Camatte, va ricordato, ha contribuito a lavori fondamentali, come "Origine e funzione della forma partito" (1961), e agli studi sui risultati del processo di produzione immediato, ponendo l'attenzione su aspetti cruciali della dottrina marxista. Successivamente, in seguito all'uscita dal PCInt. (il programma comunista), ha intrapreso una strada più o meno individuale, che l'ha portato ad elaborare e sistematizzare elementi più vicini alla psicologia e alle filosofie orientali che alla critica dell'economia politica.
Rimanere sintonizzati con il movimento reale significa comprendere che il capitalismo nega sé stesso e che il comunismo è una forza reale che opera nel sottosuolo sociale, indipendentemente dal fatto che gli uomini ne siano consapevoli o meno. Il mondo è un insieme fatto di relazioni complesse dove tutto è collegato. Il lavoro della Sinistra va dunque accettato nel suo insieme o rifiutato completamente. Nell'intervista di Sergio Zavoli ad Amadeo Bordiga, nell'estate del 1970, il vecchio rivoluzionario ricorda la polemica con Antonio Gramsci al Congresso di Lione del Partito Comunista d'Italia (1926), in cui difese la concezione monistica del comunismo:
"A conclusione di questo scambio di programmi io dichiarai, rivolto ad Antonio, che non si è in diritto di dichiararsi marxisti, e nemmeno materialisti storici, solo perché si accettano come bagaglio di partito certe tesi di dettaglio, che possono riferirsi vuoi all'azione sindacale, economica, vuoi alla tattica parlamentare, vuoi a questioni di razza, di religione, di cultura; ma si è giustamente sotto la stessa bandiera politica solo quando si crede in una stessa concezione dell'universo, della storia e del compito dell'Uomo in essa."
Il comunismo è un bisogno di specie che riguarda la nostra natura sociale. Proprio Camatte, citando Bordiga, affermava la necessità di comportarsi come se la rivoluzione fosse già avvenuta e intendeva il partito non come una semplice organizzazione politica ma come la prefigurazione della società comunista. Non si possono "fare" il partito e la rivoluzione, essi al massimo si possono dirigere ("Partito e azione di classe", 1921).
Una volta scoperto che la chiave del capitalismo non è la brama personale dei capitalisti di godere dei profitti ma l'impersonale esigenza del capitale sociale di aumentarsi di plusvalore, resta dimostrata la necessità della morte di questo modo di produzione, quindi la sua scientifica non-esistenza potenziale dichiarata da Marx ("Scienza economia marxista come programma rivoluzionario").
La presenza materiale del comunismo all'interno del capitalismo è individuabile nei meccanismi di produzione del plusvalore, ovvero nel fatto che all'interno del piano di produzione non vi è scambio di valore bensì passaggio di manufatti, semilavorati, energia ("Operaio parziale e piano di produzione"). Per generare nuovo valore è fondamentale passare per la produzione (P), la quale è impossibile senza la cooperazione degli operai parziali. All'interno del piano di produzione mondiale non vi è scambio di valore: la merce diventa tale solo quando arriva sul mercato. E, oggi, ogni piano di produzione è collegato ad altri attraverso reti di varia natura.
Internet è una gigantesca rete che alimenta con dati e informazione l'insieme dei piani di produzione. Il comunismo non è mai sparito nel corso della storia. Ne abbiamo trovato persistenze nelle utopie socialiste, nelle abbazie cistercensi, nelle eresie, fino alle società "primitive" senza classi e senza Stato. La parola Gemeinweisen, presente già negli scritti di Engels e ripresa da Lenin in Stato e rivoluzione, era usata al posto della parola Stato. Per Engels si trattava di una vecchia eccellente parola tedesca corrispondente alla parola francese Commune.
Come abbiamo scritto nell'articolo "Marcati sintomi di società futura", il comunismo si manifesta con il diffondersi dei flussi di informazione e lavoro che va sotto il nome di peer to peer (P2P), con l'eliminazione di posti di lavoro in seguito all'automazione, con il progetto di una società comunistica basata esclusivamente sui risultati tecnico-scientifici già raggiunti entro la società capitalistica. A proposito di saggi di organizzazione futura comunistica, Lenin, nell'articolo "Che cosa sono gli 'amici del popolo' e come lottano contro i socialdemocratici" (1894), scrive:
"Tutte le produzioni si fondono in un unico processo sociale di produzione, mentre ogni produzione è diretta da un singolo capitalista, dipende dal suo arbitrio, e gli dà i prodotti sociali a titolo di proprietà privata. Non è forse chiaro che la forma di produzione entra in contraddizione inconciliabile con la forma dell'appropriazione? Non è forse evidente che quest'ultima non può non adattarsi alla prima, non può non divenire anch'essa sociale, cioè socialista?"
Noi affermiamo che la società futura agisce su quella presente basandoci sulle leggi che descrivono traiettoria e catastrofe del vecchio modo di produzione:
"Abbiamo tante volte gridato agli assetati del palpabile scontato successo politico di congiuntura, che siamo rivoluzionari non perché ci bisogni vivere e vedere, contemporanei, la rivoluzione, ma perché la viviamo e vediamo oggi, come 'evento', per i vari paesi, per i 'campi' e 'aree' di evoluzione sociale in cui si classifica dal marxismo la terra abitata, già suscettibile di scientifica dimostrazione." ("Relatività e determinismo. In morte di Albert Einstein")
Come lavoro siamo nati nel 1980, separandoci da tutti coloro che erano rimasti in quel vasto mondo che abbiamo definito terzinternazionalismo. Il vecchio partito (PCInt. – il programma comunista) aveva cominciato a dire che la teoria era salda e che perciò bisognava passare alla pratica: bisognava "fare"! Ma la società capitalistica esploderà per le sue caratteristiche intrinseche, non per volontà di qualcuno. Se il proletariato è il becchino del capitalismo, evidentemente questo è già morto. In "Fiorite primavere del Capitale" (1953) è detto che nelle rivoluzioni passate, così come in quelle future, non è certa la partecipazione diretta dei "beneficiari" della rivoluzione. Il capitalismo ha rubato le armi del proletariato, a cominciare dai sindacati, per usarle contro di esso, ma non è riuscito a neutralizzare l'antiforma, che emerge all'improvviso sotto forma di scioperi, rivolte e movimenti contro.
Invece di avere una prospettiva universale del divenire storico (come scrive Marx nei Manoscritti del 1844, un domani, superata la divisione sociale del lavoro, vi sarà una sola scienza), nel "milieu" si continua a riverberare il risultato di una rivoluzione fallita. Nel titolo della nostra rivista, n+1, è racchiuso un preciso progetto politico che riguarda la società nuova. Il contenuto dell'espressione non è una novità: si tratta, infatti, della formalizzazione rigorosa del metodo che Marx pone alla base della teoria rivoluzionaria del succedersi delle forme produttive e sociali.
Riconoscere il comunismo, in quanto potenza del lavoro associato, è ciò che contraddistingue il nostro lavoro. C'è, invece, chi lo vede nella Russia di Stalin, nella Cina di Mao, in quella attuale oppure a Cuba. In realtà, il comunismo non è una forma di governo, è una forza storica, un movimento antiformista. La rottura rivoluzionaria è un fatto fisico, il superamento di una soglia, una transizione di fase, come il passaggio dall'acqua al ghiaccio. Alcuni lettori ci chiedono di "aggiornare" lavori come quello sul modello dinamico di crisi e sulla vita senza senso, dato che negli ultimi anni determinati processi sono enormemente maturati. Ogni semilavorato può essere ulteriormente sviluppato, ma non ci sono sorprese o novità dal punto di vista della dottrina: le teorie non si applicano ma si verificano, come avviene per le leggi di natura.