2. Il cammino verso la scienza ‘normale’
Si dice ‘normale’ la ricerca scientifica stabilmente fondata su risultati acquisiti o ‘paradigmi’, cui si riconosce, per un certo periodo di tempo, valore fondamentale e irrinunciabile.
Esempi ne sono: per il XVIII secolo, l’ottica newtoniana (luce costituita da corpuscoli materiali); per l'inizio del XX secolo, la teoria ondulatoria (luce come movimento ondulatorio trasversale); per l’epoca attuale, la teoria quantica (luce costituita da fotoni).
In assenza di paradigma, tutti i fatti riguardanti lo sviluppo di una data scienza sembrano avere uguale rilevanza.
Per essere accettata come paradigma, una teoria deve confermarsi migliore delle altre in lizza, pur non spiegando tutti i fenomeni oggetto di indagine.
La verità emerge più facilmente dall'errore che dalla confutazione (cfr. Francesco Bacone, Novum Organum).
Allorché, nel corso dello sviluppo di una scienza naturale, un individuo addiviene per primo a una sintesi capace di attrarre la maggior parte dei ricercatori della generazione successiva, le vecchie scuole gradualmente scompaiono.
Fatto proprio un nuovo paradigma, lo scienziato non ha più bisogno di divulgare i risultati delle sue ricerche a chiunque sia interessato all'argomento (in libri ‘popolari’, come p. es.: gli Erxperiments on Electricity di Franklin o l'Origine della specie di Darwin).
Egli tenderà, piuttosto, a pubblicare brevi articoli, di indirizzo specialistico, destinati a scienziati sostenitori del medesimo paradigma.
3. La natura della scienza ‘normale’
A quali aspetti della natura gli scienziati dedicano solitamente le loro indagini?
1) fenomeni che il paradigma ha indicato come particolarmente rivelatori della natura delle cose;
fenomeni che, pur non avendo per sé stessi un particolare interesse, possono essere direttamente confrontati con le previsioni ricavate dalla teoria paradigmatica;
3) prove sperimentali tese a risolvere eventuali ambiguità del modello paradigmatico.
4. La scienza ‘normale’ come soluzione di rompicapo
Caratteristica della scienza ‘normale’ è la scarsa attitudine a produrre novità, sia concettuali sia fattuali.
La scienza si presenta come soluzione di rompicapo: importante è non tanto la soluzione, quanto la certezza che esista una soluzione.
5. La priorità dei paradigmi
Ogni ricercatore si ispira a modelli ricavati dalla letteratura scientifica, che applica spontaneamente, il più delle volte senza conoscerne i caratteri paradigmatici.
Finché la comunità scientifica accetta le soluzioni proposte dal paradigma dominante, la ricerca ‘normale’ procede senza regole. Queste assumono importanza ogni qualvolta paradigmi e modelli si rivelano insicuri.
6. L'anomalia e l'emergere delle scoperte scientifiche
Ogni scoperta scientifica è caratterizzata: dal riscontro di anomalie, sia sperimentali sia concettuali, nel paradigma dominante; dall’introduzione, quasi sempre fortemente ostacolata, di nuovi procedimenti e nuove categorie.
Rilevata una data incongruenza, il paradigma viene gradualmente riadattato, fino a rendere normale ciò che inizialmente appariva anomalo.
7. Le crisi e l'emergere di teorie scientifiche
Fatti, teorie, scoperte e invenzioni non sono categoricamente e permanentemente distinti.
L'emergere di nuove teorie è generalmente preceduto da un periodo di profonda incertezza per l’indagine scientifica.
Nel campo della teoria tolemaica, a fronte di particolari discrepanze, gli astronomi riuscirono, per un certo periodo, a riadattare il sistema dei cerchi composti. Lo sviluppo delle osservazioni astronomiche complicò, tuttavia, a tal punto le cose che una qualsiasi anomalia corretta in un punto rischiava di riapparire in un altro, dando così origine a un mostro concettuale (come denunciò Copernico).
In ambito scientifico, l’influenza dei fattori esterni è decisiva soprattutto nel determinare il momento e l’area in cui il paradigma corrente entrerà in crisi e la facilità con cui tale crisi potrà essere riconosciuta.
8. La risposta alle crisi
Le crisi sono una condizione preliminare necessaria all'emergere di nuove teorie, ma come reagiscono gli scienziati alla crisi?
Anche se la loro fiducia nel paradigma comincia a essere scossa, essi non rinunciano facilmente al vecchio modello.
Il giudizio in base al quale gli scienziati decidono di respingere una teoria precedentemente accettata non deriva dal semplice confronto fra teoria e realtà fattuale. L’abbandono di un paradigma prelude, in ogni caso, all’accettazione di un altro, previo raffronto fra paradigmi e natura, e fra paradigmi diversi.
La crisi paradigmatica prepara, insomma, l'emergere di nuove teorie.
9. La natura e la necessità delle rivoluzioni scientifiche
Perché un mutamento di paradigma rappresenta una rivoluzione?
Come quelle sociali, le rivoluzioni scientifiche sono annunciate da una crescente intolleranza nei confronti dell’ordine esistente: nella fattispecie, lo scienziato avverte che il vecchio paradigma ha smesso di funzionare, e anzi ostacola la ricerca.
Vi sono ragioni intrinseche per le quali l'assimilazione di una nuova teoria scientifica debba richiedere l'abbandono di un vecchio paradigma?
In linea di principio, un fenomeno nuovo può manifestarsi senza avere conseguenze distruttive su nessuna parte della pratica scientifica corrente.
Per lo stesso motivo, una nuova teoria non deve necessariamente venire in conflitto con quelle che l’hanno preceduta. Essa può avere a che fare esclusivamente con fenomeni prima sconosciuti o trovarsi a un livello che le permetta di collegare un intero gruppo di teorie ormai superate, senza mutarne sostanzialmente nessuna.
In tal caso, però, lo sviluppo scientifico avrebbe natura soltanto cumulativa. È questo, dunque, il concetto di scienza?
La ricerca ‘normale’ (cumulativa) deve il proprio successo all’abilità dello scienziato nell’affrontare i problemi con gli esistenti strumenti concettuali e sperimentali.
Una nuova teoria deriva abitualmente dall’indagine condotta su tre tipi di fenomeni:
a. fenomeni già sufficientemente spiegati dai paradigmi esistenti (raramente offrono lo spunto per nuove teorie);
b. fenomeni con aspetti particolari, comprensibili solo attraverso un’ulteriore articolazione della teoria;
c. anomalie riconosciute, che ostinatamente si rifiutano di essere assimilate ai paradigmi (da queste sorgono, più frequentemente, scoperte innovative).
L'accettazione di un nuovo paradigma spesso richiede una nuova definizione di tutta la scienza corrispondente. Alcuni problemi possono trasferirsi a un’altra scienza, o addirittura essere dichiarati non scientifici.
Col mutare dei problemi spesso muta anche il criterio che distingue una soluzione realmente scientifica da una mera speculazione metafisica, da un gioco di parole o da un indovinello matematico.
Ogni rivoluzione scientifica è non soltanto incompatibile, ma spesso di fatto incommensurabile con ciò che l’ha preceduta.
10. Le rivoluzioni come mutamenti della concezione del mondo
Dopo una rivoluzione, la percezione che lo scienziato ha del suo ambiente deve essere rieducata.
Ciò che uno vede dipende sia da ciò a cui guarda, sia anche da ciò che la sua precedente esperienza visivo-concettuale gli ha insegnato a vedere.
Dopo Copernico, gli astronomi vissero in un mondo differente o comunque si comportarono come se le cose fossero effettivamente cambiate.
Ciò che avviene durante una rivoluzione scientifica non può essere ridotto a una interpretazione di dati particolari e stabiliti una volta per tutte.
Lo scienziato che abbraccia un nuovo paradigma assomiglia, più che a un interprete, a colui che inforca degli occhiali con lenti invertenti.
L'interpretazione, infatti, può soltanto articolare un paradigma, non correggerlo. I paradigmi non si lasciano correggere dalla scienza normale, che può solo condurre al riconoscimento di anomalie o discrepanze.
D'altra parte, i dati dell'esperienza non sono così inequivocabili come si crede: le operazioni e le misurazioni che uno scienziato esegue in laboratorio non sono il "dato" dell'esperienza, ma piuttosto "ciò che viene rilevato, con difficoltà, dallo sperimentatore".
A determinare il carattere di operazioni e misurazioni è sempre il paradigma dominante.
11. La rivoluzioni invisibili
Riscritti successivamente all’affermazione di nuovi paradigmi, i manuali scientifici celano non solo il ruolo, ma anche l'esistenza delle rivoluzioni che li hanno prodotti.
Si tende, insomma, a far apparire la storia della scienza come un processo lineare o cumulativo.
12. La soluzione delle rivoluzioni
La competizione tra paradigmi diversi non è una battaglia il cui esito possa essere deciso in base a dimostrazioni.
Infatti, la tradizione pre-rivoluzionaria e quella post-rivoluzionaria sono fra loro incommensurabili. Il vocabolario può essere lo stesso, ma entro il nuovo paradigma, i vecchi termini, concetti ed esperimenti entrano in nuove relazioni.
Proprio l’incommensurabilità spiega perché il passaggio da un paradigma a un altro non può realizzarsi gradualmente, né può essere imposto dalla logica o da una esperienza neutrale, ma deve compiersi tutto in una volta.
13. Progresso attraverso rivoluzioni
Un’indagine fa progressi perché è scienza oppure è scienza perché fa progressi?
E' da notare l'isolamento che una comunità scientifica mantiene rispetto alle richieste dei profani e della vita d'ogni giorno.
Proprio perché lavora soltanto per un pubblico di specialisti, lo scienziato può affidarsi a un unico insieme di criteri.
Diversamente dal medico, lo scienziato non è costretto a risolvere urgentemente dei problemi, senza tener conto degli strumenti a sua disposizione.
Per appartenere a una comunità scientifica, un ricercatore deve essere interessato a risolvere problemi particolari concernenti il comportamento della natura; le sue soluzioni debbono, inoltre, essere accettate da molti.
Il riconoscimento dell'esistenza di un gruppo di specialisti e l'accettazione del ruolo da esso svolto in qualità di arbitro del progresso scientifico recano ulteriori conseguenze.
I membri del gruppo devono essere considerati gli unici depositari delle regole del gioco, per poter formulare giudizi insindacabili.
Il problema della verità. La scienza non è un processo di evoluzione verso qualcosa.
Si deve sostituire l'evoluzione verso ciò che vogliamo conoscere con l'evoluzione a partire da ciò che conosciamo.
Questa concezione alternativa del progresso scientifico può essere paragonata a quella darwiniana.
Tutte le teorie evoluzionistiche pre-darwiniane (Lamark, Chambers, Spencer e i naturphilosophen tedeschi), ritenevano che l’evoluzione fosse un processo in direzione di un obiettivo finale.
Si pensava che l'idea dell'uomo e della natura tutta fosse stata presente fin dal momento della creazione, forse nella mente di Dio.
Per molti critici, l'abolizione del tipo teleologico di evoluzione costituiva, di fatto, l’aspetto più esecrabile della teoria di Darwin: quale significato potevano avere termini come evoluzione, sviluppo e progresso in assenza di uno scopo specifico?
Thomas Kuhn
Le rivoluzioni scientifiche
La transizione da un paradigma in crisi a uno nuovo, dal quale possa emergere una nuova tradizione di scienza normale, è tutt’altro che un processo cumulativo, che si attui attraverso un’articolazione o un’estensione del vecchio paradigma […] Questi esempi ci guidano verso il terzo e più fondamentale aspetto dell’incommensurabilità tra paradigmi in competizione. In una maniera che sono incapace di spiegare ulteriormente, i sostenitori di paradigmi opposti praticano i loro affari in mondi differenti […] I due gruppi di scienziati vedono cose differenti quando guardano dallo stesso punto nella stessa direzione. Ciò però, vale la pena ripeterlo, non significa che essi possano vedere qualunque cosa piaccia loro. Entrambi guardano il mondo, e ciò che guardano non cambia. Ma in alcune aree essi vedono cose differenti, e le vedono in differenti relazioni tra loro [...] Per la stessa ragione, prima che possano sperare di comunicare completamente, uno dei due gruppi deve far l’esperienza di quella conversione che abbiamo chiamato spostamento di paradigma. Proprio perché è un passaggio tra incommensurabili, il passaggio da un paradigma a uno opposto non può essere realizzato con un passo alla volta, né imposto dalla logica o da un’esperienza neutrale. Come il riordinamento gestaltico, esso deve compiersi tutto in una volta (sebbene non necessariamente in un istante), oppure non si compirà affatto […] Il trasferimento della fiducia da un paradigma a un altro è un’esperienza di conversione che non può essere imposta con la forza (ed. 1978, pp. 109-112, 139, 151, 179-183).
La scienza normale e il paradigma
In questo saggio, ‘scienza normale’ significa una ricerca stabilmente fondata su uno o più risultati raggiunti dalla scienza del passato, ai quali una particolare comunità scientifica, per un certo periodo di tempo, riconosce la capacità di costituire il fondamento della sua prassi ulteriore […] La Fisica di Aristotele, l’Almagesto di Tolomeo, iPrincipia e l’Ottica di Newton, l’Elettricità di Franklin, la Chimica di Lavoisier e la Geologia di Lyell e molte altre opere servirono per un certo periodo di tempo a definire implicitamente i problemi e i metodi legittimi in un determinato campo di ricerca per numerose generazioni di scienziati […] D’ora in avanti, per indicare i risultati che hanno in comune queste due caratteristiche, userò il termine ‘paradigmi’, che ha una precisa relazione col termine ‘scienza normale’ […] Coloro la cui ricerca si basa sui paradigmi condivisi dalla comunità scientifica si impegnano ad osservare le stesse regole e gli stessi modelli nella loro attività scientifica (ed. 1962, pp. 29-30 e 44).
La crisi e l'emergere delle teorie scientifiche: il caso dell'astronomia copernicana
Si consideri innanzitutto un caso particolarmente famoso di mutamento di paradigma: la nascita dell'astronomia copernicana. Quando la teoria precedente, il sistema tolemaico, fu sviluppata per la prima volta nel corso degli ultimi due secoli prima di Cristo e dei primi due dopo Cristo, esso riusciva meravigliosamente a prevedere le mutevoli posizioni sia delle stelle che dei pianeti [...] Fin dall'inizio del XVI secolo, i migliori astronomi d'Europa in numero sempre crescente riconoscevano che il paradigma dell'astronomia non era riuscito a risolvere i suoi problemi tradizionali. Questo riconoscimento preparò il terreno sul quale fu possibile a Copernico abbandonare il paradigma tolemaico ed elaborarne uno nuovo. La sua famosa prefazione costituisce ancor oggi una descrizione classica di uno stato di crisi [...] In una scienza matura [...] dei fattori esterni come quelli citati sopra sono importanti soprattutto nel determinare il momento in cui scoppierà la crisi, la facilità con cui essa può venire riconosciuta e l'area in cui si manifesterà per la prima volta l'insuccesso, data la particolare attenzione che essa riceve (ed. 1969, pp. 92-94).