La teleconferenza di martedì sera, a cui hanno partecipato 30 compagni, è iniziata dalla segnalazione di alcune notizie sulla situazione economica e sociale globale.
Negli Usa il tasso di disoccupazione potrebbe salire dall'attuale 14,7%, il livello più elevato mai visto dal secondo dopoguerra, ad oltre il 20%, pari ad una quota di disoccupati registrata soltanto durante la Grande Depressione seguita alla crisi del 1929. In Italia, l'Istat segnala un crollo senza precedenti della produzione industriale, solo a marzo il calo ha raggiunto il 28,4%. La maggior parte degli enti di ricerca impegnati nello studio dell'andamento del Pil italiano, prospetta scenari da incubo per il Belpaese: Confindustria ha calcolato un -6%, la Commissione Europea -9,5, e Standard & Poor's -9. Ma queste previsioni non tengono conto della possibilità dello scoppio di rivolte sociali, di nuovi lockdown oppure di crisi finanziarie. Governanti ed economisti sperano in una crisi a forma di V nella quale al crollo seguirebbe la risalita; ciò che li terrorizza è invece quella a L: crollo e nessuna ripresa.
La teleconferenza di martedì sera, presenti 14 compagni, è iniziata con la segnalazione di un articolo sulla finanziarizzazione dell'economia pubblicato sul Corriere della Sera.
Oggi, rispetto al crack borsistico del 2008, sarebbe più conveniente investire nell'app-economy o in grandi gruppi come Amazon o Apple che nelle normali attività di Borsa. Il mercato del credito alla produzione pretende la creazione di più profitto, ma esistono dei limiti fisici dovuti alla marxiana caduta del saggio. A giganteggiare quindi è il capitale fittizio che cerca di valorizzarsi attraverso sé stesso (D-D') bypassando la produzione (P). Gli stessi borghesi lanciano allarmi sullo scoppio imminente di una mega bolla. Quando ciò accadrà qualcuno dovrà perderci, perché il panico innescherà la vendita generalizzata di titoli (sempre che ci sia qualcuno disposto a comprarli); e potrebbe succedere, in questa compravendita, che tutte le azioni si abbassino fortemente di prezzo così da cancellare un'immensa massa di capitale fittizio.
Il 19 ottobre del 1987, il cosiddetto "lunedì nero", fu una giornata esemplare dal punto di vista del comportamento dei mercati azionari. In un solo giorno Wall Street perse il 23% del suo valore, Tokio scese del 15% e Hong Kong dell'11%. Il lunedì successivo la serie nera si ripeté coinvolgendo le maggiori piazze borsistiche e cancellando centinaia di miliardi di dollari. In questi ultimi anni post-crisi 2008, le politiche di quantitative easing portate avanti negli Usa hanno generato oltre 10mila miliardi di dollari; a tale cifra si sommano le iniezioni di liquidità operate dalla BCE, al ritmo di 60 miliardi di euro al mese, in Europa. Misure tappabuchi che non hanno fatto altro che generare ulteriore capitale fittizio.
Durante la teleconferenza di martedì sera, a cui si sono collegati 12 compagni, abbiamo affrontato i seguenti temi:
- l'insanabile contraddizione delle mezze classi (e delle non-classi);
- approfondimento sugli Stati Uniti d'America: gli stati federali al collasso;
- notizie da un mondo instabile;
- intelligenza artificiale e autonomizzazione del Capitale;
- lo sciopero ai tempi della "gig economy".
Capita oramai sovente di ascoltare interventi o dichiarazioni, da parte di politici, professori od esperti vari, in cui ci si richiama alla necessità di cambiare lo stato delle cose per fare spazio al futuro e alle opportunità che esso ci offre, poichè questo mondo, così com'è, non funziona più. Non potremmo essere più d'accordo, peccato però che molto spesso queste argomentazioni nascondano l'ennesimo tentativo di salvare proprio ciò che si è rotto: il capitalismo.
La teleconferenza di martedì scorso, presenti 12 compagni, è iniziata prendendo spunto da una e-mail circolata nella nostra rete di lavoro.
Nella Silicon Valley alcune start-up pensano di offrire un reddito di base ad un certo numero di persone confidando che queste facciano qualcosa di utile, che possa essere venduto. Indipendentemente dall'utilizzo aziendale, che comunque diventerà sempre più marginale, anche in questa società, dovranno nascere delle comunità "di produzione/distribuzione" non più basate sul confronto fra valori di scambio ma sul valore d'uso. Molte start-up sono già incamminate su quella via e ne abbiamo commentato degli esempi sulla rivista.
Lo schema immediato che abbiamo mostrato più volte è quello dell'operaio che paga solo un canone e non più merci discrete: se lavora per 100 e riceve 100 in beni materiali o immateriali senza passare attraverso quella forma fenomenica del valore che è il denaro, e tutto il mondo funziona così, il plus-lavoro che è immediatamente plus-prodotto non può diventare plus-valore. Le quantità fisiche, però, si possono accumulare fino ad un certo punto mentre il denaro, per sua natura, si può accumulare all'infinito. Con i buoni lavoro si paga il cibo come avviene con il canone della tv, non c'è più discretizzazione e giustamente Rifkin nel suo L'era dell'accesso dimostra in 400 pagine che siamo alla fine di un modo di produzione, e sono vari gli studiosi che arrivano alle stesse conclusioni.
Non mi è chiaro il meccanismo di fondo della legge del valore in tutte le sue concatenazioni. Leggendo la rivista mi sono chiesto, forse ingenuamente, per quale motivo la tendenza generale del capitale a sostituire la forza-lavoro con le macchine non si possa estendere fino ad eliminarla del tutto. Qual è la forza che nega questa possibilità? Lo so che la risposta è: la valorizzazione del capitale necessita della forza-lavoro da cui estrarre plusvalore; lo so che, senza operai, niente plusvalore! Benissimo, ci arrivo dal punto di vista dell’enunciato, ma mi è molto meno chiaro il percorso necessario per raggiungerlo.
Cari compagni, una serie di affermazioni nel n. 12 di "n+1" ("Abolizione dei mestieri e della divisione sociale del lavoro") ha richiamato in modo particolare la mia attenzione. Eccole riproposte in forma interrogativa: [segue l'elenco che utilizziamo integralmente nella risposta, n.d.r.].
[…] Sarebbe opportuno da parte vostra precisare dettagliatamente i punti da me evidenziati, onde sgombrare il campo da possibili "letture" revisionistiche. Per esempio, a pagina 7, trovo che "il valore si materializza solo quando il prodotto esce dalla fabbrica e si presenta sul mercato". Questa tesi induce a pensare che il valore del prodotto sorga dal suo valore di scambio mentre è vero l'inverso in quanto la "materializzazione" avviene prima del mercato. Infatti il valore è, come spiega Marx, lavoro vivo che si oggettiva nel prodotto come attività sociale astratta e quello che avviene nella sfera della circolazione è solo un cambiamento di forma fenomenica. Se il valore non si fissasse nel valore d'uso non potrebbe espandersi assorbendo continuamente la viva forza del lavoro. Cose note ma che è bene sempre ribadire.
Mi sembra molto produttivo che anche occasioni "informali" come la mia visita presso di voi, uniscano in modo spontaneo il lavoro e la convivialità. È una dimostrazione che quando c'è sintonia e lavoro comune verso il futuro certi formalismi politici scompaiono, e ci si può veramente porre al di fuori della mefitica quotidianità (almeno per qualche giorno) e sentirsi comunità.
Ho riletto la "Lettera ai compagni" Demoni pericolosi e ho trovato spunti interessanti per il lavoro sulla negazione della legge del valore. Una parte mi ha colpito particolarmente, penso potrebbe essere spunto per una futura discussione, e per un lavoro ulteriore di approfondimento: "Ciò che varia è l'intero assetto sociale che sta intorno alla produzione di merci, mentre una parte sempre più cospicua delle merci si stacca dal lavoro fisiologico, viene prodotta una volta e moltiplicata all'infinito senza più l'intervento fisiologico dell'uomo."
"In che misura è utilizzabile il libro di Hilferding sul capitale finanziario? Sono attuali le critiche di Lenin? Lo studio sulla moneta che avete pubblicato è utile per conoscere l'entità del peso determinante che essa ha sul mantenimento artificiale del modo di produzione capitalistico: vorrei cogliere, con qualche esempio concreto, la 'deregolamentazione' che la moneta opera in un sistema pianificato dalle multinazionali e monopoli vari. Perché il mio schema è questo: modo di produzione capitalistico; modo di produzione socialistico che nasce al suo interno attraverso l'economia monopolistica e ago della bilancia costituito dagli organi che detengono il potere monetario: il Fondo Monetario Internazionale, la Banca Mondiale e l'Organizzazione Mondiale per il Commercio. Questo schema copia pedissequamente quello riferito alla situazione antecedente la rivoluzione francese: l'ago della bilancia essendo costituito dal potere assoluto della monarchia. Ecco, vorrei capire dal punto di vista economico che cosa fa precipitare simultaneamente nel caos e nella paralisi la marcia progressiva alla pianificazione. Volevo provarci addentrandomi nella polemica Luxemburg-Bucharin, ma le questioni andrebbero trattate in modo del tutto matematico e non con ragionamenti e opinioni".
Editoriale: I limiti dell'… inviluppo / Articoli: Il gemello digitale - L'intelligenza al tempo dei Big Data - Donald Trump e il governo del mondo / Rassegna: Il grande malato d'Europa - Il vertice di Kazan - Difendono l'economia, preparano la guerra / Recensione: Ciò che sembrava un mezzo è diventato lo scopo / Doppia direzione: Il lavoro da svolgere oggi - Modo di produzione asiatico? - Un rinnovato interesse per la storia della Sinistra Comunista - Isolazionismo americano post-elettorale?
Libertà
Viviamo in una società che scoppia. I suoi membri, divisi o raggruppati secondo criteri il più delle volte arbitrari e casuali, non riescono più a darsi un'identità plausibile. La pandemia, invece di compattare gli individui intorno a provvedimenti utili alla salvaguardia della specie, ha aggravato la situazione facendo emergere ataviche tendenze all'irrazionale.
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