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  • Resoconto teleriunione  20 novembre 2012

Collegamenti di classe

Uno degli ultimi post pubblicati sul sito di OWS intitolato Occupy Wall Street, Not Palestine (è stato rimosso!) affronta in modo interessante l'attuale conflitto israelo-palestinese. Le guerre, dicono gli occupiers, sono frutto degli interessi dell'1% e bisogna rivoltarsi contro il nemico interno: bisogna prendersela con la propria classe dirigente evitando la guerra tra poveri. Nel suddetto post si riportava pure il "Manifesto dei giovani di Gaza", scritto l'anno scorso sull'onda della Primavera araba.

Nella east coast americana dopo Sandy c'è stata una bufera di neve e quindi altri danni. Lo Stato è andato in tilt, soprattutto a New York, dove in migliaia vivono in roulotte e tende organizzati male. Le strutture di Occupy al contrario funzionano bene e sono ormai permanenti, supplendo al ruolo delle pubbliche autorità. Ultimamente si è verificata una curiosa alleanza tra alcune Unions e Occupy Wall Street. Tale alleanza si è verificata sia sul terreno della piattaforma di mutuo soccorso Occupy Sandy che per l'agitazione dei dipendenti ultra-precari della Walmart.

In continuità con lo sciopero del 14 novembre, sul sito European strike, è stata lanciata per il 1° dicembre un'altra iniziativa di lotta con flash mob e manifestazioni. L'appello è stato scritto in più lingue ed è stato pubblicato anche su Chicago86. Queste iniziative sono aperte alla creatività dei partecipanti. Ognuno, dai gruppi organizzati ai collettivi, può aggiungere contenuti all'iniziativa ed influenzare gli altri nodi della rete. Il tutto ci ricorda lo stile di Occupy, un modus operandi che sta prendendo piede a livello mondiale. In Grecia, i lavoratori pubblici hanno occupato 4 ministeri e 250 sedi comunali e regionali per protestare contro i licenziamenti e la messa in mobilità. I licenziamenti sono una delle clausole richieste dalla cosiddetta Troika per erogare il prestito alla Grecia. E' interessante che vengano occupate sedi e centri nevralgici per il funzionamento della macchina statale. Sempre ad Atene, un paio di anni fa, era apparso uno striscione sul Partenone che chiedeva ai popoli d'Europa di sollevarsi. Il 14 novembre 2012 la Confederazione dei Sindacati Europei è stata costretta ad organizzare uno sciopero generale europeo e, sul Web, circola da qualche tempo lo slogan People of europe rise up!

Ultima notizia a testimonianza del baratro in cui stanno precipitando anche i più grandi paesi europei, Moody's ha declassato la Francia che ha perso la tripla A. Il 7 novembre il governatore della BCE Mario Draghi dice che la recessione ha colpito pure la Germania, sta di fatto che la locomotiva tedesca dall'estate scorsa non riesce più a tenere il passo e l'Unione Europea nel suo insieme arranca. Se adesso la situazione è preoccupante, immaginiamo quando il motore tedesco sarà costretto a fermarsi. E' come se ci fosse una spirale che dai paesi periferici sta arrivando a stringersi intorno al cuore politico-economico dell'Europa. Come andiamo dicendo da tempo, se salta la Germania, salta tutta la struttura economica europea. Ma questo discorso va sempre contestualizzato nell'ambito del sistema-mondo: la Germania sta all'Europa come gli Stati Uniti stanno al mondo.

La relazione fatta recentemente a Torino sull'articolo "Einstein e alcuni schemi di rovesciamento della prassi", ci ha dato modo di riprendere l'argomento durante la teleconferenza. Come è ben spiegato in "Scienza e rivoluzione", Bordiga rimase colpito dalle teorie del continuum (Maxwell). Nello stesso periodo stava emergendo una teoria opposta a quella del continuo: la teoria della meccanica quantistica. Dal punto di vista della conoscenza la Sinistra voleva dimostrare che le teorie del continuo sono le nostre, perché noi siamo monistici. La scienza-conoscenza non è un contenitore asettico posto all'esterno dell'umanità, al quale ogni cervello singolo possa attingere come elemento cosciente e in quanto tale depositarvi ulteriori elaborati; non è neppure una relazione biunivoca fra l'individuo e la biblioteca del sapere (forma pseudo-illuministica dello Spirito), ma un insieme di saperi, di capacità, di possibilità di apprendimento ed elaborazione che migliaia di generazioni ci hanno tramandato, e che tramanderemo in una dinamica continua, non spezzettata e distribuita in grani di coscienza individuale. Se non c'è dicotomia tra materia ed energia, allora non c'è dicotomia nemmeno materia e spirito. Da "Relatività e determinismo - In morte di Albert Einstein":

"Non sarebbe questa una grande tappa sulla via del Monismo, della nostra concezione del mondo? Se le forme meccaniche, elettriche, magnetiche, ottiche, dell'energia, della materia-energia (tra le quali ultime si annoverano quelle che tengono insieme le ardue costruzioni atomiche e che da esse si liberano quando i nuclei sono spaccati dai proiettili corpuscolari) rispondono ad una sola legge da cui si deduce l'orbita di Sirio a milioni di anni luce e la traiettoria del protone nel cuore del nucleo di milionesimi di millimetro, allora Alberto Einstein è arrivato molto vicino alla assimilazione unitaria anche di quella forma ancora poco nota di energia vitale che chiamiamo pensiero."

Questione epistemologica importantissima: ancora oggi c'è una non compatibilità di fondo tra meccanica quantistica e teoria della relatività. Una delle due è sbagliata. I fisici dicono che finché la meccanica quantistica funziona tutto va bene e non bisogna chiedersi il perché, almeno fino al momento in cui salta fuori una teoria più completa. La teoria della relatività si spiega da sé, mentre la meccanica quantistica pone dei problemi dal punto di vista della teoria della conoscenza, visto che presuppone la creazione dal Big Bang in poi.

Dalla relatività si è poi passati a discutere del patto tra il governo e le cosiddette parti sociali sulla "produttività". La CGIL non firma l'intesa e la Camusso dice che l'accordo non tutela il potere d'acquisto dei lavoratori. In realtà più che di un generico richiamo all'aumento della produttività, l'elemento su cui si cerca di incidere è il saggio di sfruttamento, cioè il rapporto tra salario e valore prodotto. L'aumento dello sfruttamento sulla base del valore si può avere o con l'abbassamento del salario - sono in ballo i minimi salariali - oppure aumentando il valore prodotto. Se si abbassa il salario dei proletari si abbassa anche il prezzo dei beni di prima necessità (vedi Engels su "La questione delle abitazioni"). Potrebbe verificarsi una situazione di aumento della produttività e calo del valore della singola merce. Come conseguenza, solo aumentando la massa della produzione aumenta la cifra che il capitalista mette in tasca. In ultima analisi, aumentando la produttività si va in sovrapproduzione netta. Vulcano della produzione, palude del mercato. Dal 2007, le borghesie nazionali non sono riuscite a tappare la falla dei debiti-crediti e stanno perdendo la testa perché non sanno cosa fare. Monti spara dichiarazioni misere e si prepara a presiedere il prossimo governo. Le vicende politiche italiane risultano da questo punto di vista interessanti in quanto non si può tornare indietro dall'esperimento "tecnico". Se la prospettiva di un Monti-bis è quasi certa, viene spontanea una domanda: cosa potrà fare il Monti-2 che non abbia già fatto il Monti-1? La questione principale da capire è se il capitalismo riesce ancora ad accumulare e quindi a sfamare i propri schiavi. Il Presidente Monti se non è così inutile come sembra, dovrà trovare qualche potente suggeritore che gli spieghi come distribuire il reddito ai senza riserve. L'Italia non può permettersi una deriva di tipo greco. La Grecia è un paese piccolo che, a parte Atene, non ha grandi centri urbani e nelle campagne ci sono ancora possibilità di sopravvivenza. Ogni paese d'Europa marcia per la sua strada: significativo il caso dell'Irlanda che si è stampata 53 miliardi di euro senza chiedere il permesso a nessuno, quando la questione monetaria dovrebbe passare prima dalla Banca Centrale Europea (BCE). Anche l'Islanda ha fatto un referendum "morale" e non ha pagato più nessun debito.

A proposito dei diktat provenienti dai mercati, se comincia ad andare in crisi la Germania chi potrà più controllare la situazione?

In un periodo di crisi la ricetta tedesca di abbassare la composizione organica del capitale può esser una soluzione, ma non si può tirare troppo a lungo la corda. Per essere competitivi anche i tedeschi hanno bisogno di automazione, produttività, ecc. E poi, quanto possono resistere i lavoratori tedeschi dato che anche loro prendono un salario al di sotto di quello necessario per vivere?

In chiusura di riunione non è mancata la consueta nota di carattere sindacale: in Grecia approfittando della situazione, IKEA taglia del 15% il salario dei dipendenti. La multinazionale svedese, per limare i costi, avrebbe pure chiesto ai suoi impiegati di rivedere il loro inquadramento professionale. Rinunciando ai contratti di lavoro collettivi per firmare contratti individuali, più facili da rompere. In Germania ad un milione di disoccupati è stato ridotto il sussidio del 30%. Un istituto di studi economici franco-tedesco ha pubblicato un lavoro apposito (Brigitte Lestrade, "Les réformes sociales Hartz IV à l'heure de la rigueur en Allemagne. Juin 2010").

IKEA ha dovuto chiudere un suo sito internet tempestato da email di protesta e in Svezia ci sono stati flash mob in solidarietà con i precari di Piacenza. Attraverso Internet, si è sviluppato in maniera spontanea un collegamento tra Piacenza e Stoccolma. Al direttivo nazionale della CGIL del 16 novembre invece, è stato rigettato un documento di solidarietà ai lavoratori dei magazzini dell'IKEA.

Nelle Coop emiliane poi, la CISL ha scalzato la CGIL, a dimostrazione della rete di interessi che lega CGIL, cooperative "rosse" e sinistra.

Non è una novità lo scavalcamento a sinistra da parte della CISL. Verso la fine degli anni '60 la FIM-CISL aveva tentato di recuperare militanti espulsi dalla CGIL. Siccome nella CGIL stalinista si veniva sbattuti fuori non appena si usciva dal seminato, ecco che la FIM-CISL aprì le porte a tutti i sinistri smaniosi di andare verso le masse, ingrandendo notevolmente i suoi effettivi. Fu così che il suo capo, Macario, con una brillante operazione di marketing politico, raccolse al volo la sinistrissima parola d'ordine degli operaisti più duri e dichiarò anche lui in pubblico (18 ottobre 1969) che il salario è una variabile indipendente. Sempre sulla produttività si segnala un articolo di Cremaschi che mette in luce la continuità tra l'accordo del 2009 non sottoscritto dalla CGIL e quello del 28 giugno 2011 firmato dalla CGIL e rivendicato dalla FIOM contro l'accordo sulla produttività. In un mercato unico mondiale le merci nazionali devono competere con quelle di altri paesi. Quindi, qualunque cosa dicano i sindacalisti, non si può risolvere a livello nazionale una partita che ha origine a livello globale.

Per dirla con la Sinistra, "finché tutta l'esperienza dei passati disastrosi errori non sarà stata utilizzata, la classe lavoratrice non sfuggirà alla esosa protezione dei suoi vantati salvatori da offese minacce e provocazioni che potrebbero sorgere domani, e che gli si presentano intollerabili. E' almeno da un secolo che il proletariato ha davanti e sopra ciò che non può tollerare, e che quanto più tempo passa, più intollerabile diverrà, secondo la legge di Marx." (Lotta di classe e "offensive padronali", 1949)

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