La teleconferenza di martedì sera, connessi 12 compagni, è iniziata sottolineando l'importanza dello studio delle passate transizioni sociali.
A tal proposito sono stati citati gli ultimi studi sui Luwiani, una popolazione vissuta in Anatolia a partire dal II millennio a.C. e di cui, ad oggi, sono conosciuti 340 insediamenti. Secondo l'archeologo Eberhard Zangger, intorno al 1200 a.C. i Luwiani si coalizzano e contribuiscono a far collassare tutte le civiltà dell'epoca, facendo traballare persino l'Antico Egitto.
In base alla tipologia di distruzioni rilevata dagli scavi, alcuni archeologi hanno timidamente dedotto che la causa di tale cambiamento originasse da rivolte. Zangger sostiene che almeno 200 città si unirono contro gli Ittiti (la prima civiltà a cadere), i Micenei, i Minoici, i Cicladici, gli Egizi, ecc. Ma perché prese forma questa coalizione? E da dove trasse la propria forza per attaccare simultaneamente tutto il mondo di allora? Solo pensando a una sollevazione delle popolazioni si può dare risposta alla domanda. Si trattò perciò sì di rivolte, ma contro quelle strutture sociali che si stavano trasformando in Stato (e nella scaletta di Engels lo Stato viene dopo la proprietà privata).
Cari compagni, le lettere da voi pubblicate sullo scorso numero mi inducono a qualche considerazione sulla scomparsa del Partito Comunista Internazionale.
[…] I vecchi militanti che costituivano il nucleo di lavoro dell'organizzazione nel dopoguerra sono quasi tutti scomparsi. Erano ovviamente molto affezionati al concetto di partito per la semplice ragione che molti di loro avevano partecipato direttamente alla sua storica formazione a Livorno nel '21 e altri erano cresciuti alla scuola della vecchia guardia. Forse però non avevano sottolineato abbastanza, nonostante fosse scritto nelle tesi, che questa piccola organizzazione non avrebbe mai potuto essere trasformata in periodo del tutto sfavorevole, con aggiustamenti successivi, in un grande partito. Intendiamoci, la vecchia organizzazione non era un gruppetto qualsiasi, aveva una struttura consolidata e rappresentava una buona macchina da lavoro, centralizzata e disciplinata, meno chiassosa ma molto più efficiente di tante organizzazioni che c'erano all'epoca. Ma non era ancora "il" partito. Bisogna chiedersi perché sulle Tesi di Milano, del '66, si parla di "piccolo movimento attuale" dal "perimetro ristretto" in grado di prepararsi per "il vero partito, per il periodo storico in cui le masse insorgenti saranno all'avanguardia della storia". Troppo spesso si dimentica la dinamica, appunto, della storia.
Editoriale: Non potete fermarvi
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Libertà
Viviamo in una società che scoppia. I suoi membri, divisi o raggruppati secondo criteri il più delle volte arbitrari e casuali, non riescono più a darsi un'identità plausibile. La pandemia, invece di compattare gli individui intorno a provvedimenti utili alla salvaguardia della specie, ha aggravato la situazione facendo emergere ataviche tendenze all'irrazionale.
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