Sebbene sia un errore considerare il sindacato alla stessa stregua degli altri organi statali come il parlamento, l’esercito, la polizia, la magistratura, dove il conflitto di classe non può affatto esprimersi, non si può obiettivamente, dal punto di vista pratico, pensare di rovesciare la funzione corporativa del sindacato, scaturita dalla vittoria storica del fascismo.
Perciò il problema non si rappresenta nella forma dell’organizzazione economica del proletariato ma nel rapporto di forza tra proletariato e borghesia in una certa situazione. Sono d'accordo che pensare di costituire un altro sindacato, magari di classe, in questo periodo, equivale a un atto di volontarismo puro, ma credo che sia altrettanto velleitario pensare di poter lavorare impunemente in questi sindacati. Non dico che sia impossibile in certi casi riscuotere la fiducia dei lavoratori e anche dirigere scioperi importanti, ma sapete meglio di me, perché vi è successo più volte, che prima ancora di avere una qualche influenza, vi buttano fuori, vi espellono, in certi casi creando contro di voi delle montature pazzesche (come a Ivrea, negli anni '70).
L'argomentazione è robusta, ma pecca di mancanza di alternative o prevede alternative solo apparenti. Gli organismi immediati non si possono creare ma neppure distruggere a nostro piacimento, specie quelli che, come ribadisci, la storia del Capitale ci ha propinato e ha consolidato nel tempo quando ha constatato che funzionano benissimo in sua difesa. Gli organismi immediati hanno bisogno, per nascere, di spinte reali, di bisogni concreti che portano a loro volta al bisogno di organizzarsi per soddisfarli. Si tratta, come sempre, di questioni di forza e non di forma. I sindacati di quest'epoca sono l'espressione di un bisogno reale, solo che è un bisogno della classe avversaria.
Del resto neppure i vari organismi sindacali "alternativi" sono un’espressione di spinte reali da parte del proletariato, sono nati tutti a tavolino, partoriti da correnti sindacali o da gruppi politici, quando non siano specifici organi di gilda, di corporazione, come in certi settori specializzati. Di fronte a questa polverizzazione anarcoide il vecchio monopolio stalinista faceva un figurone di coerenza; menava cazzotti ai comunisti nelle assemblee, ma almeno doveva presentare una contraddittoria facciata in difesa di elementari condizioni di vita nelle fabbriche. Oggi anche gli alternativi si riempiono la testa di normative e questioni di principio sorvolando sul fatto che quel che conta si riduce a tre punti: l'orario reale, il salario reale e le condizioni di lavoro. Tutto il resto è pane per l'avversario.
In queste condizioni una discussione sulle alternative sarebbe del tutto accademica, perché la questione della forza, isolata dal contesto sociale, non permette di stabilire una soluzione: se si ha la forza di costituire un sindacato nuovo, si ha, allo stesso titolo, la forza per conquistare quello che c'è.
E' vero che spesso ci hanno buttato fuori, e non sempre con garbo. Ma il risultato che hanno ottenuto è stato del tutto effimero: i militanti espulsi sono stati sostituiti da altri o anche rieletti dagli stessi operai. Indipendentemente dalle nostre vicende, in tutte le organizzazioni il ricambio dei militanti nel tempo è sempre stato fisiologico e riguarda migliaia di lavoratori mentre qualsiasi espulsione può toccarne solo pochi.
(Doppia direzione pubblicata sulla rivista n° 0 - maggio 2000.)