Visionando su YouTube i filmati degli ultimi tafferugli a Parigi, si nota come la polizia si prenda gioco dei manifestanti prima attaccandoli in piccoli gruppi, poi ritirandosi e infine riprendendosi il terreno perduto. Da parte della componente giovanile persiste lo scontro finalizzato allo scontro: la piazza parigina di oggi somiglia molto a quella del 1968, anche se la carica di violenza è da ambo le parti molto elevata.
La presenza dei sindacati è importante perché essi sono organizzati, mentre tutti gli altri gruppi procedono in ordine sparso. Organizzazione non significa semplicemente l'uso abile dei social network, ma capacità di gestire e coordinare dinamicamente un certo numero di uomini e mezzi in vista di un fine.
La corrente a cui facciamo riferimento ha sempre sostenuto la prospettiva dello sciopero generale e generalizzato. In Francia i sindacati hanno pochi iscritti e, non riuscendo a scatenare un movimento di massa contro il governo, hanno mobilitato le punte avanzate dei loro militanti per bloccare punti nevralgici quali porti, mercati generali, centrali elettriche e nucleari. I sinistri tendono a esaltare l'efficacia di queste forme di lotta invece di focalizzare l'attenzione sul loro basso rendimento e fanno passare per forza quella che è debolezza.
L'Europa, dal referendum sulla Brexit all'aumento della miseria, traballa sempre più. L'unione politica europea non è mai esistita e l'uscita del Regno Unito provocherebbe uno sconquasso di notevoli dimensioni. Mario Monti ha dichiarato che il governo inglese ha sbagliato a consentire un referendum su questo tema, mentre l'Economist mette in guardia dai pericoli di un'eventuale vittoria del leave.
Le mezze classi, schiacciate tra le due grandi della società, proletariato e borghesia, fibrillano per prime, scendono in piazza in difesa delle garanzie che stanno perdendo e producono teorie ad hoc, come nel caso di Podemos in Spagna o dei 5 Stelle in Italia. La giustizia, l'onestà e la trasparenza sono le parole d'ordine dei rappresentanti della piccola borghesia, insoddisfatta e irrequieta, e i "nuovi" partiti, oltre alle chiacchiere sui precetti morali, devono misurarsi con fenomeni ben più materiali quali l'automazione e la "disoccupazione tecnologica". E incassano voti, per esempio grazie alla proposta di legge per il reddito di cittadinanza (a Roma e Torino il M5S ha preso più voti nei quartieri periferici, dove alta è la disoccupazione).
Fino a poco tempo fa parlare di rifiuto del lavoro era come bestemmiare – il culto gramsciano del lavoro ci è stato inculcato in testa fin da piccoli - ma oggi ci pensa lo stesso capitalismo a eliminare forza lavoro in quantità, sostituendola con i robot. La nostra risposta dovrebbe essere: "Non aspettavamo di meglio; la liberazione dal tempo di lavoro è tempo di vita guadagnato. Se il capitalismo sfrutta sempre di più un numero sempre minore di lavoratori, gettando gli altri nella disoccupazione, ebbene, liberiamoci del capitalismo".
La richiesta classica della nostra classe, drastica riduzione della giornata lavorativa e salario ai disoccupati, è sempre più attuale.