismo cerca di dividere il mondo in aree di influenza, quello che per gli stalinisti sarebbe il multipolarismo; ma non ci riesce, prevale il disordine. Marx, nel Manifesto, scrive che l'attuale modo di produzione è il peggior nemico di sé stesso, in quanto deve continuamente rivoluzionare i rapporti sociali e perciò non può trovare alcun equilibrio duraturo.
Nel nostro articolo "Teoria e prassi della nuova politiguerra americana" (2003), abbiamo dimostrato che l'imperialismo ha grossi problemi proprio nel suo centro, gli Stati Uniti, da cui si propagano al resto del mondo. In "Feticcio Europa, il mito di un imperialismo europeo" abbiamo visto come l'UE sia nata disunita, e che non ci sono i pressuposti materiali per una sua effettiva unità. L'Occidente deve fare i conti con quella che la nostra corrente identifica come l'ultima colonizzazione, quella interna.
Il diagramma di fig. 6 dell'articolo "Un modello dinamico di crisi" è utile per comprendere l'andamento dell'economia mondiale e per non perdersi nei fatti di cronaca. Il grafico dimostra come l'incremento della produzione industriale dei maggiori paesi, che rispecchia quello del saggio di profitto, tende all'asintoto, cioè alla crescita zero. Al momento della pubblicazione del grafico, nel 2008, l'unica voce fuori dal coro era rappresentata dalla Cina, che negli ultimi anni si è però via via sincronizzata con gli altri paesi. Un capitalismo che non cresce non ha futuro, le sfide che si pongono sono troppo grandi per essere affrontate da un sistema che perde energia. Gli stessi borghesi avvertono che ci vorrebbe un governo unico mondiale ed i più lucidi, come l'economista Nouriel Roubini, ammettono che ci troviamo di fronte alla madre di tutte le crisi. Il capitalismo cerca disperatamente delle soluzioni, ma non le può trovare. La borghesia figlia del profitto locale si contrappone al profitto globale, che nessuno riesce a disciplinare.
Se la Cina non può sostituire gli USA alla guida del mondo, e tantomeno la Russia, chi altro potrebbe farlo? La rivista Limes afferma che si sta aprendo un periodo di caos, e che l'ordine mondiale costituitosi dopo la Seconda Guerra Mondiale sta venendo meno, senza che se ne intraveda uno alternativo. Noi, invece, sappiamo che da questo caos emergerà un nuovo ordine, non di tipo capitalistico, bensì completamente diverso.
In ultima analisi, alla base dei vari progetti di ripresa economica c'è sempre l'aumento del saggio di plusvalore (rapporto tra pluslavoro e lavoro necessario), il che vuol dire fare in modo che i salariati accettino di farsi sfruttare di più per salvare l'economia. Il capitalismo causa, suo malgrado, le premesse per l'acutizzarsi della lotta di classe a livello planetario. E' impossibile per i maggiori paesi produrre, esportare merci e capitali ed espandersi tutti insieme nel mondo globalizzato. Ci sono dei limiti fisici che non si possono superare.
In passato siamo stati accusati di voler fare gli indovini (nel 2008 abbiamo scritto che "con i parametri attuali, il sistema collasserà intorno al 2030 o anche prima"). Ovviamente non abbiamo la sfera di cristallo, in un sistema complesso come quello capitalistico le variabili da prendere in considerazione sono molte; ma abbiamo una teoria, che ci permette di dire con sicurezza che l'attuale modo di produzione è un cadavere che ancora cammina. Il capitalismo è altamente resiliente: non funziona più come una volta ma trova dei modi per tirare avanti, per posticipare il crollo. Ma più questi espedienti sono efficaci, più sono dirompenti (rispetto allo stato di cose presente), disruptive, come direbbe Elon Musk.