Appunti sul Quaderno "La dottrina dei modi di produzione" (2)

2 – Le suggestive lezioni della grande storia della razza cinese

Scenario per 4 millenni

La Cina è un palcoscenico immenso sul quale agisce uno stesso attore (dal punto di vista etnografico, nazionale, statale, dotato di una lingua e scrittura e civiltà millenaria); essa ha la stessa vastità e contiene la stessa popolazione dell'intera Europa.

I suoi territori rivolti ad Est ed a Sud sono bagnati dal mare: non dall'Oceano Pacifico, ma da mari 'mediteranei' che la separano dal Giappone e dell'Indonesia. A Nord e ad Ovest la parte centrale del paese è circondata da alte terre continentali che si congiungono con la catena dell'Himalaya. La pianura centrale era un tempo un mare interno riempito dai fanghi trasportati dalle montagne dallo Yang-tze kiang (Fiume Azzurro), a Sud, e dallo Hoang-ho (Fiume Giallo), a Nord.

È lungo il corso di fiumi del genere, sfocianti nei 'mediterranei' (vedi Po, Tevere, Nilo) e che prima causano la formazione di pianure fertili, che si insediano 'civiltà storiche' che le utilizzano per le necessità della vita produttiva.

La storia del popolo cinese – e ne ha lasciato tradizione orale e scritta – è la storia della grande bonifica delle terre fra i due grandi fiumi, e della lotta per arginare le loro rive e dominare la forza delle loro acque, la cui profondità ha permesso una millenaria tradizione di navigazione interna.

Le forme sociali preistoriche

Si può cominciare una serie di dinastie cinesi a partire dal 2697 al 2205, mentre da questa data al 222 si succedono le tre dinastie Haia, Sciang e Chou. Va stabilito in ogni caso che non è stata quella monarchica la prima forma di organizzazione sociale, anche se i testi antichi attribuiscono a re ed imperatori la 'invenzione' della semina, dell'aratura, quindi dell'agricoltura stabile, dell'arginatura dei fiumi, della bonifica idraulica, ecc..

Questa attribuzione a nomi di re ed imperatori non è che la sovrastruttura sotto cui epoche posteriori presentarono le tradizioni di forme più antiche che permisero l'iniziale sviluppo delle capacità tecniche e produttive.

Nei tempi più antichi si osserva il fissarsi di gruppi umani nomadi lungo le valli dello Yang-tze kiang dello Hoang-ho: insediamenti che precedono quelli avvenuti lungo le valli dei fiumi mesopotamici, del Nilo, del Giordano, ecc..

La prima forma di aggregazione umana è l'orda vagante; i suoi mezzi di sussistenza sono caccia, pesca, raccolta di frutti spontanei della vegetazione: cosa che le impedisce la stanzialità. Successivamente l'orda impara a conservare e mettere a riserva i prodotti e quindi la scoperta dei carriaggi per il loro più facile trasporto. Il gregge, comunque, è la vera scorta di viveri dell'orda nomade.

La distinzione fra la fertile pianura cinese e la circostante Asia è che nella prima vi erano già tribù stanziali che avevano imparato a coltivare il suolo, quando ancora per millenni nella seconda vagano orde incapaci di fissarsi su un'area precisa e che spesso vivono di razzie nei confronti delle popolazioni fisse. Abbiamo qui il passaggio da cacciatori di animali a cacciatori di uomini di altre tribù, sia nomadi che fisse: cacciatori di uomini con una precisa organizzazione, allo stesso modo che i stanziali devono imparare ad organizzarsi in forme armate specifiche per difendere la stabilità dei propri territori.

Le vestigia del primissimo comunismo

Nella concezione marxista l'Asia è la madre del comunismo primitivo – del quale tracce si sono conservate fino a tempi recenti, più in India che in Cina – dove il soggetto è il clan, la tribù autosufficiente e autoriproducentesi. Osserviamo la forma comunista nel caso della tribù nomade o dell'orda: qui i prodotti della caccia e della raccolta sono comuni.

La prima forma di proprietà individuale-familiare che appare presso i nomadi Sciti è il carro trainato: vera e propria abitazione semovente. In questo senso, la proprietà della casa è più antica di quella della terra agraria. Comunque è teorema del marxismo che la proprietà personale sia dell'abitazione che della terra è un risultato dell'evoluzione storica già matura tecnologicamente e quindi non è un fatto e dato naturale originale.

Presso la forma stabile tribale, l'unità è costituita dal villaggio con la terra lavorata in comune e con comune consumo dei prodotti. I lavori di controllo e solidificazione degli argini dei grandi fiumi fa pensare ad una organizzazione più complessa di villaggi. È a partire dalla esistenza di questo insieme di villaggi che si comincerà a parlare di forme signorili e monarchiche.

Nel corso della sua storia il villaggio perde pian piano la sua organizzazione comunistica, pur non caratterizzandosi ancora la forma successiva della divisione in classi sociali.

La terra viene spartita, prima periodicamente poi in forma fissa, alle singole famiglie che la lavorano e ne godono dei prodotti. Qui, l'uomo non è ancora separato dai propri strumenti di lavoro e terra, animali, sementi, concimi, utensili, sono un 'prolungamento' dell'uomo che lavora e produce, sia pure non nella forma dell'originaria tribù in cui, non essendo ancora individualizzata nemmeno la consanguineità familiare, tutto l'uomo-tribù – remoto esempio originario dell'uomo-società di domani – ha come suo prolungamento tutta la terra e tutti i suoi prodotti.

In Asia, prima che il villaggio smembri in lotti personali la comunanza della terra, tutelati da una potente organizzazione statale, sorge una forma caratteristica in India: si assiste alla presenza di un capo territoriale, dotato di una precisa forza armata, che obbliga i villaggi a farsi suoi tributari in prodotti prima, e denaro successivamente. Si forma così un sistema di staterelli che periodicamente si assoggettano in regni più estesi.

Questa forma asiatica tipica differisce dalla schiavitù delle società classiche, come differisce dalla servitù feudale del Medioevo europeo. Le grandi imprese statali, le opere pubbliche, i grandi monumenti, sono realizzati da masse di prigionieri di guerra schiavizzati

Periodo dell'antico feudalesimo aristocratico

È questo il periodo della terza dinastia Chou (1122-221 a.C.), paragonabile al feudalesimo germanico alla caduta dell'impero romano, in quanto debole centralmente e con dominazione provinciale dei nobili.

Questo periodo Chou è dominato da continue lotte fra poteri locali e famiglie rivali; l'ultima sua parte (403-221) a.C. è detto 'dei Regni combattenti' perché alcune dinastie centrali – che hanno sottomesso poteri locali – combattono, con continue stragi di prigionieri e delle popolazioni civili durante i saccheggi, per il potere centrale. Nell'arte militare vi è l'introduzione della cavalleria e di truppe mercenarie. Tutto ciò è descritto in una letteratura fiorente i cui grandi autori Confucio e Lao-Tsu rappresentano la critica alle ingiustizie sociali del tempo e, dunque, la sovrastruttura della reazione di classe del contadiname, nonché dei piccoli artigiani e commercianti.

In Lao-Tsu si può vedere la rivendicazione di un ritorno a forme antiche comunistiche. Confucio può essere considerato il classico riformatore che indica la necessità di uscire dallo stato del 'bella omnium contra omnes' attraverso l'instaurazione di una disciplina morale centrale che si avvalga della saggezza e non della violenza.

Nascita dello Stato amministrativo

La soluzione della crisi viene con la vittoria della dinastia Ts'in, o Ch'in (da ciò il nome Cina), che aveva guidato una grande migrazione dalle regioni centrali del paese verso il nord-ovest, respingendo la pressione delle popolazioni mongole.

Si data al 207 a.C. la definitiva vittoria dei Ch'in contro tutti i rimanenti Regni combattenti e da questo momento comincia non solo la reale unificazione territoriale, ma la costituzione di uno Stato centrale radicalmente nuova. Ogni localismo, caratterizzato da signorotti indipendenti, viene soppresso ed al suo posto si insediano funzionari che rappresentano il potere centrale.

Si tratta di una vera e propria rivoluzione in funzione di uno Stato centralizzato – con la sua doppia rete civile e militare – che, 2200 anni fa, anticipa quelle europee del 1600 e 1700 (Cheng-Huang-ti, primo imperatore della dinastia Ch'in, è così paragonabile al francese Luigi XIV). Il territorio di divide in province, queste in distretti, e ognuna ripete la doppia rete centrale.

La nuova dinastia unifica definitivamente il territorio cinese non solo respingendo tutti i tentativi di popolazioni straniere, ma annettendone di nuovi e ponendo tutto un sistema di grandiose barriere difensive: viene ricordata anche per la costruzione della 'Grande Muraglia'.

Col nuovo Stato centralizzato scompare ogni forma di coltivazione in comune della terra e questa viene divisa fra le varie famiglie. Non si sa se la spartizione fu equa, anche se le cronache del tempo parlano di abolizione di ogni nobiltà ereditaria. Nello stesso tempo vi è tutto un complesso di riforme che riguardano lingua, scrittura, pesi e misure, norme commerciali, legislazione, che vede l'assoluto controllo, su tutti gli aspetti della vita del paese, da parte dello Stato centrale.

Ciò porta ad una grandiosa impalcatura burocratica (si parla così di feudalesimo burocratico) che per reggersi ha bisogno di un oneroso sistema di sfruttamento e di tasse che vede salire il malcontento al punto che gli stessi confuciani elevano le più vive proteste.

Già il secondo Huang-ti viene assassinato in una insurrezione.

Ma ciò non porta ad alcuna rivoluzione: tutto si risolve in un più o meno lungo mutamento dinastico, perché rimasero i principi dello Stato unitario onnipotente, malgrado la cronica corruzzione dei suoi mandarini.

Abbiamo, dunque già due secoli prima di Cristo, la costituzione di uno Stato centralizzato che pesa sullo sfruttamento delle classi lavoratrici e malato di elefantiasi burocratica, e che solo certi critici del marxismo pretendono di averla scoperta come contenuto del capitalismo di Stato della Russia d'oggi.

Alterne vicende dell'impero unitario

Dal 221 a.C. al recente 1911, al di là di crisi dinastiche e di unità territoriale, vi è una originale continuità di questa forma dello Stato in Cina.

Dal VII al IX secolo domina la dinastia dei Tang che conquista il Turkestan, ristabilendo così la via della seta e rompendo l'isolamento dal mondo occidentale che vedeva ora la crisi dell'impero bizantino. Intorno al mille regna la dinastia dei Sung, e nei secoli XIII e XIV regna la dinastia mongola dei Khan.

Dal 1368 al 1643 domina la dinastia Ming che abbatte i Khan grazie ad una vera rivoluzione nazionale. Si apre per la Cina un nuovo periodo di sviluppo delle industrie e dei commerci, nonché dell'agricoltura. Costume pubblico, sapienza, arte, hanno uno sviluppo tale che al suo confronto l'Europa del tempo può contrapporre solo la più crassa ignoranza. L'arte dei tessuti, ceramica, porcellana – nonché lo sviluppo della meccanica – è ammirata da ogni viaggiatore straniero. Vi è una fiorente economia manifatturiera con grande sviluppo del commercio interno, favorito da canali colleganti i grandi fiumi; a ciò si unisce un notevole commercio con l'estero, fino all'Africa, grazie allo sviluppo di una notevole capacità di navigazione sul mare.

I Ming tentarono pure l'avventura di estendere i possedimenti cinesi oltre la Grande Muraglia, cercando di assoggettare i territori che furono di Gengis Khan e Tamerlano, nel tentativo, sconfitto, di dar vita al sogno di uno Stato pan-asiatico.

Posto fine a tale tentativo, i Ming si dedicarono allo sviluppo della tradizione nazionale, supportando il confucianesimo e opponendosi al buddismo che tentava di penetrare dall'India e, avendo aperte le porte ai mercanti europei, non contrastando il cristianesimo.

La fine della dinastia Ming (verso il 1644), vede subentrare i Manciù, originari del Nord-Est, sulle rive del Mar del Giappone. Questa dinastia venne assorbita dalla più antica civiltà cinese. Essa durò fino agli inizi del XX secolo con le sue forme militari le cui guarnigioni, acquartierate separatamente dai centri civili, avevano l'aspetto di truppe di occupazione.

La struttura amministrativa dello Stato conservava sempre la fisionomia dell'elenfatiasi burocratica e, di fronte alla sempre maggiore pressione del capitalismo occidentale, sembrava volersi nascondere di fronte alle crescenti tensioni sociali.

Fine storica dell'isolazionismo cinese

Quanto maggiore la stabilità della storica società cinese, tanto maggiore deve essere stato lo sforzo affinché le forze rivoluzionarie riuscissero a liberare le proprie energia verso il superamento della decrepita società agrario-burocratica e, sulle macerie dell'asfittico Stato Manciù, ad arrivare a costituirsi nelle forme del moderno Stato cinese, nella forma della Repubblica popolare fondata del 1949.

Quello che colpisce di più è la stretta relazione fra i grandiosi avvenimenti rivoluzionari della storia cinese con lo sviluppo degli eventi mondiali dell'intero pianeta. Non a caso la Cina moderna diviene il terreno comune su cui si affrontano la rivoluzione nazionale, la rivoluzione socialista e la guerra imperialista.

Queste le fasi principali del grande concatenamento di avvenimenti:

Guerra dell'oppio e rivolta dei Tai-Ping.

L'attacco imperialista di Inghilterra e Francia mira a rimuovere un ostacolo che si oppone reazionariamente al monopolio commerciale capitalista: ostacolo che è dato dallo isolazionismo cinese che alla fine non può resistere ad una potenza storica in pieno sviluppo e che quindi sarà costretto a dare libero accesso dei propri porti. La Cina è costretta – dopo tre guerre dell'oppio (1840-44, 1857-58, 1857-60) – ad accettare il commercio dell'oppio prodotto in India e, oltre i danni fisiologici alla propria popolazione, a subire la paurosa fuga all'estero del proprio argento.

Le guerre dell'oppio provocano profonde crisi sociali che lo Stato cinese fatica sempre più ad arginare. L'imperialismo, sotto l'ipocrita scusa di portare la civiltà occidentale, getta questo grande paese allo stato di semicolonia, impedendo allo stesso tempo il completo sviluppo di un autoctono capitalismo.

Tutto ciò tende a portare sul terreno della radicale lotta sociale i contadini, la piccola borghesia ed il proletariato nascente.

L'era rivoluzionaria moderna si apre in Cina con la rivolta dei Tai-Ping (1848-1865) e può paragonarsi alla rivolta dei contadini tedeschi del 1525. Più fortunati di questi, i Tai-Ping riuscirono a fondare uno Stato che durò dal 1851 al 1865, con capitale a Nanchino. Pure con la loro sconfitta essi contribuirono alla sconfitta della monarchia cinese, perché questa, pur di salvarsi dalle insurrezioni interne, si spinse a legarsi sempre più con l'imperialismo straniero, particolarmente anglo-francese. Ormai appare chiaro che la vittoria della rivoluzione democratica dovrà combattere la coalizione feudale imperialistica.

Il periodo della rottura del segregazionismo della Cina si chiude con la guerra cino-giapponese del 1894-95 e per questo grande paese non rimane altro che la strada verso il livello storico dei moderni paesi capitalistici. Finito lo slancio insurrezionale dei Tai-ping, la borghesia tenta la via delle riforme 'dall'alto', attraverso il partito dei riformatori capeggiato da Kang Yu-Wei, che si illude di poter 'illuminare' l'imperatore. La reazione della corte e dell'esercito spazzerà ogni illusione legalitaria e mostrerà come la Cina non potrà sottrarsi alla chirurgia della rivoluzione sociale.

Scoppio della rivoluzione borghese. La prima rivoluzione (1900-1912).

La rivolta dei Boxers (1900) assume carattere di sovvertimento sociale interno e di lotta nazionale contro lo straniero.

Agli inizi del secolo già cominciano a prendere forma i primi elementi di un nascente capitalismo con le sue due classi fondamentali: borghesia e proletariato. Nasce la Lega rivoluzionaria di Sun Yat-sen che nel 1911, dopo che una rivoluzione scaccerà la dinastia Manciù, verrà eletto presidente della Repubblica. Tale rivoluzione rimarrà'incompiuta' dal momento che l'esercito si impadronirà del potere e spezzerà in varie satrapie militari l'antica unità dello Stato cinese. Ma il terreno è ormai maturo affinché altri movimenti rivoluzionari spingano a soluzione il problema della rivoluzione democratica cinese.

Gli anni della reazione militarista (1912-1919).

È il periodo dei 'Signori della guerra': generali di professione, sempre pronti a farsi comprare dalle diverse potenze imperialiste, che si disputano il potere. Questa reazione militarista è 'maestra' di rivoluzione: le forze rivoluzionarie sconfitte devono rivedere i loro errori e migliorare la loro preparazione.

La ripresa rivoluzionaria (1919-1925).

Due fatti che stanno in rapporto di causa/effetto: la involuzione dell'Internazionale comunista e la presa di coscienza delle proprie finalità da parte della borghesia cinese. Venendo meno alle direttive del II congresso, l'I.C. indirizza su una strada opportunista il rapporto fra il PCC ed il Kuomintang.

Serie delle guerre civili interne. La prima guerra civile rivoluzionaria (1925-1927).

Alleanza fra PCC e KMT contro i militaristi del Nord. Aprile 1927: la spedizione si conclude vittoriosamente con la conquista di Nanchino, ma subito dopo il KMT lancia le sue forze contro i comunisti provocando enormi massacri soprattutto a Shanghai, Wuhan, Canton.

Lo stalinismo parlerà di tradimento del KMT, ma se di 'tradimento' si deve parlare esso va attribuito all'I.C. stessa che ha costretto il PCC – con l'opposizione di una sua ala sinistra – di sacrificare il programma della 'doppia rivoluzione'. Questo porterà a sacrificare lo stesso obbiettivo della rivoluzione democratica, perché il KMT, preoccupato della guerra partigiana intrapresa dal PCC, si darà ad una politica di patteggiamenti con lo stesso imperialismo straniero.

La seconda guerra civile. Il conflitto tra PCC e il KMT (1927-1937).

Inizia la lotta armata fra PCC e KMT che durerà fino allo scoppio del secondo conflitto cino-giapponese (luglio 1937).

Il conflitto con KMT non serve a portare il PCC sulle originarie posizioni del II congresso dell'I.C.: il partito ormai è completamente stalinizzato sotto la corrente di Mao tse-dun il cui obbiettivo finale è la Repubblica Popolare fondata sul 'blocco delle quattro classi'.

Ritirandosi di fronte alle forze del KMT, il PCC dà vita a quella che passa alla storia come la 'lunga marcia' durante la quale costituisce delle sacche militari territoriali definite 'regioni sovietiche'.

Gli anni della rinnovata collaborazione tra PCC e KMT nella guerra antigiapponese (1937-1945).

Dopo l'attacco giapponese alla Manciuria e la costituzione del Manciu-kuò (1932-33), Il PCC propone un fronte unito al KMT contro l'occupazione giapponese, cambia la propria denominazione da Armata rossa in Esercito rivoluzionario nazionale e fa proprio definitivamente un programma esclusivamente nazionale e democratico.

Mentre il PCC rimane fedele a tale programma, il KMT conduce il doppio gioco e non esita a sferrare attacchi contro le forze di Mao, spesso in collegamento con le truppe giapponesi (1939, 40, 41), dichiarando formalmente guerra a quest'ultimo solo dopo l'attacco a Pearl Harbour.

Alla resa del Giappone (agosto 1945), con intermediazione americana, un comunicato comune sancisce l'accordo fra PCC e KMT.

La terza guerra civile e la fondazione della repubblica popolare (1946-1949).

Rottura dell'accorso. Dopo un successo iniziale, il KMT subisce una continua serie di sconfitte fino alla caduta finale. Il 21-30 settembre viene proclamata a Pechino la Repubblica Popolare.

Ciang-Kai-scek fugge a Formosa sotto protezione americana.

Bilancio ad alto potenziale

Lo sguardo veloce alla storia millenaria cinese dimostra che i suoi rapporti sociali sono ora allo stato fluido ed agitati da ondate di trasformazione, accelerate dalle imperiali piraterie del civilissimo e democratico mondo capitalistico, giunto ad addentare la ricca 'pagnotta' cinese.

Le reazioni che, particolarmente nell'ultimo secolo, si producono all'interno sono state di una intensità ben superiore a quanto registrato all'interno della razza bianca, anche se le masse – nonostante gli enormi massacri che periodicamente si susseguono – si lasciano mobilitare come greggi passivi.

Critici andati a male coloro che negano funzione storica alle masse cinesi (e dell'Asia intera) la cui unica possibilità sarebbe quella di attendere la rottura del fronte sociale nei paesi capitalistici avanzati.

Ritardi millenari dell'Asia,

Dal tempo della sconfitta dell'Ottobre, il fatto rivoluzionario è dato dalla rottura dell'immobilismo asiatico.

Nella descrizione delle comunità di villaggio in India, Marx osserva che la divisione del lavoro che qui si attua è tale che non ha bisogno di alcuna autorità. Le operazioni sono così semplici che si riproducono sempre nella stessa forma e quando, per qualche ragione, vengono distrutte esse si ricostituiscono nella stessa forma. Ciò spiega l'immutabilità di tali società asiatiche che contrasta con la dissoluzione e ricostituzione delle dinastie al potere. La struttura degli elementi economici della società rimane intatta dalle bufere che si scatenano sul piano politico.

Anche là, come in Cina – dopo che la terra non viene più coltivata collettivamente e gradatamente si sviluppa la proprietà privata – dove i contadini finiscono sotto le sgrinfie degli aristocratici terrieri o del fisco della burocrazia statale, ci sono sì periodicamente delle grosse rivolte, ma alla fine tutto ritorna nella stagnazione precedente.

Citando da Stalin del 'marxista di razza pura' Trotsky – il quale affermava che i contadini non possono prendere il potere per se stessi, ma al massimo muoversi al seguito delle classi urbane: ieri la borghesia, oggi il proletariato – si legge che nella Cina vi furono nel corso dei millenni sicuramente delle rivoluzioni, ma ciò condusse ogni volta ad una dinastia 'contadina' e ad una nuova ridistribuzione delle terre. Ed osservando che, in Europa, ogni insurrezione vittoriosa dei contadini portava al potere un partito urbano radicale, egli conclude: "Più precisamente ogni insurrezione contadina si dimostrava vittoriosa solo nella misura in cui ciò rafforzava la posizione del settore più rivoluzionario della popolazione urbana. Quindi nella Russia borghese del ventesimo secolo una presa del potere da parte dei contadini era fuori di questione".

Nella rivoluzione incompiuta del 1911 prevalse il partito borghese di Sun Yat-sen. L'ondata successiva vedrà la scesa in campo del giovane proletariato industriale che verrà travolto anche grazie alle vicende russe del primo dopo-guerra

Ritardo secolare dell'Europa

Mentre la Cina guadagnava mille anni, l'Europa ne perdeva vergognosamente un centinaio, col rischio di annullare quel poderoso balzo dei popoli d'oltre mare. Le sue borghesie, compiute le proprie rivoluzioni, tentarono di fermare l'ulteriore moto storico con due guerre mondiali.

Dopo la prima, vi fu l'Ottobre in Russia che sembrò incendiare il mondo con l'ondata della rivoluzione comunista. Sconfitta l'I.C. e fermatasi la Russia alla fase borghese della doppia rivoluzione, il proletariato mondiale fu incanalato verso un programma nazionale-populista che lo porterà ad abbracciare gli interessi della borghesia, del suo Stato parlamentare.

La funzione dello stalinismo è stata quella di 'asiatizzare' il proletariato europeo, ovvero bloccarne ogni moto spontaneo contro il capitalismo ed immobilizzarlo in esso, come le masse asiatiche sono stata immobilizzate per secoli nella forma dispotico-feudale.

Ma l'Asia non è più lì ferma, essa fermenta e combatte. Onore all'Asia, onta all'Europa.

Via unica mondiale della controrivoluzione

L'insegnamento che arriva dalla Cina del XX secolo è lo stesso che ha dato l'Europa nel secolo precedente: di fronte alla rivoluzione, il proletariato non deve aspettarsi alcun aiuto dalle 'classi urbane di sinistra'.

Nella costruzione marxista rimane invariante la posizione 'antigiacobina' dell'imperialismo mondiale. L'Inghilterra e la Francia liberali, di fronte alla possibilità della rivoluzione in Cina, non hanno dubbi nel difendere i loro interessi commerciali e dunque schierarsi a fianco della dinastia feudale.

Nel sollevamento del 1831 in Francia si osserva un 'blocco delle quattro classi' – sorta di anticipazione della storia cinese di un secolo dopo – per proclamare una monarchia costituzionale, ma quando il proletariato chiede la proclamazione della repubblica, tutti gli si rivoltano contro, e la sua richiesta soffocata nel sangue. Nel 1848 si ripete la storia: ogni tentativo di radicalizzare lo scontro, vede gli alleati del proletariato trasformarsi nei peggiori assassini. Il 1871 vede borghesi grandi e piccoli stringere patti con i Prussiani fermi alle porte di Parigi, al fine di poter schiacciare la Comune.

Tre volte in Europa si è perduta la battaglia dopo aver tentato di giocare la carta della 'sinistra urbana'. Allo stesso modo, tre volte hanno tentato il gioco i comunisti in Cina ed hanno perso.

In Cina, hanno perso nel 1927 dopo che l'I.C., ormai stalinizzata, ha distrutto l'indipendenza programmatica ed organizzativa del PCC mettendolo in balia dello stesso Kuomintang che represse ferocemente le forze del PCC nei maggiori centri del paese. Il Kuomintang può benissimo essere paragonato alla scuola dei Thiers di Versailles: sempre disposti a patteggiare con l'imperialismo pur di evitare il radicalismo del proletariato.

Alla fine il Kuomintang viene sconfitto dal PCC di Mao, ma solo per attuare il programma suo e di Sun Yat-sen e che chiamerà socialismo il processo di accumulazione originaria del capitale.

Ciò indica storicamente che la via della controrivoluzione non è nazionale ma internazionale. Dialetticamente questo ci insegna che anche la strada della rivoluzione è unica nel mondo: il proletariato ed il suo partito comunista avranno sempre contro tutte le altre classi sociali – di 'destra' come di 'sinistra'. E questo dovrà essere annunziato e sostenuto nelle proclamazioni del partito comunista anche nei tempi in cui si rovesciano quelle classi, perché 'corrano la loro frazione', lungo la china tormentata della storia.

3 – Conclusione

Programma mondiale della forma rivoluzionaria comunista

Sulla base degli insegnamenti di Marx e di Lenin, la chiave di lettura per la comprensione di ogni forma sociale passata e futura la ricaviamo dalla condanna della presente forma salariale mercantile, ossia capitalistica. Da ciò ricaviamo la nostra rivendicazione dell'uomo-specie, uomo-comunità.

Contro ogni banale definizione del socialismo che vorrebbe condannare il capitalismo in quanto 'appropriazione' privata, la nostra dottrina vede nel socialismo la distruzione del capitalismo in quanto 'espropriazione' di tutta l'umanità dalle sue condizioni umane di legame oggettivo con la natura che, nella società capitalistica, si contrappone all'uomo come elemento estraneo, come nemico.

Il socialismo dunque non ha nulla a che vedere con la visione banale della rivoluzione come cacciata di usurpatori che abbiano peccato contro una specie di Spirito Santo, intendendo dunque ripristinare una sorta di 'onesta appropriazione' (sindacale, aziendale, comunale o statale del capitale) sulla base di una … degenerata appropriazione privata personale.

Serie delle forme: Europa

Primo comunismo tribale. Ogni membro è proprietario e comproprietario rispetto a tutte le condizioni del lavoro: la proprietà è suo prolungamento, come lo strumento della produzione lo è della sua mano prensile.

Seconda forma tribale. La forma proprietà resta comune a tutti, il possesso nei singoli. Formazione della famiglia dal matri-monio di gruppo.

Forma classica romana. La terra della comunità è divisa fra le famiglie; una parte (ager publicus) resta alla comunità. Al centro vi è la comunità-Stato dove il proprietario cittadino è anche soldato.

Se nelle forme primordiali lo scontro fra comunità portava alla eliminazione fisica dello sconfitto, con la forma romana sorge la schiavitù e, con la spartizione delle terre conquistate, vi sarà spartizione pure dei prigionieri. Sorgono le classi dei patrizi e dei plebei. Ambedue sono liberi, ossia possono godere della proprietà di schiavi i quali sono considerati parte oggettiva delle condizioni del lavoro del libero, quindi difesi dal loro padrone.

Forma germanica. Lo Stato non è accentrato e i capifamiglia si ritrovano periodicamente per la ridivisione delle terre. All'inizio, anche qui compare la forma dello schiavo, ma forse solo al servizio dei condottieri. Più tardi compare il servaggio, che inizialmente nasce dalla divisione consensuale di compiti sociali.

La sintesi è che in tutte queste forme il lavoratore non è diviso dalle condizioni del suo lavoro. A queste succederà il capitalismo che ha, esso stesso, vita transitoria e che, unica fra le forme, possiede la caratteristica di aver staccato completamente il lavoratore dalle condizioni del proprio lavoro.

Serie delle forme: Asia

Dato che il marxismo è prodotto non solo del capitalismo ma di tutta la storia dell'umanità giunta fino ad oggi, il contenuto della sua dottrina permette di leggere sia la serie europea quanto quella asiatica: questa ci permette di vedere la formazione anticipata di un potere centrale sovrapposto a tutte le tribù, dovute soprattutto alle condizioni del terreno (grandi inondazioni, movimenti tellurici, carestie, ecc.) che costringeva all'accentramento degli sforzi e dunque alla formazione di una unità centrale (Stato, gerarchie, ecc.) di difesa dell'insieme delle comunità-tribù.

Sorge la libera proprietà contadina, la schiavitù ed il servaggio. Qui lo schiavo è soprattutto proprietà dello Stato, rappresentato dal Despota (dal 'patriarca': da qui la definizione di forma asiatica patriarcale).

Prima che in Europa, nella serie asiatica appare la città col suo artigianato urbano; oltre a ciò appare moneta, mercato interno ed anche internazionale. Prima che in Europa appaiono gli strati degli intellettuali e dei 'colti', mentre ritarda il fecondo 'lancio di sassi' della classe manuale, che in Europa già con Babeuf mette nella storia la Forza contro la Ragione.

Unica via mondiale della dittatura antimercantile

Qui non è stata ricordata la forma slava: anello di congiunzione fra la asiatica e quella europea.

Si ricorda che se vi fosse stata feconda unione fra l'Ottobre '17 e le lotte in Cina degli anni '20, i proletari – ed il mondo intero – avrebbe avuto da perdere solo le proprie catene. Ma le tesi Lenin e dell'Internazionale furono abbandonate, lo scontro supremo fu perduto e la storia dovrà riproporlo domani.

Non dovrà essere dubbio allora, se si saprà saputo vincere la battaglia della teoria, che descrivere il capitalismo nella sua profonda essenza come separazione del lavoratore dalle condizioni del lavoro non significa inserire in una scienza passiva una fredda definizione, ma lanciare la consegna incendiaria per la lotta distruttiva del sistema capitalista. La dittatura proletaria rivoluzionaria dovrà avere un solo bersaglio: il nefando meccanismo mercantile e monetario.

Al di là delle gravi sconfitte subite nel passato, lo scontro si riproporrà al proletariato mondiale nell'immancabile futuro ciclo che vedrà fuse 'razze' bianche e colorate su una piena sintonia, data dall'aderire alle Tavole programmatiche fondamentali dettate più di un secolo fa dal lavoro di Marx-Engels.

Appendice - Peculiarità dell'evoluzione storica cinese

Continuità etnica dello Stato

In Europa, lo Stato non ha conservato nel mutare delle sue forme che una medesima base razziale, anche se a questa non si è accompagnata la continuità nazionale. Infatti, nelle stesse sedi si sono avvicendate nazioni diverse: nomadi che scacciano, o assorbono, popolazioni autoctone, ecc.. Le nazioni sorgono e periscono, mentre la razza rimane.

La storia delle Americhe presenta caratteri ancora più drastici: con la conquista di spagnoli al Centro-Sud, e francesi ed inglesi al Nord, non solo scompaiono le varie nazioni locali, ma scompare nello stesso tempo la razza.

L'Africa e l'Asia rappresentano un caso intermedio. A differenza dell'America, nella maggioranza dei casi, le nazioni di questi due continenti stanno ora ricostituendosi sull'antica base razziale.

La Cina è l'unico caso storico in cui sede geografica, razza, nazione e Stato abbiano, dalla preistoria ad oggi, coinciso attraverso parecchi millenni. Le stesse dinastie mongole e mancesi riuscirono solo temporaneamente ad impossessarsi del potere dello Stato, per essere ben presto ingoiate dall'immenso oceano fisiologico della nazione.

Due i fattori essenziali della plurimillenaria sedentarietà della nazione cinese: 1) la estrema fertilità della grande pianura cinese, e 2) i suoi confini naturali difesi da ostacoli invalicabili.

Precocità del feudalesimo

Con la dinastia Ts'in (III secolo a.C.) avviene il trapasso dal feudalesimo aristocratico al feudalesimo di Stato, con la soppressione dello spezzettamento del potere politico e la formazione di uno Stato fortemente centralizzato. In Cina, quando l'ultima dinastia C'ing fu spazzata dalla rivoluzione del 1911, lo Stato unitario era vecchio di secoli e non esisteva ombra di aristocrazia terriera.

Benché le prime dinastie cinesi si sviluppino dal XXII al XI secolo a.C., la civiltà cinese sorge più tardi di quelle Mediterranee, ma perviene prima di esse alla fase storica delfeudalesimo, saltando quella dello schiavismo. È dal III secolo d.C. che si permette la compra-vendita dei bambini delle famiglie povere che diventano addetti ai servizi domestici delle famiglie ricche: questo, comunque, non è caratteristico del modo di produzione sociale che si basa sulla 'accomandata' servile.

In ogni caso, lo schiavismo che caratterizzava le società dell'Europa antica era frutto della guerra: i vinti diventavano schiavi del vincitore e le loro terre sua proprietà. La società cinese può saltare questa fase, perché non ha il bisogno di assoggettare nuove terre e quindi rendere in schiavitù le sue popolazioni. La società cinese può vivere in un relativo isolamento grazie ai due fattori fondamentali già ricordati: 1) la grande estensione delle sue pianure centrali rese fertili dai due grandi fiumi (Giallo ed Azzurro) e 2) grandi difese naturali da aggressioni altrui.

Diversamente che in Europa, che vede gli uomini legati al proprio piccolo feudo e alla propria 'zolla' (gleba), e dove il feudalesimo rappresenta una fase di stagnazione dell'attività umana e che dovrà aspettare il rinascimento per la fioritura di arti e scienze, in Cina il feudalesimo favorisce il progresso intellettuale: si veda lo splendido periodo Ming, 1368-1643, che vede l'apogeo del feudalesimo di stato con la soppressione di ogni particolarismo aristocratico.

Il centralismo statale, la cancellazione delle frontiere interne, lo sviluppo di una grande navigazione fluviale, porta alla formazione di un fiorente mercato interno e dunque ad un fecondo intreccio di relazioni sociali.

Schizzo del trapasso dal feudalesimo aristocratico al feudalesimo di Stato

Verso il XV secolo, dato l'aumento della popolazione stanziata nel bacino del Fiume Giallo – aumento causato dallo sviluppo delle tecniche produttive –, occuparono l'odierno Shen-si e, verso il mare, lo Shantung.

Probabilmente è in tale periodo che si forma un'aristocrazia militare, in seguito trasformatasi in aristocrazia terriera. Nell'XI secolo dominò la dinastia Ciù che esercita il potere in forma indiretta, in quanto lo Stato è organizzato nelle forme del feudalesimo aristocratico. La piramide sociale è data da tre strati: in basso, alla base, i servi della gleba, piccoli coltivatori, ceti urbani; al vertice, la corte imperiale (con alla testa il 'Figlio del Cielo') con la sua piccola burocrazia, che dipende dai vassalli per ciò che riguarda l'alimentazione della finanza statale e per le truppe militari; nel mezzo la casta dei nobili che si è ora trasformata in aristocrazia terriera. In pratica: è quest'ultima che detiene effettivamente il potere politico.

Il questo periodo, l'imperatore è il più forte solo nominalmente; egli è il 're dei re' che si spartiscono in maniera assolutistica il dominio reale del paese; il controllo imperiale avviene non per forza propria, ma grazie alle divisioni e lotte fra i vari vassalli. Siamo qui ancora nel 'feudalesimo inferiore' o 'feudalesimo aristocratico'.

La crisi della dinastia Ciù comincia con il fallimento della spedizione militare finalizzata ad assoggettare nuove terre del Sud della Cina. In seguito a ciò la dinastia viene quasi del tutto esautorata, i vassalli ne occupano le terre e addirittura nominano loro sottoposti, equivalenti agli europei valvassori. Ciò causa l'aumento delle corti principesche in continua reciproca lotta e, di conseguenza, un inasprimento fiscale sempre maggiore sui contadini e sulle classi urbane.

All'inizio del V secolo a.C. emergono una decina di grandi principati. Il feudalesimo aristocratico raggiunge il punto più alto fra il 335 e 320 a.C., quando la maggior parte dei principi assume il titolo di wang (re). Subentra così un'epoca di sanguinose tirannie: epoca dei Cian Kuo (Regni Combattenti) che va dal 403 al 221 a.C., e che alla fine vedrà emergere il principato dei Ts'in. Questi avevano occupato quasi tutte le terre della dinastia Ciù e, conducendo una guerra (312-256 a.C.) contro tutti i principati coalizzati, riunificano nuovamente la Cina che subirà una profonda rivoluzionaria trasformazione sociale.

Viene abolita l'aristocrazia fondiaria e i principi ridotti a funzionari statali; i feudi vengono trasformati in province e distretti sottoposti alla giurisdizione di funzionari imperiali; la burocrazia divisa in due rami: civile e militare, sotto il controllo dell'imperatore. Su tutto vigila un corpo di ispettori che riferiscono all'imperatore. In altre parole, compare una monarchia assoluta, una forma statale che accentra in modo assoluto il potere, pur rimanendo la sovrastruttura di una base economica feudale (da qui la definizione di 'feudalesimo di Stato').

In questa epoca storica, ponendo a confronto la Cina con il resto del mondo, possiamo dire che la storia corre più veloce nell'Estremo Oriente che non nelle altre sedi di civiltà del mondo, essendo il feudalesimo cinese notevolmente precoce rispetto allo schiavismo ancora dominante nelle principali sedi mondiali.

La dinastia Ts'in cadrà ben presto, ma la struttura statale da essa fondata durerà per oltre duemila anni. Ufficialmente essa cesserà di esistere allo scoppio della rivoluzione antimonarchica del 1911, anche se le tradizioni accentratrici del ciclopico edificio si stanno perpetuando nei regimi post-rivoluzionari giunti al potere in Cina.

Se il corso storico in Cina si è sviluppato nel passato più velocemente rispetto all'Europa, dobbiamo dire che esso si è fermato ed è stato sopravanzato da quest'ultima al tempo delle rivoluzioni borghesi.

Altro raffronto. Le monarchie feudali assolute europee possono considerarsi una fase intermedia fra il feudalesimo aristocratico ed il feudalesimo di Stato cinese. Ad es., l'assolutismo francese al tempo di Luigi XIV mostra sì l'accentramento del potere statale ma non la cancellazione dell'aristocrazia fondiaria; oltre a ciò, frenando il potere della nobiltà feudale, esso facilitò di fatto lo sviluppo della borghesia, condizionando da lontano la rivoluzione democratica borghese.

Per quali cause storiche non si verificò in Cina un eguale fenomeno? Non comprendere ciò, significa non comprendere quanto accaduto nella prima metà del XX secolo e quindi l'ennesima truffa del revisionismo cinese.

Nostro compito in questa breve trattazione non è di svolgere una 'nuova storia della Cina solo con parole diverse'. Per una reale lettura – dunque di impostazione marxista – della millenaria storia cinese è necessario un grande lavoro collettivo di archeologia economica, e per fare ciò occorre percorrere all'indietro il cammino storico, 'partendo' dall'attuale risultato finale per retrocedere alle cause economiche, scoprendo e collocando correttamente uno accanto all'altro i 'reperti' economici sepolti sotto il cumulo interessato delle chiacchiere ideologiche.

Per gli storici confuciani – e borghesi – tutto si risolve in una lotta di dinastie, nonché alla guerra dei cinesi di nazionalità Han contro i 'barbari' del Sud e del Nord. E non è nemmeno la presenza dello Stato centrale a caratterizzare la storia cinese. Nello stesso periodo storico, sulle rive del Mediterraneo assistiamo al potente centralismo di Roma, ma ciò che divide Roma dalla Cina è la struttura economica feudale in questa, schiavista in quella. È per tal motivo che si parla di precocità del feudalesimo cinese.

La rivolta sociale è un catalizzatore del processo storico: per tal motivo la Cina, la cui storia è ricca di rivolte e guerre civili, ha sempre marciato più in fretta degli altri paesi. Nel 1368, una gigantesca rivolta contadina pone fine alla dominazione mongola, favorendo l'avvento della dinastia Ming, crollata pure questa in seguito ad una nuova rivolta contadina guidata da Li Tze-ceng. Ai Ming successe la dinastia straniera dei Manciù.

Ciò che è caratteristico di queste rivolte – ben 18 grandi rivolte negli ultimi duemila anni – è che, in ogni caso, la struttura sociale non ne viene intaccata. E non si può parlare di reazioni elementari se solo si pensa al comunismo agrario dei Tai-ping: "Tutta la terra che è sotto il cielo dovrà essere coltivata da tutto il popolo che è sotto il cielo. Che la coltivino tutti insieme e quando raccolgono il riso, che lo mangino insieme.

Il dato fondamentale dunque che si osserva in tutta la storia cinese è che il progresso sociale può aver luogo solo a seguito delle guerre civili, delle lotte di classe.

È un dato incontrovertibile che, ad un certo punto dello sviluppo storico, Europa ed Asia fossero allo stesso livello dal punto di vista economico. Poi l'equilibrio si ruppe: l'Europa cominciò a marciare mentre l'Asia si fermò, anzi cominciò a retrocedere.

Quali furono le ragioni di questo fenomeno storico?

Abbiamo ricordato in precedenza che, come lo Stato cinese, anche l'Europa conobbe le monarchie assolute feudali. Ma la monarchia assoluta a fondamento feudale è una forma statale che sottintende una fase di transizione nel processo economico e l'Europa compie questo trapasso: da feudale diventa borghese, assoggettando ben presto al nuovo modo di produzione non solo l'Europa, ma il mondo intero.

Perché avviene ciò? Perché, ad esempio, Spagna, Francia ed Inghilterra, da povere diventano ricche e potenti, mentre la Cina decade dalla sua posizione dominante.

Alba dell'Europa moderna

Insomma, ciò che vogliamo sapere è perché il capitalismo è esploso in alcune nazioni europee mentre ha ritardato in Asia e quindi in Cina.

L'Europa moderna è sorta da poco. Fino al XV secolo, gli unici grandi centri di attività economica e intellettuale erano Venezia, Genova e Firenze: il resto dell'Europa era ancora in pieno feudalesimo, mentre i turchi demolivano quanto rimaneva dell'impero bizantino. Spagna, Olanda, Francia, Inghilterra, che ben presto avrebbero dominato il mondo, non erano ancora diventate nazioni.

La Spagna, solo nel 1492, con la conquista di Granada, mette fine al regno mussulmano in Europa ergendosi così a nazione. È di questi anni l'istituzione dell'Inquisizioneche, nella forma di tribunale religioso, sarà un potente strumento per la formazione dello Stato assolutista che, da un punto di vista storico è fattore rivoluzionario – urli pure lo spirito libertario – rispetto alla disorganizzazione e impotenza feudali.

Nello stesso periodo si forma la monarchia francese: non prima di essersi liberata dalla presenza inglese sul suo territorio, dopo la Guerra dei cent'anni, durata dal 1337 al 1453, che si concluse con l'unificazione nazionale (eccetto Calais, che resta ancora in mano agli inglesi) con a capo la monarchia assoluta dei Valois, i quali si apprestano ora a saldare il conto con l'altro grande nemico: la nobiltà feudale. Bisogna tenere presente comunque che, se la monarchia assoluta parte da Carlo VII, incoronato nel 1429 a Reims, è con Luigi XI che si ha l'unificazione politica della Francia, nonché la formazione delle basi dell'alleanza fra monarchia e grande borghesia finanziaria in funzione antifeudale. È alla fine di questo secolo XV che il feudalesimo aristocratico è definitivamente battuto a favore del potere centrale della monarchia. La grande macchina statale è ormai montata: tra poco la scoperta di nuovi mondi aperti alla intraprendenza e alla pirateria dei mercati europei, aprirà davanti ad essa insospettati campi di applicazione.

Alla fine del XV secolo si forma pure in Inghilterra una monarchia assoluta dopo una feroce guerra civile che durerà trent'anni (Guerra delle due Rose, detta anche 'guerra dei trent'anni' 1455-1485) e vedrà l'ascesa al trono dei Tudor. La nascita della monarchia assoluta in Inghilterra coincide con la formazione della borghesia che, aiutata dalle leggi sanguinarie dello Stato dei Tudor prima e degli Stuart poi – situazione ben descritta nel Capitale da Marx – permette di dire che il capitalismo britannico nasce sotto la monarchia assoluta, quasi insieme ad essa.

Si può dire dunque che alla fine del XV secolo l'Europa viveva una fase fluida: una grande rivoluzione economica e sociale è in atto. Il feudalesimo è ormai in crisi e la rivoluzione antifeudale non può essere circoscritta al movimento di Cromwell in Inghilterra o a quello giacobino in Francia: queste esplosioni di lotta di classe furono se mai il culmine di un processo rivoluzionario che si perpetuava da tempo nel sottosuolo sociale.

Questo gigantesco rivolgimento non interessa soltanto una parte del mondo: l'Asia, come l'Europa, partecipa al grande movimento innovatore. Infatti, mentre l'Europa (inizialmente Spagna e Portogallo) va alla conquista dell'America, accanto all'impero dei Ming sorge, in Persia, la grande monarchia dei Sawafidi e, in India, l'impero indo-musulmano del Gran Mogol.

Grandi colossi statali si fronteggiano, prima che sul terreno militare, su quello economico ed è inevitabile che risulti vincitore chi per primo ha saputo approntare potenti flotte da carico e da combattimento. Il mare ormai domina la terra ed anche i grandi imperi territoriali (la vecchia Cina, come la giovane Persia ed India) dovranno soccombere.

La meravigliosa rinascita dell'Asia

In Persia, nel 1511, sale al trono la dinastia dei Sawafidi che, dopo la secolare e successiva occupazione da parte di arabi, turchi e mongoli, riunifica il paese e lo rende indipendente. Non si tratta di un mero cambiamento formale: la monarchia sawafide, togliendo il potere locale alla aristocrazia terriera, trasforma la monarchia feudale in monarchia assoluta. I signori feudali devono sottostare ad una burocrazia di funzionari regi; il vecchio esercito fornito dall'aristocrazia viene sostituito da un esercito regio permanente.

La produzione artigiana e manifatturiera prende slancio e lo Scià stesso con tutto il potere dello Stato promuove lo sviluppo di tale produzione, nonché del commercio e delle infrastrutture che ad essi sono necessari. Vengono costituite delle manifatture regie nei più diversi campi. Lo sviluppo sociale ed intellettuale fa dire a molti viaggiatori del tempo che la Persia non solo ha raggiunto il livello dell'Europa, ma se l'è lasciata notevolmente indietro.

Parlando dell'India non si può dimenticare che nel XIV secolo essa era spezzettata in ben 1350 Stati. A porre fine a questo caos feudale ed instaurare l'unità politica giunge l'impero del Gran Mogol, fondato da Baber (un discendente di Tamerlano) dopo la vittoria di Panipat (20 agosto 1526). Tale regno raggiunge il suo apogeo sotto Akbar, che regna dal 1556 al 1605. Come in Persia, anche qui vi è uno sblocco dei vecchi rapporti sociali. Come lo Scià di Persia e le monarchie assolute d'Europa, anche Akbar sovrappone ai poteri locali feudali una burocrazia centrale che deve rispondere soltanto al potere regio.

Akbar persegue una grande riforma agraria e perciò ricerca l'appoggio dei contadini: cancellando vecchi diritti feudali aristocratici egli persegue tale riforma che reintegri lo Stato nelle sue proprietà ed il villaggio nei propri diritti. La riforma di Akbar non giungerà in porto, perché la nobiltà terriera saprà soffiare abilmente sull'odio razziale contrastando in tal modo la unificatrice politica dello Stato centrale.

Nonostante ciò, al momento dell'arrivo dei Portoghesi nei porti indiani, l'India è tutt'altro che quel paese povero ed affamato in cui sarà ridotto successivamente dal capitalismo occidentale. La micidiale monocoltura, tipica delle dominazioni coloniali, vi è sconosciuta: agricoltura, artigianato, manifattura commercio, si equilibrano e si compensano reciprocamente, e le sue esportazioni non si riferiscono solo ai prodotti tessili, ma anche ai prodotti industriali.

Tutti questi avvenimenti parlano chiaro: la rivoluzione antifeudale non è un fatto esclusivamente europeo, perché essa travalica gli oceani e mette in moto i continenti.

Anche l'Asia è dunque in grande fermento, fino al momento in cui cadrà in una mortifera paralisi a seguito dell'invasione e della conquista brutale dei popoli europei che arriveranno armati di tutto punto, trasportati da potenti navi oceaniche. Vano sarà cercare sicurezza nello isolazionismo come cercheranno di fare Cina e Giappone.

Il Giappone è un paese arretrato (solo nel secolo XVI vi penetra il ferro e l'acciaio). Il potere centrale è rappresentato dagli Shogun che, dopo lotte durissime, riescono a piegare i signorotti feudali (i daimio). Le riforme antifeudali vengono attuate lungo il XVI secolo dai shogunati di Nobunaga, Hideyoschi. Soprattutto con Yeyasu (1542-1616) si ha la trasformazione del potere imperiale in monarchia assoluta, riducendo i daimio al rango di cortigiani.

Dalla religione cattolica importata dai missionari cristiani arriva un aiuto ai riformatori antifeudali per combattere il clero buddista che appoggia il vecchio regime. Gli shogun favoriscono addirittura le conversioni al cattolicesimo, fino al momento in cui diventa chiaro che i portoghesi si nascondono dietro la bandiera cristiana all'unico scopo di conquistare il paese. Per tal motivo, i successori di Yeyasu chiudono, nel 1638, il Giappone agli stranieri e bandiscono il cattolicesimo. Passeranno due secoli prima che le cannoniere dell'americano Perry pongano fine all'isolazionismo giapponese.

Ormai, ai pirateschi sistemi del capitalismo europeo dovranno cedere non solo gli Stati di recente formazione, ma anche l'antico impero cinese.

Ripiegamento del capitalismo asiatico

Non deve sembrare strano che in uno studio che riguarda l'evoluzione storica cinese si dia grande spazio ad avvenimenti che si sviluppano in altre parti del mondo. Questo per il semplice motivo che ogni accadimento storico è sempre condizionato dal più generale sviluppo della situazione mondiale.

Non si potrebbero comprendere le cause del ritardo della rivoluzione borghesi in Cina se non si tenessero presenti i complessi rapporti dell'evoluzione cinese con quella del capitalismo mondiale, perlomeno a partire dal tempo dei Ming, che è la dinastia regnate al momento dell'arrivo degli occidentali.

Si vedrà ora di completare il quadro, pur con veloci pennellate.

Testimone della grandezza della Cina fu Marco Polo che visse in quel paese dal 1275 al 1291, cioè mentre regnava la dinastia mongola degli Yuan. Egli trovò un paese sviluppato con una classe di industriali che impiegavano salariati nelle proprie manifatture: segno questo che l'industria aveva assunto forme capitalistiche. Accanto a questo vi è sviluppata una importante classe di commercianti con imponenti flotte fluviali e marittime, strumenti di uno sviluppatissimo commercio interno ed estero. I banchieri cinesi usano largamente carta moneta, del tutto sconosciuta in occidente.

Ripetendo quanto già detto, all'alba del XVI secolo, gli Stati principali di Europa ed Asia si trovano pressoché sullo stesso piano di sviluppo e, a parte le accidentalità di vario tipo, una tendenza è comune a tutti: quella si sotterrare il feudalesimo. La dialettica storica favorirà chi saprà dare maggiore accelerazione all'accumulazione primitiva del capitale, e questa grande partita si deciderà sul mare, sulle grandi rotte oceaniche che apriranno la strada al mercato mondiale moderno.

I popoli asiatici che si affacciavano sul mare avevano sì tradizioni marinare, ma la loro esperienza era quella di collegare punti diversi all'interno dell'Oceano Indiano, ma si dimostrarono incapaci di costruire rotte che collegassero oceani diversi, quindi rotte oceaniche: vere e proprie arterie del futuro commercio mondiale. Fino a quel momento le grandi vie commerciali Europa-Asia sono soprattutto terrestri, in quanto le vie marittime, del Mediterraneo da una parte e dell'Oceano indiano dall'altra, devono passare per vie terrestri controllate dai Turchi che impongono al commercio imposte molto gravose.

Occorre trovare una comunicazione diretta fra i continenti e, in questa impresa, l'Asia è assente. In questa conquista si lanciarono con tutte le forze i più grandi Stati europei.

Se le vecchie signorie che stanno uscendo dal feudalesimo sono ancora disposte a sopportare il monopolio commerciale delle repubbliche marinare, i grandi stati nazionali non lo sono più, dato che dispongono di grandi mezzi finanziari per approntare le spedizioni oceaniche. La circumnavigazione dell'Africa (Vasco de Gama, 1497-1498) segna la fine dell'importanza del controllo del Mediterraneo e con questa la fine non solo di Venezia, ma la decadenza irrimediabile di tutta l'Italia. Oltre a ciò segna l'esplosione della dominazione coloniale del Portogallo e la sconfitta dell'Asia. E quando Magellano riesce a trovare il passaggio di Sud-Ovest che collega l'Atlantico con il Pacifico, raggiungendo le Filippine, l'accerchiamento navale dell'Asia è completo.

Ormai, con il periodo 1519-1522, le rotte coloniali occidentali sono segnate. Che ai portoghesi e spagnoli subentrino successivamente soprattutto gli inglesi, nulla cambia al fatto fondamentale della decadenza delle flotte degli Stati asiatici, e quindi decadenza del loro commercio e, più in generale, del loro sviluppo economico.

Ma nulla accade a caso nel dominio della storia come in quello della natura. La ragione fondamentale è che la tecnica delle costruzioni navali e l'arte nautica dovevano avere maggiore sviluppo in Occidente per la ragione che la civiltà occidentale sorse sulle rive del Mediterraneo, cioè di un mare interno di facile navigazione. Fin dai tempi più antichi, ogni nazione che si affacciava sul mediterraneo doveva diventare potenza navale se voleva primeggiare sugli avversari.

A differenza dell'Occidente, gli Stati dell'Asia non hanno mai avuto questo problema. La loro forza doveva essere soprattutto terrestre, per difendersi dalla possibili invasioni. L'Oceano era stato per millenni il loro baluardo. Ma quando l'Oceano fu violato dall'Occidente, essi si trovarono senza difesa.

È da allora dunque che l'imperialismo bianco è riuscito a dominare l'Asia dominando gli oceani.

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Rivista n°55, luglio 2024

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