Informazioni aggiuntive

  • Resoconto teleriunione  11 marzo 2025

Accelerazionismo e forze storiche

La teleriunione di martedì sera è iniziata dalla segnalazione di un articolo del sito Futuro Prossimo, intitolato "USA senza freni: l'accelerazionismo tecnologico di Trump e Musk".

Nell'articolo, Ben Buchanan, ex consigliere per l'IA per la Casa Bianca, afferma che l'accelerazionismo, una corrente di pensiero secondo cui lo sviluppo tecnologico non deve avere limitazioni, è diventato la dottrina ufficiale dell'amministrazione Trump, con conseguenze potenzialmente rivoluzionarie. Per il nuovo esecutivo politico americano la vera minaccia non è la mancanza di regole, bensì il rischio di restare indietro nella corsa globale all'intelligenza artificiale generale. I meccanismi di funzionamento dello Stato sono troppo lenti per tenere il passo con l'innovazione tecnologica, perciò è necessaria una "distruzione creatrice" di schumpeteriana memoria. Di qui i piani di licenziamento dei lavoratori del DOGE (dipartimento per l'efficienza governativa statunitense) voluti da Elon Musk. Sembra che parte dei 1.500 dipendenti federali della General Services Administration recentemente allontanati verranno sostituiti dalla chatbot GSAi.

Joseph Schumpeter sviluppa la teoria della "distruzione creatrice" basandosi sull'opera di Marx, in particolare sul passaggio del Manifesto del partito comunista in cui si afferma che la società borghese è costretta a rivoluzionare "di continuo gli strumenti di produzione, quindi i rapporti di produzione, quindi tutto l'insieme dei rapporti sociali".

Ogniqualvolta il capitale riesce a superare una crisi, esso si nega ad un livello sempre più alto. L'imporsi di nuove forme porta alla distruzione di quelle precedenti (l'automobile elimina la carrozza). L'accelerazionismo è il prodotto dell'incessante sviluppo delle forze produttive, la fede nel progresso tecnologico guidato dal capitalismo. Musk è un libertariano, uno di quelli che vogliono limitare, se non eliminare, le vecchie istituzioni sociali, adottando un approccio disruptive nei confronti delle burocrazie annidate nei vari dipartimenti statali. Il capitalismo hi-tech è entrato nelle stanze del potere politico americano, ma le ideologie che esprime sono estremamente contradditorie: da una parte Musk vuole accelerare lo sviluppo tecnologico, dall'altra firma appelli per vincolare lo sviluppo dell'IA, temendo che essa possa andare fuori controllo. Marx, non a caso, paragonava i borghesi ad apprendisti stregoni, incapaci di dominare gli spiriti che essi stessi avevano evocato.

A proposito di situazioni fuori controllo, è stato segnalato un articolo di InsideOver sul "nuovo complesso militare-industriale" che vede protagoniste le aziende tecnologiche della Silicon Valley. Si tratta di un sistema che si sta autonomizzando dagli uomini e che manifesta caratteristiche proprie del mondo biologico; si pensi, ad esempio, alla capacità dei droni di operare in sciami, coordinati da algoritmi. Il confine tra ambito civile e militare viene meno. Palantir Technologies, la società di Peter Thiel, è specificatamente orientata allo sviluppo di servizi per la guerra, ma anche Amazon, Google e Microsoft hanno fornito strumenti per la cyber intelligence, materiali e know-how utili all'attività bellica.

E' curioso che Il Sole 24 Ore pubblichi un articolo, intitolato "Momento Lenin: tra debito, dazi e guerra" (Emiliano Brancaccio), in cui si afferma che "Donald Trump non è altro che la personificazione del debito americano verso l'estero, un enorme rosso che ha ormai superato la cifra record di 23 mila miliardi di dollari". Gli USA sono dipendenti dei capitali esteri anche solo per gestire gli interessi sul loro enorme debito pubblico e privato, e perciò devono fare guerra al mondo, anche se questa è dispendiosa per le loro finanze: "Lo stesso problema, si badi, aveva già lambito Biden e le precedenti amministrazioni, quando gli Stati Uniti si videro costretti ad allentare la morsa su vaste aree di occupazione militare, economica ed estrattiva, dall'Iraq all'Afghanistan. Con Trump, tuttavia, l'impossibilità di espansione imperiale fondata sul debito è divenuta un fatto incontrovertibile."

Il sistema capitalistico fatica a reggere il proprio peso, tra crescita del debito globale (vedi "La bolla del debito globale", in cui si afferma che il rapporto debito globale/pil ha raggiunto il tetto storico del 328%), sviluppo dei sistemi di IA, polarizzazione dei redditi, costi energetici, ecc.

Le forze produttive, però, renderebbero realizzabile fin da subito una pianificazione generale della società. Ad applicare la cibernetica all'economia ci avevano già pensato alcuni scienziati russi, e il governo cileno guidato da Allende con il progetto Cybersyn. Quest'ultimo era un sistema gestionale della produzione (Stafford Beer), finalizzato a coordinare l'attività del governo con quella delle fabbriche nazionalizzate. I cibernetici russi degli anni 60', menzionati da Nick Dyer-Witheford nell'articolo "Red Plenty Platforms", miravano a costruire un'infrastruttura informatica atta a svolgere rapidamente i milioni di calcoli richiesti dal Gosplan, il Consiglio di Stato per la Pianificazione, che supervisionava i piani economici quinquennali. La burocrazia sovietica vide come fumo negli occhi tali progetti, che peraltro avrebbero messo in discussione il suo potere, e non li supportò. L'umanità è andata vicina alla progettazione di un sistema sociale cibernetico in un contesto capitalistico ancora immaturo come quello russo degli anni '60; oggi, con il capitalismo che ha messo sensori e attuatori ovunque rendendo "intelligente" il sistema, essa è finalmente pronta a fare il salto verso "un futuro di abbondanza rossa". In Europa esistono gruppi di ricerca che si richiamano a quegli esperimenti e affrontano il problema della pianificazione sociale partendo da un approccio cibernetico. Secondo questi studiosi, il comunismo non è riuscito ad imporsi negli anni '20 a causa del mancato sviluppo delle forze produttive; oggigiorno tale limite sarebbe stato superato e perciò il socialismo sarebbe finalmente realizzabile.

L'attuale finanziarizzazione dell'economia inizia, non a caso, sul finire degli anni '70, periodo in cui la nostra corrente aveva annunciato che il capitalismo sarebbe collassato. L'attuale modo di produzione è un cadavere che ancora cammina, che va avanti grazie ad un'immane Schema Ponzi, un enorme castello di carta (o di bit) che cresce su sé stesso. Nell'articolo "Accumulazione e serie storica" abbiamo visto che il passaggio di consegne tra potenze imperialiste alla guida del mondo capitalistico si è interrotto. Ma ciò non vuol dire che non possano svilupparsi conflitti armati tra i maggiori paesi, come ad esempio Cina e USA.

In chiusura di teleconferenza, si è accennato alle oceaniche manifestazioni in Serbia, e al pericolo rappresentato dai virus dell'influenza aviaria, una minaccia crescente dovuta alla capacità di questi virus di adattarsi all'uomo e di scatenare pandemie. Nell'epoca attuale ha sempre meno senso scendere in piazza per un motivo particolare (ambientale, sociale, economico). Rivolte e manifestazioni tendono a scagliarsi contro lo stato di cose presente, e si fa strada, almeno dai tempi di Occupy Wall Street, il bisogno di rapporti sociali differenti (leaderless organization). La borghesia non riesce a controllare l'economia, la finanza e la guerra; tantomeno avrebbe la capacità di impedire l'esplosione di micidiali pandemie.

La nostra specie necessita di una superiore organizzazione sociale per far fronte ai "pericoli della natura fisica e dei suoi processi evolutivi e probabilmente anche catastrofici" (Tesi di Napoli, 1965).

Articoli correlati (da tag)

  • Accumuli e catastrofi

    La teleriunione di martedì sera è iniziata riprendendo i temi trattati nella relazione "Peculiarità dello sviluppo storico cinese" presentata durante lo scorso incontro redazionale (15-16 marzo).

    La Cina ha attraversato una lunga guerra di liberazione nazionale (1927-1950) durante la quale la tattica del fronte unito con il Kuomintang, lanciata dal PCC in funzione antigiapponese, portò prima al disarmo e poi al massacro dei comunisti. In seguito alla vittoria della rivoluzione borghese, si rese necessario sviluppare il mercato interno e l'industria; la storia del capitalismo è la storia dell'assoggettamento della campagna alla città. Con la fine degli anni '70 si chiuse un'epoca e si aprì la strada ai finanziamenti esteri che, con le riforme, trasformarono completamente il paese (Deng Xiaoping: "arricchirsi è glorioso"). Il processo di accumulazione originaria, che nei paesi occidentali ha impiegato decine e decine di anni per compiersi, in Cina avviene bruscamente, portando con sè profondi disastri ambientali e sociali. Lo sradicamento dei contadini dalle zone rurali provocò migliaia di rivolte, soffocate con la forza dall'esercito.

    La Cina contemporanea non è solo un paese industrializzato, ma anche finanziarizzato. Nell'articolo "Tessile cinese e legge del valore" abbiamo visto che le contraddizioni riversate in Asia dall'Occidente sono poi tornate indietro amplificate. La vulcanica produzione cinese corrisponde al declino produttivo in altri paesi. La cosiddetta de-industrializzazione dell'Occidente non è causata da cattive scelte politiche, ma dalle leggi inerenti la natura del sistema capitalistico.

  • Imperialismo europeo?

    La teleriunione di martedì sera è iniziata dalla notizia riguardante la cosiddetta questione curda.

    Abdullah Öcalan, storico leader della guerriglia curda, imprigionato nelle carceri turche dal 1999, ha chiesto al PKK l'abbandono della lotta armata. Proprio in questi giorni gli USA hanno annunciato il loro ritiro dalla Siria, dove è presente un contingente americano di circa 2mila soldati impegnati contro l'ISIS e a sostegno delle SDF (Siryan Democratic Force). La mossa di Öcalan è un segno dei tempi, è il portato di un repentino cambiamento degli equilibri mondiali, ma resta da vedere la capacità delle forze curde, divise geograficamente e politicamente, di darsi un indirizzo, se non unitario, almeno non confliggente.

    Il subbuglio sociale negli Stati Uniti ha conseguenze sul resto del mondo. L'annuncio di nuovi dazi doganali da parte dell'amministrazione Trump e, più in generale, il ritorno del protezionismo si scontrano con un mondo che, invece, avrebbe bisogno di un governo unico mondiale per gestire l'attuale sviluppo delle forze produttive. Il rischio è che collassi tutto, e che l'utilizzo dell'arma dei dazi inneschi situazioni incontrollabili: gli ingredienti ci sono tutti, il mercato è piccolo, gli attori sono troppi e ad azione segue reazione. La Cina ha infatti annunciato aumenti del 10-15% dei dazi su diversi prodotti agricoli e alimentari americani.

  • Quale futuro per il capitalismo?

    Durante la teleriunione di martedì sera abbiamo ripreso l'articolo "Il grande collasso", pubblicato sulla rivista n. 41 (2017), utilizzandolo come chiave di lettura per inquadrare quanto accade nello scenario mondiale.

    Il fenomeno della disgregazione degli Stati si manifesta in diversi forme: dai casi più evidenti di collasso delle amministrazioni politiche (Libia, Siria, Somalia, Sudan, Haiti, ecc.) fino a quelli meno visibili di disfunzione dei servizi pubblici. In un breve video presente su YouTube, intitolato "Il problema dell'Italia è lo Stato che non funziona", Lucio Caracciolo, direttore di Limes, afferma che il problema è l'incapacità non tanto del governo-guidatore, quanto dello Stato-macchina.

    Nel secondo dopoguerra, in Italia, lo stato ha realizzato piani di edilizia popolare, ampiamente criticati dalla Sinistra. La corrente a cui facciamo riferimento ha scritto numerosi articoli sulla questione abitativa; tra questi, "Il problema edilizio in Italia" (1950) analizza come la Democrazia Cristiana di Fanfani, in combutta con socialisti e "comunisti", abbia continuato, in versione democratica, la politica d'intervento nell'economia nazionale iniziata con il fascismo. Il capitalismo costruiva alloggi popolari, ma anche grandi impianti industriali, per dare lavoro a masse di operai che affluivano dal sud Italia. Era l'epoca dell'occupazione di massa, a tutti era garantita una vita di sfruttamento. Ora, quel modello non funziona più e gli stati devono fare i conti con la crescita della miseria e della disoccupazione. Le metropoli globali sono bombe ad orologeria: alcune sono abitate da 15 o 20 milioni di persone e, senza un adeguato rifornimento di cibo ed energia, rischiano il collasso.

Rivista n°56, dicembre 2024

copertina n° 56

Editoriale: I limiti dell'… inviluppo / Articoli: Il gemello digitale - L'intelligenza al tempo dei Big Data - Donald Trump e il governo del mondo / Rassegna: Il grande malato d'Europa - Il vertice di Kazan - Difendono l'economia, preparano la guerra / Recensione: Ciò che sembrava un mezzo è diventato lo scopo / Doppia direzione: Il lavoro da svolgere oggi - Modo di produzione asiatico? - Un rinnovato interesse per la storia della Sinistra Comunista - Isolazionismo americano post-elettorale?

Raccolta della rivista n+1

Newsletter 245, 19 gennaio 2022

f6Libertà

Viviamo in una società che scoppia. I suoi membri, divisi o raggruppati secondo criteri il più delle volte arbitrari e casuali, non riescono più a darsi un'identità plausibile. La pandemia, invece di compattare gli individui intorno a provvedimenti utili alla salvaguardia della specie, ha aggravato la situazione facendo emergere ataviche tendenze all'irrazionale.

Continua a leggere la newsletter 245
Leggi le altre newsletter

Abbonati alla rivista

Per abbonarti (euro 20, minimo 4 numeri) richiedi l'ultimo numero uscito, te lo invieremo gratuitamente con allegato un bollettino di Conto Corrente Postale prestampato.
Scrivi a : mail2

Iscriviti alla newsletter

Iscriviti alla newsletter quindicinale di n+1.

Invia una mail a indirizzo email