Riprendendo quanto scritto nell'articolo "Il piccolo golpe d'autunno", e in particolar modo la parte relativa alle teorie e ai modelli Peccei-Visentini (degli anni '60), risultano delle somiglianze circa il tentativo di sostituire la politica rappresentativa elettoralesca con un esecutivo pragmatico capace di estendere a tutta la società il principio organizzatore della fabbrica. Per quanto i modelli proposti dai due appaiano utopistici, li ricordiamo proprio perché dimostrano come la borghesia italiana sia stata in grado, a suo tempo, di anticipare esperimenti destinati a diventare prassi nel resto del mondo. Il tentativo evidente è di far combaciare contenuto e involucro, anche se ciò è impossibile all'interno della vigente forma sociale. Di certo i modelli proposti da Peccei e Visentini, entrambi influenzati dall'ambiente della Olivetti, erano il prodotto di una borghesia ancora vitale e capace di avere un barlume di lucidità rispetto alle sfide che la attendevano. Non a caso il primo (Peccei) fu tra i fondatori del "Club di Roma" e il promotore del modello dinamico di Forrester mentre il secondo (Visentini) fu il presidente della Olivetti stessa. Sono personaggi che ricordano vagamente i tecnocratici americani: un tecnocrate per definizione non dovrebbe essere un ideologo e tantomeno un politico.
Il governo attuale non è altro che un tentativo di salvare il salvabile e questo non può che corrispondere alla carenza di "teoria" da parte dell'attuale classe borghese. Tale carenza è davvero totale: è dal 2007 che la crisi sopravanza e il massimo che riescono a fare è spostare di due-tre anni il momento di possibile "uscita dalla crisi". Si ha l'impressione che la borghesia non abbia alle spalle un disegno ben visibile per il futuro: non si pronuncia né con formule neo-keynesiane né tantomeno con politiche monetarie alla Friedman. Basta seguire la discussione relativa all'accordo sulla produttività per capire che non sanno più che pesci pigliare: si è arrivati ad un punto in cui le teorie economiche esistenti non funzionano e i tecnici sembrano ragionieri che cercano di mettere toppe a buchi sempre più grandi.
Le contraddizioni aumentano e si fa sempre più urgente la necessità di passare a proposte operative serie. Chissà, forse solo dinanzi ad una catastrofe generalizzata i borghesi saranno in grado di proporre qualche formula politica significativa. Magari per rendere operativi modelli come quello Peccei-Visentini. Per giunta tutte le misure che potevano essere prese (aumento dei tagli, delle tasse, riduzione dei salari e non ultimo il tentativo palesato in questi giorni di privatizzare la sanità) sono state messe in atto e a questo punto, non resta che trovare soluzioni veramente alternative, magari a livello internazionale. Lo sgretolarsi della componente politica borghese è evidente: in Francia si afferma il partito socialista e si polverizza la destra. In Germania a livello parlamentare è tutto in movimento. In Italia il PDL scompare e il centro-sinistra è alle prese con primarie, regolamenti di conti e faide interne, nel mentre Grillo accumula i voti degli scontenti.
Nell'articolo sul piccolo golpe di autunno si legge:
"Ora è inutile mettersi a fare profezie, ma è certo che se il capitale vuole sopravvivere ancora un po', deve comunque piantarla con la sua esplosione esclusivamente fittizia. Deve darsi una drastica autoriduzione e darsi un assetto sovrastrutturale tecnico, spazzando via gli orpelli del politicantismo parassitario. La riuscita anche solo parziale è dubbia, ma l'italietta come al solito prova a fare qualche esperimento di laboratorio, lasciando ad altri il compito di fare qualcosa di più serio. Vuol dire che prossimamente invece delle manifestazioni di Occupy Wall Street, vedremo quelle di Occupy The World".
Continuiamo a tenere d'occhio quanto gli stessi intellettuali borghesi scrivono rispetto agli scenari futuri. Basta leggere quanto scrive Mike Davis sul futuro delle metropoli per capire che le contraddizioni stanno maturando a tal punto da esplodere in un caos incontrollabile. In un libro di Lester R. Brown intitolato "Nove miliardi di posti a tavola" si delineano bene l'incontrollabilità del sistema e gli scenari di miseria e fame che vengono avanti. Tutto questo ci riporta all'incrocio delle curve che abbiamo disegnato nel numero 24 della rivista per descrivere la finitezza della biosfera a fronte della produzione infinita su cui si fonda la società del Capitale.
L'autore segnala il pericolo e tira il campanello d'allarme: "Già oggi vediamo guerre e sconvolgimenti politici causati dalla scarsità di cibo... Milioni di persone che non hanno da mangiare possono velocemente trasformarsi in persone disposte a tutto, con conseguenze che non sono tutte prevedibili. Perciò affrontare il problema del clima, dell'acqua, delle coltivazioni è nell'interesse di tutti". E' da tempo che sull'agricoltura si producono analisi interessanti come quella che Bebel anticipò ne "La donna e il socialismo" attraverso una serie di esempi sull'inquinamento della terra prodotto dalla nascente coltivazione di tipo intensivo. Ci sono sistemi di coltivazione ed irrigazione che sono terrificanti, scempi come la diga di Assuan in Egitto sono esempi di opere che non potranno essere salvate in una futura società, andranno solo fatte saltare. Dopotutto, agricoltura e allevamento intensivo sono un dato caratteristico di questa società, anche Rifkin ha scritto a proposito delle conseguenze dell'allevamento intensivo ("Ecocidio: ascesa e caduta della cultura della carne"). Se si eliminasse l'allevamento intensivo, ci sarebbe una conseguente maggiore disponibilità di cereali che, si calcola, arriverebbe a sfamare fino a trenta miliardi di persone.
Secondo la Banca Mondiale, nel 2010 le acquisizioni di terre da parte di Paesi stranieri sono state 464, per un totale di 140 milioni di acri (per darvi una dimensione di riferimento questa superficie di terra coltivabile corrisponde alla superficie di tutta la Francia metropolitana!), cioè più dell'insieme di quelli coltivati a mais e grano in tutti gli Stati Uniti. Dal punto di vista agricolo ed economico in generale questo non fa che aggravare la situazione di paesi con tassi di miseria altissimi, che vedono aumentare il costo del cibo fino a spingere le popolazioni a rivolte e proteste diffuse. Si fa sempre più evidente che non c'è possibilità di soluzione in questo modo di produzione e che l'unico modo per garantire la sopravvivenza della biosfera è passare ad un piano unico di specie (Programma rivoluzionario immediato nell'Occidente capitalistico. Riunione di Forlì, 28 dicembre 1952).
Le curve che abbiamo ripreso nel numero 24 della rivista mettono in evidenza da molteplici punti di vista il punto di non ritorno a cui è giunto il capitalismo. Dall'impronta ecologica alla diminuzione della biomassa come effetto della mineralizzazione del pianeta, non ci sono vie di scampo. In effetti c'è una relazione tra la rovina della biosfera e la rottura degli equilibri sociali: diminuisce la capacità di controllare i fenomeni "naturali" da parte dello Stato e aumenta la disgregazione dello stesso.
Più si avvicina il punto di incrocio delle curve, più aumenta il marasma sociale. L'Egitto continua ad essere un esempio paradigmatico: continuano le manifestazioni e nonostante arrivino informazioni parziali relative solo agli scioperi dei giudici o agli attacchi alle sedi dei Fratelli Musulmani, scopriamo che stanno scioperando da tempo anche gli operai. Stiamo parlando di un paese a capitalismo avanzato, che produce semilavorati immessi sul mercato globale e dotato di una struttura militare forte.
Anche Occupy continua ad inviare segnali interessanti al mondo, soprattutto per quanto riguarda l'affermarsi di reti di mutuo soccorso ("Mutual Aid in the Face of the Storm"):
"Fino a quando il sistema isola e contrappone gli uni contro gli altri, azioni efficaci contro il capitalismo sono impossibili. Pensando di agire da soli, si soffre da soli. Ma la creazione di un fronte unito interrompe questo schema. Stiamo formando sindacati dei debitori, cooperative di energia, reti alimentari, comitati di sciopero, e altro ancora. Quando sviluppiamo reti sostenibili basate sull'aiuto reciproco e la solidarietà, ci rendiamo conto che, dato che la tempesta del sistema attuale sta per farsi terrificante, il potere che esso esercita è minuscolo se paragonato al diluvio torrenziale che noi, il 99%, siamo in grado di scatenare contro il capitalismo stesso."
Studiando le origini del movimento operaio, vediamo come le reti di mutuo soccorso siano state gli elementi basilari su cui tutto il movimento socialista si è sviluppato. Le società operaie rappresentarono la prima forma associativa degli operai, base nascente del movimento operaio urbano. Sembrerebbe che quello che sta accadendo negli Stati Uniti si colleghi a quanto accaduto al principio della formazione delle leghe operaie e contadine. Secondo la nostra corrente sono tre i passaggi che caratterizzano lo sviluppo del movimento sindacale: repressione, tolleranza e cooptazione dei sindacati da parte dello Stato. Al venire meno della rete di Welfare State, il movimento Occupy sta rispondendo con un necessario recupero della struttura associativa originaria integrata e potenziata con i mezzi tecnologici oggi a disposizione. Nello sciopero contro Walmart organizzato durante il Black Friday ci sono state oltre 1000 proteste in 46 stati e sono state riscoperte vecchie canzoni di lotta, a conferma che vi è un evidente recupero della migliore tradizione sindacale americana.
Il caso dell'acciaieria tarantina rappresenta il paradigma dell'impotenza totale della borghesia di fronte alle molteplici reti di interesse che prendono il sopravvento sull'interesse "generale" rappresentato dallo Stato. Quanto emerso dalle ultime intercettazioni ci dimostra la generalizzata putrescenza della borghesia sia nazionale che locale: nessun politico, prete o sindacalista è stato escluso dalla partecipazione all'inquinamento di dati e prove. La posizione della cosiddetta sinistra sindacale, resta quella trotskista della nazionalizzazione della fabbrica. Il Comitato dei cittadini e lavoratori sembra piuttosto diviso tra occupazione della fabbrica (come da ottima tradizione gramsciana) e blocco della città a cui molti si dicono contrari. Staremo a vedere se politici e industriali tireranno fuori dal cilindro qualche alternativa o se lasceranno che la produzione di acciaio si concentri in paesi "giovani" come India o Cina. Le ultime news di agenzia parlano di una bozza del provvedimento che l'esecutivo sta predisponendo per bypassare l'ordinanza di sequestro del gip.