Il problema è che non esiste un limite preciso tra le società pre-classiste e quelle di classe. La lotta della società per la conservazione del comunismo primitivo, paradossalmente, ha successo solo se riesce a formarsi un proprietario collettivo i cui rappresentanti fisici rappresentano la prima forma di classe dominante, proprietario collettivo che ha come compito quello di monopolizzare l’elemento dissolutore dell’antica forma sociale: il denaro. Ed esso è frutto del commercio su lunghe distanze.
Questo commercio su lunghe distanze è sempre esistito, nel periodo più arcaico sotto forma di razzie e spedizioni che potevano anche concludersi con uno scontro armato (Thurnwald, R.C., in Economics in Primitive Communities, 1932, citato da Polanyi, fa il seguente esempio: "I dieri dell’Australia centrale ogni anno in luglio o agosto fanno una spedizione nel sud per procurarsi l’ocra rossa che usano per dipingersi il corpo… I loro vicini, gli yantruwunta, organizzano imprese simili per procurarsi ocra rossa e lastre di arenaria per macinare i semi, dalle Flinders Hills, distanti circa ottocento chilometri. In ambedue i casi potrebbe esser necessario combattere per ottenere questi oggetti nel caso che la popolazione del luogo offra resistenza acché questi siano portati via" [La grande trasformazione]; le spedizioni egizie verso la mitica terra di Punt dovevano essere qualcosa di simile, in scala molto maggiore; commercianti e pirati sono sempre stati termini pressoché equivalenti, di esempi ce ne sono moltissimi), più tardi seguendo metodi più pacifici. Engels, parlando della Grecia, illustra l’effetto da acido corrosivo che ebbe il denaro, apparso in un momento più avanzato del commercio, sulle istituzioni gentilizie tipiche del comunismo primitivo. La lotta di classe si sviluppò sotto forma di lotta tra creditori e debitori, tra ricchi e poveri (Engels in Origine… ne fa due classi), lotta imposta dai ricchi mercanti ai poveri contadini e che costringeva a trasformare i rapporti tipici del comunismo primitivo in rapporti basati sullo scambio mercantile. Solone pose fine a questa situazione, cancellando i debiti. Per fare ciò doveva frenare la diffusione del commercio nelle campagne, regolare il mercato come luogo di scambio con i paesi d’oltremare, in altre parole difendere il comunismo primitivo con il monopolio statale sull’industria e sul commercio (settori che facevano largo uso di schiavi, lo stesso impero inca, ancora comunistico, conosceva una forma di schiavitù statale; siamo quindi in una fase classista, nata in difesa del comunismo primitivo). Polanyi, in Economie primitive, arcaiche e moderne, illustra come l’agora, il mercato cittadino controllato dallo Stato, fosse non tanto un motivo di dissoluzione delle forme di produzione delle campagne, ma anzi avvolgesse impedendone uno sviluppo pieno tali motivi di dissoluzione, il denaro in primis. Il mercato cittadino delle città-stato mediterranee fu uno dei mezzi con cui la società si difese dall’effetto nocivo del denaro, mezzo assicurato in Oriente dalla forza dell’autorità centrale, assente in Occidente. Scrive Polanyi: "Il risultato più importante dei mercati, la nascita di città e della civiltà urbana, fu in realtà l’esito di uno sviluppo paradossale; infatti le città, prodotto dei mercati, non soltanto li proteggevano, ma erano anche il mezzo per impedire la loro espansione nella campagna e quindi di intaccare l’organizzazione economica predominante nella società. I due significati della parola ‘contenere’ esprimono forse più precisamente questa duplice funzione delle città rispetto ai mercati che essi avvolgevano ostacolandone lo sviluppo" (La grande trasformazione).
Lo Stato si trova dunque per un lungo periodo al confine tra la servitù nei confronti della società e la signoria su di essa. In campagna, dove viveva il grosso della popolazione, grazie allo Stato non penetrarono quegli elementi che avrebbero distrutto le antiche comunità di villaggio. Ma proprio per assicurare questa loro sopravvivenza le comunità di villaggio dovettero affidare il surplus che producevano al centro, che la commerciava con prodotti assenti in quelle terre, ma essenziali per l’economia (metalli, sale,…). In questa ambiguità dello Stato, al tempo stesso servo e signore (per di più per la medesima ragione) della società, credo si debba ricercare l’origine della stessa ambiguità che troviamo in Engels. Tanto più che Marx in Forme che precedono la produzione capitalistica afferma: "Nella misura in cui si realizza veramente nel lavoro, questa forma di proprietà collettiva può quindi apparire sotto la specie di piccole comunità vegetanti in modo indipendente l’una accanto all’altra, nelle quali il singolo con la famiglia lavora per conto suo sul lotto che gli viene assegnato - una parte determinata del lavoro essendo riservata al fondo comune di riserva, per formare una specie di mutua assicurazione e provvedere alle spese della comune in quanto tale (guerra, culto ecc.; ed è qui che si trova per la prima volta il dominium signorile nella sua forma più antica, come nelle comuni slave, romene ecc.; di qui, anche, il ponte di passaggio verso le servitù feudali)". Il centro, proprietario collettivo, si presenta come luogo di accumulo dei prodotti della società, che può continuare ad esistere in forma di comunità di villaggio solo grazie alla monopolizzazione da parte del detto centro di quelle attività che avrebbero distrutto il comunismo primitivo nelle campagne: l’industria e il commercio.
Si può dunque parlare di Stato che nasce per difendere gli interessi della società, per difendere il comunismo primitivo della campagna, e che proprio per questa ragione si trasforma nella sede del primo potere di classe?
Tanti saluti a tutti.