Stampa questa pagina

La "Storia della Sinistra Comunista" in francese

[…] Eccovi una traduzione in francese (forse non troppo buona) del primo volume della Storia della Sinistra Comunista con tutti i documenti allegati alla pubblicazione originale. Altri volumi arriveranno. Alcuni compagni di qui – c'è sempre il problema della lingua – mi chiedono di tradurre degli articoli della rivista, specie quelli sulla valutazione della situazione attuale e le sue prospettive. Sarebbero interessati anche alla questione nazionale e a quella sindacale. Vi ringrazio se vorrete indicarmi quali è meglio incominciare a tradurre. Vi chiederete il perché del lavoro sulla Storia: semplicemente esso doveva essere fatto da molto tempo e nessuno finora ci aveva pensato. Continuerò sul secondo volume. Siccome è un lavoro di partito e non di individui, lo invio a tutti coloro che secondo me sono ancora sul terreno della Sinistra Comunista. Nella situazione attuale, che considero di grande confusione politica, un lavoro sicuro e utile è quello della traduzione dei grandi testi politici della Sinistra e quello di mettere a disposizione il lavoro passato non più disponibile. Localmente, aiuto nel lavoro un piccolo gruppo rimasto dopo l'éclatement del partito: mi sembra l'unico che qui si sia riorganizzato. Devo precisare che non mi sento effettivamente collegato dal punto di vista politico con tutti i destinatari della traduzione. […]

 

Ti ringraziamo per la traduzione del primo volume della Storia, è un lavoro molto importante. Ad una prima occhiata ci sembra che sia una buona traduzione, ma controlleremo meglio e ti faremo sapere qualcosa di preciso. Anche noi pensiamo che sia indispensabile mettere a disposizione di tutti i testi della Sinistra Comunista, e da vent'anni cerchiamo di farlo. Quando furono esauriti i testi che riuscimmo a recuperare fra le macerie del vecchio Partito Comunista Internazionale iniziammo a stamparli ed ora li pubblichiamo anche su Internet. La Storia tradotta in francese potrebbe essere pubblicata e diffusa, oltre che in bit, anche in edizione cartacea: se vuoi lo possiamo fare qui, dato che abbiamo una certa dimestichezza con l'editoria elettronica su carta. […]

(Doppia direzione pubblicata sulla rivista n° 4 - giugno 2001.)

Articoli correlati (da tag)

  • Ferreo determinismo

    La teleriunione di martedì sera ha avuto come argomento principale l'articolo "Wargame. Parte seconda".

    Il testo si concentra sulla dinamica soggiacente ad un'ipotetica occupazione di una piazza in una grande città, prendendo spunto da quanto successo con Occupy Wall Street a Zuccotti Park, New York. Negli ultimi anni abbiamo avuto la conferma che, per capire la realtà senza perdersi nei dettagli, è necessario disporre di un modello "astratto". Non è importante ciò che i manifestanti dicono di sé stessi ma quanto sono costretti a fare, ed è fondamentale cogliere la continuità nel ciclo di sollevazioni, scontri e oceaniche discese in piazza, a partire dall'incendio delle banlieue del 2005 per finire, nel 2022, con l'ondata populista in reazione alla politica sanitaria messa in atto dagli Stati per contrastare la pandemia. Possiamo quindi fissare un primo elemento: l'invariante che si conserva nel tempo è il movimento di massa e non il motivo che lo suscita.

    Dal 2010 in avanti sono sorti vari movimenti: dalle Primavere arabe a OWS, fino al recente movimento nato in Kenya al grido di "Occupy Parliament". Prima dello scoppio di queste mobilitazioni di massa qualcosa stava maturando nella società ma non si vedeva: le vecchie concezioni politiche stavano entrando, inevitabilmente, in contrasto con un mondo sottoposto a profondi cambiamenti. Dal lavoro di Marx passando per quello della Sinistra, sappiamo che la società futura è già presente e produce anticipazioni materiali. Nel caso del meme "Occupy", esso ad un certo momento è diventato virale e si è diffuso sul Web senza che nessuno potesse fermarlo. Scrive Marx ne Il 18 brumaio di Luigi Bonaparte (1852):

  • Transizioni di fase e modelli sociali

    La teleconferenza di martedì sera, a cui si sono collegati 16 compagni, è iniziata partendo da alcune domande che ci sono state poste recentemente.

    Nella scorsa teleconferenza, un compagno aveva chiesto se ha ancora senso parlare di "ripresa della lotta di classe" e, durante l'ultimo incontro redazionale (19-20 giugno), a proposito della relazione sui modelli "riduzionistici" della realtà, è stato chiesto "come si realizza la politica nel wargame e come si gestisce la discrezionalità."

    Prima di tutto bisogna chiarire che la lotta di classe non cessa mai finché esistono le classi: proprio per questo non è corretto parlare di una sua "ripresa". Semmai è da augurarsi che emerga dal magma di contraddizioni capitalistiche una forza organizzata completamente diversa rispetto al passato, che vada oltre il piano tradeunionistico e sappia fare proprio il programma del comunismo.

    Abbiamo scritto diversi articoli intorno alla dottrina dei modi di produzione: "Struttura frattale delle rivoluzioni", "La prima grande rivoluzione", "Modo di produzione asiatico? Stabilità strutturale e morfogenesi nelle forme sociali di transizione", "Poscritto al Grande Ponte", e per ultimo "Contributo per una teoria comunista dello Stato". Riteniamo che il passaggio dalle società comunistiche originarie alle società di classe sia un'immagine speculare della transizione futura.

  • Forma e antiforma

    Durante la teleconferenza di martedì sera, connessi 24 compagni, abbiamo ripreso quanto detto in una recente relazione riguardo le manifestazioni passate, presenti e future dell'antiforma.

    Nel luglio del 1962 in Piazza Statuto a Torino scoppia la rabbia operaia. La goccia che fa traboccare il vaso è un accordo separato della UIL con la direzione della Fiat. Centinaia di operai cercano di assaltare la sede del sindacato "traditore" e per due giorni la piazza è teatro di scontri con la polizia. Nelle manifestazioni, da una parte si vede un'assoluta rispondenza dei metodi alle tipologie di scontro tipiche del movimento operaio, dall'altra si nota qualcosa di nuovo: una componente operaia giovanissima, soprattutto meridionale, che rappresenta il nocciolo duro di una forza che non vuole più saperne di trattative e si scaglia contro un presente fatto di miseria, alienazione e sfruttamento. Borghesi di destra e di sinistra, invocando carcere e repressione, li chiamano i teppisti con le maglie a strisce.

    La vicenda di Piazza Statuto è servita da cartina di tornasole per tutte le forze che si rappresentavano come alternative ai partiti e ai sindacati di allora. Fu esemplare il comportamento degli operaisti dei Quaderni Rossi, che presero le distanze dagli scontri denunciando la "squallida degenerazione di una manifestazione che era iniziata come protesta operaia verso il tradimento sindacale della UIL" (Cronache dei Q.R.). In quel frangente il programma comunista scrisse l'articolo "Evviva i teppisti della guerra di classe! abbasso gli adoratori dell'ordine costituito!"