La guerra d'oggi è ibrida, si combatte su più livelli: informazione, elettronica, politica, energia, economia, ecc. I danni provocati dai Russi alle infrastrutture energetiche ucraine stanno letteralmente congelando il paese, lasciando milioni di persone senza luce, riscaldamento e acqua corrente. Ci sono stati blackout estesi anche in Moldavia, paese confinante con l'Ucraina.
Ma anche l'Europa rischia di rimanere al freddo se la guerra si protrarrà a lungo. L'Economist ("Europe faces an enduring crisis of energy and geopolitics", 24.11.22) nota che l'arma energetica di Vladimir Putin sta provocando effetti ben oltre l'Ucraina: i modelli suggeriscono che, in un inverno normale, un aumento del 10% dei prezzi dell'energia è associato a un aumento dello 0,6% dei decessi. Quindi, la crisi energetica di quest'anno potrebbe causare oltre 100.000 morti in più, soprattutto anziani, in tutta Europa.
Stiamo vivendo una transizione di fase nel modo di fare la guerra. Il generale prussiano von Clausewitz sosteneva che la difesa è più forte dell'attacco e oggi tale principio vale molto di più rispetto all'epoca in cui è stato formulato. Con le tecnologie moderne in dotazione agli eserciti, l'attaccante emette segnali che possono essere captati da chi è sulla difensiva. Attraverso l'uso dei radar chi entra in azione può essere intercettato dal nemico.
Nella guerra moderna carrarmati e navi sono visibili dai satelliti, e in mare queste ultime non si possono mimetizzare. Se verranno utilizzati i missili ipersonici, le prime ad essere polverizzate saranno proprio le flotte. Anche il soldato si è macchinizzato e assomiglia sempre di più ad un cyborg. E comunque, il pulsante che fa partire un missile da un drone si trova al di là dell'Oceano, in qualche base militare, come mostrato nel film Good Kill (2014).
Nella guerra in Ucraina la Russia ha adottato la dottrina Tuchačevskij: ha fatto una blitzkrieg, arrivando alle porte di Kiev, e adesso si è attestata sulla difensiva. Ha occupato posizioni in suolo ucraino da cui sarà molto difficile scalzarla. Detto questo, è ovvio che nei programmi russi ci dev'essere qualcosa di più che la semplice annessione di qualche pezzo di Ucraina. Non sarebbe spiegabile altrimenti un tale dispendio di risorse umane, economiche e militari.
Un altro aspetto della guerra ibrida globale riguarda la questione del "fronte interno": se crolla questo, lo stato non funziona più. Sono molti i paesi a rischio, a cominciare dalla Cina, alle prese con le proteste contro i lockdown nello Xinjiang, a Shanghai, Pechino, Chengdu, Wuhan e Guangzhou, sintomo di un disagio più profondo verso lo stato di cose presente.
Il governo cinese sta mostrando segni di sbandamento nella gestione del Covid ("China's response to a surge in covid-19 cases is muddled", The Economist, 24.11.22). Recentemente ha concesso allentamenti nei blocchi, ma poi l'aumento dei contagi ha portato a nuove restrizioni alla libertà di movimento. Una confusione strategica che potrebbe provocare problemi di tenuta sociale. Come riporta il Corriere della Sera ("Proteste in Cina per il Covid: Xi Jinping non ha una strategia di uscita: ecco perché", 28.11.22):
"Gli epidemiologi calcolano che se ora la Cina decidesse di seguire la strategia del resto del mondo il risultato sarebbe disastroso: i contagi salirebbero a 363 milioni nel giro di sei mesi, perché il coronavirus ha circolato poco e quindi una bassa percentuale della popolazione cinese ha sviluppato livelli efficaci di anticorpi; il sistema ospedaliero della Cina crollerebbe. I morti in sei mesi sarebbero 620 mila, secondo le proiezioni basate sull'esperienza di Taiwan che ha abbandonato la politica dei lockdown stretti e ora è uscita dal tunnel con 11 mila morti in totale."
Forse è presto per fare un parallelo con la rivolta di Piazza Tienanmen, però l'aumento della disoccupazione giovanile (soprattutto tra i laureati) è un fattore destabilizzante per il gigante asiatico, che deve fare i conti con una crescita più lenta del PIL e di conseguenza con la diminuzione di nuovi posti di lavoro.
Marasma sociale e guerra crescono un pò ovunque. Limes definisce Caoslandia la fascia di mondo dove le economie sono in crisi, gli stati prossimi al collasso e dove imperversano guerre civili. La mappa geopolitica è in continuo aggiornamento e tale fascia si sta visibilmente allargando. È da ricordare inoltre, come riporta la rivista di geopolitica italiana, che il continente africano, facente parte a pieno titolo di Caoslandia, ha una popolazione giovane ed è demograficamente in espansione.
Non si può tornare indietro, il vecchio ordine internazionale non ritornerà. L'economia è interconnessa e la crisi di un paese si ripercuote immediatamente sugli altri, basti pensare alla rivolta operaia nello stabilimento Foxconn a Zhengzhou, che potrebbe compromettere la distribuzione degli iPhone in Occidente a ridosso delle festività natalizie.
Abbiamo poi parlato dei mondiali di calcio in Qatar, un inno allo sciupio capitalistico: migliaia di morti tra gli operai impiegati nella costruzione degli stadi e uno sfruttamento bestiale della forza-lavoro migrante (si stima che in due milioni siano arrivati nel paese della penisola araba per trovare occupazione). Per garantire che non ci siano problemi, è stata predisposta la massiccia militarizzazione dell'evento sportivo. Dissipazione umana e ambientale massima, come dimostra l'enorme spreco di energia per la desalinizzazione dell'acqua di mare:
"Per il mantenimento di un singolo campo nei mesi di novembre e dicembre – quando le temperature in Qatar si aggirano intorno ai 20-25 gradi, anziché agli oltre 40 dell'estate – sono necessari 10mila litri d'acqua al giorno. E in totale il Qatar ha 144 campi per il mondiale. A tutto questo va aggiunto che far arrivare acqua nel deserto non è facile: la desalinizzazione dell'acqua di mare richiede molta energia e quasi il 100 per cento dell'elettricità del paese proviene da petrolio e gas." ("No, i mondiali in Qatar non saranno sostenibili", Wired, 20.11.2022).
Abbiamo concluso la teleconferenza commentando la catastrofe "naturale" accaduta nei giorni scorsi nell'Isola d'Ischia, dove una frana ha travolto il comune di Casamicciola provocando diversi morti e feriti. Tale avvenimento rientra tra quelli che la Sinistra Comunista ha definito i "drammi gialli e sinistri della moderna decadenza sociale". L'isola ha subito un'eccessiva edificazione (business del turismo), che non ha tenuto conto delle caratteristiche idrogeologiche del suolo. Inoltre, fino a qualche decennio fa, la montagna era coltivata, e i terrazzamenti agricoli avevano anche la funzione di rallentare il corso dell'acqua. Ora, gli eventi atmosferici estremi aggravano il tutto; ma non è la natura a vendicarsi, come afferma qualche giornalista, è questa forma sociale che mette a repentaglio la vita umana.