Nella newsletter del 6 agosto scorso, intitolata Guerra civile diffusa, scrivevamo: "Stiamo raggiungendo un effetto soglia superato il quale i governi occidentali saranno costretti a intervenire con forza. Ma contro chi? E come? La guerra di tutti contro tutti è diventata sistema." Ieri ad Ankara è stato assassinato da un poliziotto l'ambasciatore russo di stanza nella capitale turca, mentre negli Stati Uniti Donald Trump è stato confermato alla presidenza da 270 grandi elettori che votando per lui hanno sigillato la sua elezione alla Casa Bianca. Questi avvenimenti, insieme all'attentato di Berlino, alle notizie provenienti dalla Siria e a tutto quello che è successo negli ultimi mesi, sembrano indicare che l'effetto soglia citato sopra non sia più così lontano, e che la guerra civile diffusa non sia più registrata a livello di percezione o intesa quale esagerazione. Tanto più che arriva notizia della nascita dell'"Antifascist Internazionalist Tabûr", il Battaglione Antifascista Internazionalista, "costituito da compagne e compagne di tutto il mondo, arrivati in Kurdistan per battersi a fianco delle milizie popolari". E' un copione già visto: quando le borghesie chiamano, i partigiani accorrono e si intruppano nei rispettivi fronti nazionali.
Con l'ondata di protesta che si è sviluppata in seguito alle primavere arabe, sembrava lecito aspettarsi una graduale evoluzione del movimento verso l'antiforma; si è visto invece uno sviluppo ben diverso: guerra tra poveri, attentati, partigianerie, ecc. Insomma, non un qualcosa di graduale, ma un susseguirsi di punti catastrofici in cui si alternano vampate di lotta e momenti di rinculo.
In una situazione come quella mediorientale, e non solo, le partigianerie sono necessarie. Basti pensare ai curdi che in alcune zone sono diventati l'esercito a disposizione degli Stati Uniti. Se questa guerra strisciante si intensifica, potrebbe ripetersi in farsa lo scenario antecedente alla II guerra mondiale, quando masse di uomini, vista l'incapacità e l'inconsistenza dei partiti socialisti e comunisti, furono spinti verso fascismo e nazismo. Ma mentre al tempo la situazione era ben definita a livello di blocchi imperialistici, oggi il contesto è molto più sfumato e la "compellenza" più forte: la guerra contro uno stato prevede un esercito visibile e uno schieramento preciso, la guerra diffusa è invece difficile da delimitare. E per questo motivo gli stati saranno costretti a prendere decisioni e provvedimenti drastici, attuando una repressione tremenda.
La teleconferenza si è conclusa con un breve commento su due articoli reperiti sulla stampa nostrana.
Il primo riguarda il fenomeno dei voucher: i numeri dell'osservatorio Inps confermano la tendenza emersa a novembre, e cioè la crescita massiccia dell'utilizzo dei ticket che comincia a diventare allarmante anche per gli stessi borghesi. In un post de Il Sole 24 Ore, intitolato Più flessibilità del lavoro crea davvero più occupazione? Ecco una lettura dei dati, Emiliano Brancaccio, Nadia Garbellini e Raffaele Giammetti sostengono che le leggi promulagate per creare maggiore flessibilità e per favorire le assunzioni hanno in realtà inciso solo sul costo del lavoro. Insomma, questi borghesi ottengono ciò che vogliono e ancora non sono contenti, anzi sono preoccupati dal fatto che esiste un limite allo sfruttamento (non si può estrarre da pochi operai la stessa quantità di plusvalore che si estrae da molti).
Il secondo articolo, di Repubblica, riguarda invece gli investimenti nel fotovoltaico. In alcuni paesi questa tecnologia sta diventando più conveniente di quella legata ai combustibili fossili, anche in assenza di aiuti statali e incentivi, impensabile fino a 5 anni fa. Il Capitale si indirizza dove maggiori sono i margini di profitto, e così facendo elimina rami della produzione non più remunerativi.