Stampa questa pagina
  • Venerdì, 31 Marzo 2017

Informazioni aggiuntive

  • Resoconto teleriunione  28 marzo 2017

Borghesia nazionale... catastrofe globale

La teleconferenza di martedì sera, connessi 14 compagni, è iniziata con alcune considerazioni sull'Unione Europea.

L'uscita del Regno Unito dall'organizzazione è solo l'ultimo tassello del più generale processo di disfacimento della UE. La Brexit, scrive l'Economist, mina la già fragilissima stabilità europea e la "perdita di un grande membro del genere è anche un durissimo colpo per l'influenza e la credibilità dell'Unione". Insomma, l'Europa Unita non è altro che un'espressione geografica, la cui coesione politica non può essere "creata" dalla buona volontà dei primi ministri e dei loro tirapiedi. Tanto più che questa volontà i governi non ce l'hanno: ciò che davvero conta è la difesa degli interessi borghesi nazionali e la concorrenza con gli stati vicini.

Il 25 marzo scorso, in occasione delle celebrazioni per l'anniversario dei Trattati di Roma (nascita della CEE), diversi gruppi antagonisti hanno organizzato una manifestazione di protesta per le vie della Capitale. Lo stesso giorno la polizia, con un'estesa azione preventiva, ha compiuto centinaia di fermi ed ha messo in atto dei restringimenti delle cosiddette libertà di movimento. Il questore di Roma ha spiegato alla stampa che "complessivamente tra giovedì e sabato, sono state identificate circa 2000 persone, di queste 200 sono state fermate".

Molti di coloro che si sono recati a Roma per partecipare alla "contro-celebrazione" si presentano come dei convinti oppositori dell'Unione Europea in quanto tale, basando le loro critiche sugli epifenomeni invece che sulle dinamiche strutturali che producono miseria e precarietà. A quanto pare, a nessuno di loro viene in mente che il nemico numero non è il teatrino di Bruxelles, ma il capitalismo, ovvero il sistema del lavoro salariato. L'opportunismo è ancora vivo e vegeto e punta a deviare il proletariato dal suo compito storico: il superamento rivoluzionario dell'attuale modo di produzione.

Di fronte al peggioramento sempre più rapido delle condizioni di vita, gli atomi sociali cominciano ad agitarsi producendo nuove configurazioni sociali: più scende il livello energetico del sistema, maggiore diventa il bisogno di energia, dato che ogni individuo (al pari di un batterio) si agita disperatamente per accaparrarsi la poca energia rimasta provocando disordine.

Di certo non saranno nuove misure in materia di ordine pubblico a fermare il caos; basti pensare al recente attentato a Londra davanti al Parlamento, organizzato in maniera artigianale e replicabile da chiunque. I governi sono terrorizzati, ma da ben altre polarizzazioni che non il fenomeno jihadista: temono prima di tutto le loro popolazioni. A Parigi la polizia ha arrestato una trentina di persone in seguito a una rivolta scoppiata in risposta all'uccisione di un cittadino cinese nel corso di un intervento delle forze dell'ordine. In Russia migliaia di giovani di varie città hanno manifestato contro la corruzione e l'avidità degli oligarchi (in centinaia sono stati arrestati). Stiamo velocemente arrivando agli scenari descritti nel rapporto Nato Urban Operations in the Year 2020 in cui viene previsto l'utilizzo sempre più massiccio di soldati per il pattugliamento delle strade in funzione contro-insurrezionale.

La teleconferenza è proseguita con alcune notizie riguardo il mondo del lavoro in Italia, dove ormai ogni contratto proposto è drasticamente peggiorativo in termini di condizioni di vita. Questa volta è il caso dei lavoratori del settore servizi/turismo/pulizie, oltre un milione e tra i più precari e mal pagati, che scenderanno in sciopero venerdì prossimo. Se ad essi uniamo i lavoratori della gig-economy e quelli della logistica, notiamo un processo di livellamento verso il basso dei salari ed allo stesso tempo una progressiva liberazione dai legami di tipo sindacal-corporativo che spinge le lotte a svilupparsi su un terreno di scontro sempre più duro.

Il sociologo Domenico De Masi nel saggio Lavorare gratis, lavorare tutti invita provocatoriamente i disoccupati a prestare la propria opera gratuitamente (cosa che in parte sta già avvenendo con i tirocini e gli stage) per scompaginare la situazione. La richiesta, in realtà, è quella di redistribuire i carichi di lavoro attraverso una riduzione generale dell'orario di lavoro. Checché ne dicano i sociologi, la condizione globale dei senza riserve non può avere degli sbocchi pacifici. Finita l'epoca delle rivendicazioni, se la società si polarizza classe contro la classe - senza più mediazioni - non può che succedere un cataclisma. Con una disoccupazione giovanile in Italia che sfiora il 40% e la popolazione operaia che viene espulsa dal mondo del lavoro, è realistico pensare ad un capitalismo che eroga a tutti un salario di sopravvivenza sganciato dal lavoro? Tale misura può essere presa solo da un capitalismo che ha negato sè stesso, cioè da un non-capitalismo.

Tutti i segnali lasciano presagire che la "tenuta sociale" non potrà durare a lungo. Sembra di essere nel racconto di R. Heinlein L'anno del diagramma, in cui il protagonista costruisce un "modello" con notizie secondarie tratte dai giornali e si accorge che ci sono delle anomalie sistemiche che stanno portando al collasso planetario.

Se prendiamo come esempio gli Stati Uniti vediamo che essi, pur restando una potenza politica e soprattutto militare, sono in pieno declino economico: indebitati a livello stratosferico, qualunque velleità del tipo Make America Great Again si scontra con dei limiti oggettivi. Aumentare le spese militari, riprendere le attività spaziali o concedere grossi sgravi fiscali alle industrie che rientrano in patria, non serve a far tornare all'indietro la ruota della storia. Quello in atto è un disperato tentativo del capitalismo americano di rivitalizzarsi.

Intanto il capitalista Elon Musk annuncia di aver venduto circa 400 mila modelli della sua Tesla modello 3, di essere riuscito a recuperare la maggior parte dei booster dei razzi finora lanciati, di aver messo in orbita un satellite geostazionario a 36 mila km dalla Terra, e di aver fondato un'azienda che si occuperà di intelligenza artificiale applicata alla connessione tra macchine e cervello, Neuralink, che ha grandi possibilità di sviluppo: dal potenziamento della memoria al dialogo con i dispositivi esterni fino all'incremento delle possibilità di calcolo. E' inquietante che i borghesi abbiano in mano dei mezzi così potenti e, d'altronde, sono loro stessi a preoccuparsene.

Articoli correlati (da tag)

  • Imperialismo europeo?

    La teleriunione di martedì sera è iniziata dalla notizia riguardante la cosiddetta questione curda.

    Abdullah Öcalan, storico leader della guerriglia curda, imprigionato nelle carceri turche dal 1999, ha chiesto al PKK l'abbandono della lotta armata. Proprio in questi giorni gli USA hanno annunciato il loro ritiro dalla Siria, dove è presente un contingente americano di circa 2mila soldati impegnati contro l'ISIS e a sostegno delle SDF (Siryan Democratic Force). La mossa di Öcalan è un segno dei tempi, è il portato di un repentino cambiamento degli equilibri mondiali, ma resta da vedere la capacità delle forze curde, divise geograficamente e politicamente, di darsi un indirizzo, se non unitario, almeno non confliggente.

    Il subbuglio sociale negli Stati Uniti ha conseguenze sul resto del mondo. L'annuncio di nuovi dazi doganali da parte dell'amministrazione Trump e, più in generale, il ritorno del protezionismo si scontrano con un mondo che, invece, avrebbe bisogno di un governo unico mondiale per gestire l'attuale sviluppo delle forze produttive. Il rischio è che collassi tutto, e che l'utilizzo dell'arma dei dazi inneschi situazioni incontrollabili: gli ingredienti ci sono tutti, il mercato è piccolo, gli attori sono troppi e ad azione segue reazione. La Cina ha infatti annunciato aumenti del 10-15% dei dazi su diversi prodotti agricoli e alimentari americani.

    Chi riesce a navigare nel mare in tempesta sopravvive, gli altri periscono o diventano politicamente irrilevanti. La Turchia, per esempio, aspira ad essere una potenza non solo regionale ma globale, e tale intento passa anche per la risoluzione dell'annosa "questione curda".

  • Quale futuro per il capitalismo?

    Durante la teleriunione di martedì sera abbiamo ripreso l'articolo "Il grande collasso", pubblicato sulla rivista n. 41 (2017), utilizzandolo come chiave di lettura per inquadrare quanto accade nello scenario mondiale.

    Il fenomeno della disgregazione degli Stati si manifesta in diversi forme: dai casi più evidenti di collasso delle amministrazioni politiche (Libia, Siria, Somalia, Sudan, Haiti, ecc.) fino a quelli meno visibili di disfunzione dei servizi pubblici. In un breve video presente su YouTube, intitolato "Il problema dell'Italia è lo Stato che non funziona", Lucio Caracciolo, direttore di Limes, afferma che il problema è l'incapacità non tanto del governo-guidatore, quanto dello Stato-macchina.

    Nel secondo dopoguerra, in Italia, lo stato ha realizzato piani di edilizia popolare, ampiamente criticati dalla Sinistra. La corrente a cui facciamo riferimento ha scritto numerosi articoli sulla questione abitativa; tra questi, "Il problema edilizio in Italia" (1950) analizza come la Democrazia Cristiana di Fanfani, in combutta con socialisti e "comunisti", abbia continuato, in versione democratica, la politica d'intervento nell'economia nazionale iniziata con il fascismo. Il capitalismo costruiva alloggi popolari, ma anche grandi impianti industriali, per dare lavoro a masse di operai che affluivano dal sud Italia. Era l'epoca dell'occupazione di massa, a tutti era garantita una vita di sfruttamento. Ora, quel modello non funziona più e gli stati devono fare i conti con la crescita della miseria e della disoccupazione. Le metropoli globali sono bombe ad orologeria: alcune sono abitate da 15 o 20 milioni di persone e, senza un adeguato rifornimento di cibo ed energia, rischiano il collasso.

  • Alla ricerca di un nuovo ordine

    La teleriunione di martedì sera ha preso le mosse dalle recenti dichiarazioni dei massimi esponenti del governo americano sul dialogo con la Russia riguardo al conflitto in Ucraina.

    Gli USA mirano a indebolire i legami tra Russia e Cina, evitando al contempo la saldatura economica tra Berlino e Pechino. Appena insediatosi alla Casa Bianca, Donald Trump ha annunciato negoziati immediati e diretti con Vladimir Putin. Dal palco della Conferenza sulla sicurezza di Monaco di Baviera, il vicepresidente statunitense J.D. Vance ha rivolto dure critiche ai paesi europei, esprimendo il suo sostegno alle forze di estrema destra come l'AFD tedesca. Il giorno sucessivo, l'inviato speciale USA per l'Ucraina, Keith Kellogg, ha dichiarato che gli europei non saranno inclusi nei prossimi colloqui di pace.

    In particolare, nel suo intervento a Monaco, il vicepresidente Vance ha preso posizione a proposito della "ritirata dell'Europa da alcuni dei suoi valori fondamentali, valori condivisi con gli Stati Uniti". Il problema arriverebbe, dunque, dall'interno del Vecchio Continente, sempre meno democratico e liberale. L'accordo tra Putin e Trump esclude esplicitamente l'Europa e favorisce il riavvicinamento tra USA e Russia a discapito dell'Ucraina. Le dichiarazioni di Trump e Vance hanno mandato nel panico le cancellerie europee: agli annunciati dazi americani si aggiunge ora la possibilità del venir meno della protezione militare USA. L'Europa è il classico vaso di coccio tra vasi di ferro, lo dimostra la crescente ingovernabilità in Germania dove è dato per certo l'exploit di AFD. Il vertice "informale" di Parigi tra i capi di governo di Germania, Regno Unito, Italia, Polonia, Spagna, Paesi Bassi, Danimarca e Francia ha sancito, ancora una volta, la disunità e l'impotenza europea.