La borghesia ha dimostrato che pur di tenere aperte le fabbriche e le attività commerciali, pur di far funzionare il suo sistema economico, è disposta a sacrificare le popolazioni. La trasmissione televisiva Report, con l'inchiesta "Il giallo veneto" (26 aprile 2021), ha messo bene in luce come per lor signori sia prioritaria l'economia e non la salute. La borghesia produce disastri e poi critica l'operato dei suoi stessi rappresentanti, senza dare però soluzioni. La pandemia viene affrontata con criteri elettorali, si contano i voti, le convenienze politiche, il business, e nel mentre si fanno ammalare e morire le persone.
Eppure, le tecnologie e le conoscenze per arginare il virus non mancherebbero. I comportamenti corretti da adottare sono ben conosciuti, sono quelli suggeriti da un anno a questa parte dall'OMS: isolamento dei malati, tracciamento dei contagi, distanziamento sociale e informazione corretta. I governi hanno fatto di testa loro e i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Un esempio in più, se ancora ce ne fosse bisogno, di quanto il modo di produzione capitalistico sia pericoloso per la vita della specie, e non solo. La prassi predatoria rispetto al resto della natura (produzione infinita in una pianeta che è finito) ha diversi risvolti catastrofici dovuti al superamento dei limiti fisici del pianeta: migliaia di kmq di plastica negli oceani, permafrost che va scongelando, veleni che ammorbano l'aria, nuovi pericolosi virus, cataclismi "naturali".
La rivoluzione prossima ventura avrà carattere di specie, perché ciò che è in ballo è la stessa sopravvivenza dell'umanità sul pianeta Terra.
La situazione economica mondiale non era rosea nemmeno prima della pandemia. Quanto si può andare avanti ad immettere nei mercati miliardi di dollari? Superati determinati limiti il sistema va in overdose. Il capitalismo ha raggiunto un livello difficilmente superabile: troppe merci, troppo capitale, troppa finanza. Tra la capacità produttiva del sistema e la capacità di consumo delle popolazioni esiste un'evidente discrepanza. Vulcano della produzione o palude del mercato? Non si tratta di un'alternativa. L'uno esiste perché esiste l'altra, dato che non vi sono soglie teoriche alla produzione, ed è proprio questo a provocare l'impaludarsi del mercato. La borghesia cerca di rimediare sostenendo artificialmente i consumi, ma il vero problema sta a monte, nella produzione di merci. Secondo Jean-Baptiste Say, economista francese criticato da Marx, una merce basta produrla perché trovi da sé il proprio mercato. Solo il fatto di produrre una merce aprirebbe all'istante lo sbocco ad altre merci. Marx spiega che si tratta di una fesseria perché la causa ultima delle crisi capitalistiche è proprio la sovrapproduzione. Le merci non trovano da sé il proprio consumatore: il mercato è anarchico, i produttori non sanno in anticipo quale sarà il fabbisogno sociale, poniamo, di una derrata alimentare. Il capitalismo non ha i mezzi per pianificare il proprio futuro, tira a campare. Il keynesismo è stato utilizzato dai vari fascismi, poi codificato in un miscuglio di intervento statale e libero mercato, e infine ha perso ogni spinta propulsiva.
Il grosso problema della borghesia è quello di organizzare scientificamente il flusso delle merci. Se all'interno della fabbrica, quando i semilavorati non hanno ancora raggiunto il mercato, il ciclo produttivo segue un flusso razionale non essendovi scambi di valore, quando il semilavorato esce dall'industria si manifesta tutta l'anarchia di una società ultradissipativa. Il capitalismo non riesce proprio ad organizzare la produzione sociale come invece sa fare con la produzione nella singola fabbrica. E questa è la sua condanna.
Quando la nave portacontainer Ever Given si è incagliata nel canale di Suez, il traffico mondiale di merci è andato in tilt. Un incidente relativamente piccolo ha prodotto il panico nel mondo borghese. Se iniziano a svilupparsi difficoltà logistiche in punti strategici del flusso delle merci, potrebbero mettersi in moto processi catastrofici a catena. Piccoli saggi di collasso sistemico si sono visti l'anno scorso in seguito ai primi lockdown, quando i supermercati sono stati presi d'assalto e metropoli come Parigi, Londra e Milano hanno visto un esodo verso le campagne, poiché queste grandi città venivano percepite dai cittadini come trappole per topi. Ci sono diversi studi, specie militari, che parlano di una futura guerra civile urbana, di crollo delle infrastrutture, di lotta per accaparrarsi cibo e acqua.
In chiusura di teleconferenza si è brevemente accennato, con l'intenzione di riprendere l'argomento martedì prossimo, ai paesi che nel prossimo futuro potranno essere interessati da un ulteriore aggravamento della crisi capitalistica. Si è fatto inoltre un breve riferimento alla giornata della "liberazione", il 25 aprile (festa patriottica e interclassista), che quest'anno è stata celebrata anche da Matteo Salvini e dalle mezze classi incollerite al grido di "Applichiamo la libertà: no coprifuoco, no restrizioni".