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Tre domande a bruciapelo sull'America Latina

Mi fa piacere riscontrare sulla rivista cose che ho scritto anch'io in un articolo che qui [negli Stati Uniti, N.d.R.] ovviamente non hanno pubblicato. L'esecutivo di Bush ha perso la testa, mentre la borghesia americana avrebbe bisogno di decisioni razionali e rapide. Sembra che tutto stia scivolando verso classiche soluzioni di tipo militare. Gli Stati Uniti potrebbero fare la guerra con l'economia invece che con le bombe, per adesso. Certe cose che scrivete le condivido pienamente. Anch'io sono convinto che siamo arrivati a un punto molto pericoloso per tutto l'umanità. Questa irrationality sta montando da più di mezzo secolo. Forse siamo al punto in cui il sistema non può fare altro che suicidarsi. Vi pongo tre domande dopo aver letto i vostri articoli sull'Argentina:

1) Secondo le statistiche l'America Latina, dopo aver pagato debiti per 628 miliardi di dollari, nel 1999 doveva ancora pagare 793 miliardi. Come possono i vari paesi, il Brasile, l'Argentina, ecc. continuare a pagare queste cifre?

2) In quest'ultimo mezzo secolo gli Stati Uniti hanno distrutto tutti i movimenti "rivoluzionari" e progressisti dell'America Latina, anche se nessuno è stato rivoluzionario classista: Guatemala, El Salvador, Repubblica Dominicana, Grenada, Nicaragua, Cile; si è salvato solo il regime di Castro. Come si spiega che Chavez rimane in piedi oggi in Venezuela, paese petrolifero?

3) Tutti i paesi dell'America Latina hanno, su per giù, gli stessi problemi e sono schiacciati dalla stessa potenza nordamericana, eppure non si vede nessun tentativo di fare un vero fronte unico? Perché?

 

Rispondiamo brevemente alle tre domande, facendo presente che richiederebbero un libro, non una sintetica corrispondenza via Internet.

1) Dal punto di vista economico il debito pubblico non è mai un problema: è come avere un'automobile in leasing invece che in possesso. Anzi, il capitalismo ha compiuto la sua accumulazione originaria proprio col debito pubblico, come nota Marx citando Montesquieu. Perciò il debito dell'America Latina non dovrebbe comportare particolari difficoltà, a patto che le borghesie locali abbiano investito i capitali presi in prestito in attività produttive e in consumi generalizzati (che mobilitano le attività produttive). Il guaio succede quando una società non riesce più a produrre un sovrapprofitto sufficiente per pagare gli interessi ai prestatori (in genere i paesi imperialistici). Quello che è del tutto insignificante è la "corruzione", lo "spreco" o la "incapacità dei governanti", come spesso si accusa sui giornali: gli individui, anche corrotti o spreconi, influiscono poco sull'economia di un paese. Invece influisce molto la concorrenza internazionale e soprattutto la bassa produzione storica di plusvalore, che provoca una lotta fra i maggiori paesi per la spartizione. Negli articoli sull'Argentina (n. 7) abbiamo appunto scritto sull'argomento specifico.

2) La situazione del Venezuela non è molto preoccupante per gli Stati Uniti: il governo Chavez sarà costretto a fare quello che hanno sempre fatto i governi dell'America Latina, cioè gli interessi americani. Questo vale anche per Lula, in Brasile, il quale sta dicendo e facendo stupidaggini gigantesche, come la "privatizzazione" delle favelas. Pura demagogia populista. In America Latina non sono mai esistiti governi "progressisti" e tanto meno "rivoluzionari" dopo le lotte d'indipendenza dalla Spagna. Una eccezione era virtualmente rappresentata dal governo Allende, che non era ovviamente rivoluzionario, ma che aveva un piano razionale di riforme borghesi: era un esempio pericoloso per gli Stati Uniti perché avrebbe potuto innescare un effetto di simulazione da parte di altri paesi e una certa autonomia dell'America Latina rispetto Washington.

3) Come è impossibile che le borghesie nazionali europee si saldino in un sistema economico e politico unitario, così è impossibile in qualsiasi altra parte del mondo. Le nazioni borghesi riescono a federarsi solo quando sono costrette da una guerra. Non riesce neppure a funzionare il Mercosur, che è molto meno di un fronte unico borghese contro il Nordamerica.

(Doppia direzione pubblicata sulla rivista n° 10 - dicembre 2002.)

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