Perché si passò dal comunismo primitivo alle prime società classiste?

Cari tutti,

Ho cominciato a leggermi la corrispondenza riordinata per argomento.

Punto primo: l’inadeguatezza degli schemi di Marx ed Engels (per deficienza di dati, di informazione) da una parte, e quella degli schemi degli studiosi moderni (per deficienza di capacità di svincolarsi dalle categorie dell’attuale forma sociale di produzione) dall’altra. Il lavoro che abbiamo cominciato si è quindi dimostrato ben più difficile di quanto si potesse credere all’inizio.

I pochi spunti marx-engelsiani sul tema andavano integrati con la gran massa di dati che nel corso di più di un secolo sono emersi, e che continuano ad emergere, come dimostra la scoperta della città vallinda nel golfo di Cambay. Questa nuova informazione, infatti, non poteva rimanere velata dall’ideologia borghese, e necessitava di una sistemazione in quella "concezione dell’universo intero" che è il marxismo. Non poteva rimanere velata dall’ideologia borghese perché essa colora con le categorie capitalistiche forme sociali di produzione che con il capitalismo niente hanno a che fare. E non solo le forme sociali in sé, ma anche la loro produzione, come i testi, che, già di per sé inquinati (mai interpretare un’epoca alla luce di ciò che essa crede di essere), vengono ulteriormente falsati.

La prima categoria di cui dobbiamo sbarazzarci quando guardiamo al passato è, evidentemente, quella del valore. Nell’antichità i prodotti non sono merci. E ciò non solo presso culture ancora prettamente comunistiche ma "anche nell’antichità più evoluta, presso i Greci e i Romani", dove "il pieno sviluppo del denaro -che è presupposto nella moderna società borghese- si ha solo nella fase della decadenza. Dunque, nella sua intensità, questa categoria del tutto semplice non appare se non nelle condizioni sociali più sviluppate. In nessun modo pervadendo tutti i rapporti economici. Per es., nell’Impero romano, anche nei momenti di più elevato sviluppo, fondamentali restano la tassazione e la prestazione in natura; il sistema monetario, propriamente, si sviluppa solo nell’esercito; né invade l’intero ambito del lavoro" (Introduzione del ’57).

Quindi nel mondo antico lo scambio fra le comunità rimane necessariamente limitato. Solo nel comunismo superiore possiamo avere un flusso di prodotti-energia che non sia scambio mercantile. È ovvio, di conseguenza, che queste comunità avevano una vitalità "incomparabilmente superiore" alle società successive. Vitalità nel senso di capacità di sopravvivere uguali a sé stesse per migliaia di anni, senza mutazioni significative. Il loro "dna" non aveva alcun bisogno di mutare, in quanto la legge della giungla che regna nella concorrenza fra specie e nella concorrenza fra capitalisti non si era ancora impadronita della società.

Questo immobilismo, frutto della vitalità di cui le comunità godevano grazie all’assenza di qualsivoglia scambio mercantile, faceva sì che ogni cambiamento fosse un’esperienza traumatica. Le città, ad esempio, venivano fondate, non si formavano così come poteva invece formarsi una città all’epoca dell’industrializzazione, come aggregazione caotica di proletari attorno al mercato della forza-lavoro. Prima che una massa critica di uomini si muovesse si decideva.

Quello degli etruschi è un esempio significativo del diverso modo di sentire un cambiamento da parte degli antichi e da parte dei moderni. L’etruscologia moderna nasce con Pallottino a partire dagli anni ’50? Quale il suo grande merito? Quello di aver sostituito al problema dell’origine degli etruschi quello della loro formazione. Gli antichi infatti si chiedevano da dove venissero gli etruschi. Pallottino fu invece il primo a dire: gli etruschi non venivano da nessuna parte, ma erano il frutto di una miscela di popoli molto diversi. A venire, sovrapponendosi al substrato autoctono, sarebbero stati orientali, nordici, sardi,….

Eppure il racconto di Erodoto che parla dell’origine degli etruschi non può essere del tutto campato in aria. Per Erodoto gli etruschi proverrebbero dalla Lidia, da dove metà della popolazione fu costretta ad emigrare a seguito di una carestia. Ma l’aspetto più significativo del racconto è il fatto che i lidi costretti ad emigrare non lo fecero affatto caoticamente, ognuno per conto suo. Essi erano guidati dal figlio del re, Tirreno (da cui, per Erodono, il nome di "tirreni" che i greci davano agli etruschi). E cosa fecero gli etruschi una volta giunti nelle nuove terre? "Essi giunsero presso gli Umbri, dove fondarono le loro città che ancora abitano".

Ma vi è traccia di un simile spostamento di genti dalla Lidia all’Etruria, e del sorgere improvviso di città fra Arno e Tevere? Ebbene sì. A Lemno, un isola di fronte alla Turchia, è stata ritrovata un’iscrizione del V sec. a.c. in proto-etrusco. Ciò significa che gli etruschi, in un epoca molto antica, dovevano aver lasciato su quell’isola una parte dei loro. Dalla Lidia verso l’Etruria? O dall’Etruria verso Lemno? Inoltre oggi sappiamo che il passaggio dalla fase pre-urbana a quella proto-urbana fu in Italia subitanea, molto probabilmente pianificata (anche se non necessariamente da un punto di vista urbanistico, forse perché, con tutti gli orti, i campi e i pascoli che erano chiusi nelle mura, era inutile pianificare fisicamente una città, per di più una città costruita con capanne di canne intrecciate rivestite di fango). A questo proposito si veda Carandini, La nascita di Roma.

Il fatto che ogni cambiamento fosse traumatico si riflette sull’ideologia. La memoria si addensa intorno ad alcuni punti del tempo. Si prendano le liste di faraoni stilate dai sacerdoti egizi e citate da Erodoto. Dopo il primo re, Min (= Menes), "i sacerdoti elencavano i nomi di 330 successori; uno di questi era una donna, chiamata Nicotri; ‘degli altri invece non raccontano alcuna opera insigne, non erano affatto illustri, tranne uno, l’ultimo di loro, Meri’: Herod. II, 100 sgg.[…]. La memoria si addensa in questo caso intorno al primo e l’ultimo sovrano della serie, lungo cioè l’interfaccia fra diverse età" (Carandini).

Quindi dall’assenza della categoria capitalistica del valore scaturisce la vitalità delle comunità antiche, il conseguente immobilismo e quindi il fatto che ogni cambiamento fosse necessariamente deciso. Questo è il grande scoglio che si deve superare se si vuole capire il mondo pre-borghese. Il capitalismo possiede un potenziale immenso di rovesciamento della prassi, ma il valore (ergo l’anarchia del mercato) ne impedisce la trasformazione in rovesciamento della prassi operante, cinetico. Ecco quindi il contenuto che non corrisponde più alla forma, giusta Lenin. Nei modi di produzione precedenti, invece, il limitatissimo potenziale di rovesciamento della prassi viene tutto trasformato, proprio per l’assenza del valore, in rovesciamento della prassi operante.

Ciò che rimane difficile da capire è l’infantile "perché?" le comunità primitive dovevano decidere di spostarsi, di fondare città,… Come ci si chiedeva anche a Torino: perché, ad esempio, i normanni ebbero bisogno di invadere l’Inghilterra? E i tirreni l’Etruria? E perché i neolitici si misero a spostar pietre di svariate tonnellate, con la loro architettura megalitica, e gli egiziani a costruire piramidi di 150 m nell’arco di pochi secoli? E i peruviani e i vallindi perché costruirono città di artigiani quando pochi secoli prima vivevano in modesti villaggi di pescatori o di agricoltori? E i cretesi con i loro palazzi?

Sono le stesse domande che ci ponevamo all’inizio del nostro lavoro. Eppure oggi sappiamo perché le cose si svolsero in un certo modo (improvviso e pianificato). Ci rimane da capire perché si svolsero tout cour. Importante è non farsi conquistare dal determinismo meccanicista del volgare materialismo positivista imperante in molta letteratura scientifica marxisteggiante (stalinisti, trotzkysti,…).

Se si volessero trovare degli invarianti nella fine del comunismo primitivo sarebbe qui che bisognerebbe cercare. Non conta la forma del passaggio. C’è chi costruisce architetture megalitiche, c’è chi costruisce piramidi, c’è poi chi costruisce città dal nulla, o cose turche come i "palazzi" cretesi. C’è anche chi, più semplicemente, si sposta. Questo "chi" non sono quattro gatti in vena di lavorare un po’, ma masse umane di norma disunite che proprio per unirsi hanno dovuto decidere. Questa energia sociale che si manifesta in forme così diverse avrà pure un origine. I borghesi la vedono nel surplus prodotto, ma ciò è impossibile (a Caral di mais neanche l’ombra; e la città del golfo di Cambay conosceva già l’agricoltura, essendo così antica?).

Si può comunque ormai delineare un possibile schema dell’articolo sulla fine del comunismo primitivo. Dopo ogni punto ho inserito fra parentesi gli argomenti come suddivisi a To che rientrerebbero nel punto trattato:

1) Importanza dello strappare le società antiche alla borghesizzazione cui purtroppo sono sottoposte (Questioni metodologiche; Confronto con le conoscenze di base che sono servite a Marx ed Engels (e a Roger))

2) Categoria principe della forma sociale presente: il valore. Conseguenza dell’eliminazione di questa categoria nello studio delle società antiche: la comprensione della operatività del pur limitato potenziale di rovesciamento della prassi, elevato all’ennesima potenza nella forma presente ma inutilizzabile (contenuto che non corrisponde alla forma). (da sviluppare, anche in relazione al passaggio futuro, quando finalmente l’elevatissimo potenziale di r. della p. potrà essere operativo). Spiegazione di comeavvenivano i cambiamenti nell’antichità (spostamento di popoli, costruzione di città,…): proprio grazie alla trasformazione del r. della p. potenziale in r. della p. cinetico. (La società megalitica; Forme urbane specifiche con tracce di comunismo).

3) Tentativo di comprensione del perché questi cambiamenti avvenivano: niente determinismo meccanicistico. (Invarianti; Passaggio dal comunismo primitivo alle prime forme economico-sociali, esclusa La società megalitica: La transizione neolitica, Le determinazioni del passaggio alla forma urbana, Forme della produzione 1 – Produzione materiale, Forme della produzione 2 – Comunicazione, Forme di sovrastruttura, Le necropoli come riflesso della società che le esprime (rientra nella precedente!), Trasformazione dell'autorità centrale in Stato, Prime avvisaglie delle classi – Lo Stato come strumento di quelle dominanti).

Rivista n°55, luglio 2024

copertina n° 55

Editoriale: Non potete fermarvi

Articoli: Evoluzione extra biologica - Transizione di fase. Prove generali di guerra

Rassegna: Presa d'atto - Il capitalismo è morto

Recensione: Dallo sciopero, alla rivolta, alla Comune - Guerra civile negli USA, ma non quella vera

Doppia direzione: Il programma immediato non ammette mediazioni

Raccolta della rivista n+1

Newsletter 245, 19 gennaio 2022

f6Libertà

Viviamo in una società che scoppia. I suoi membri, divisi o raggruppati secondo criteri il più delle volte arbitrari e casuali, non riescono più a darsi un'identità plausibile. La pandemia, invece di compattare gli individui intorno a provvedimenti utili alla salvaguardia della specie, ha aggravato la situazione facendo emergere ataviche tendenze all'irrazionale.

Continua a leggere la newsletter 245
Leggi le altre newsletter

Abbonati alla rivista

Per abbonarti (euro 20, minimo 4 numeri) richiedi l'ultimo numero uscito, te lo invieremo gratuitamente con allegato un bollettino di Conto Corrente Postale prestampato.
Scrivi a : mail2

Iscriviti alla newsletter

Iscriviti alla newsletter quindicinale di n+1.

Invia una mail a indirizzo email