Informazioni aggiuntive

  • Resoconto teleriunione  23 ottobre 2012

Malattie croniche e "invarianti" del movimento operaio

Sulla base di alcuni appunti estrapolati dal testo di Riechers, "Gramsci e le ideologie del suo tempo", sono state fatte alcune considerazioni sui concetti di coscienza e volontà. Gramsci interpreta la società secondo il metodo idealista del primo '900, stravolgendo idealisticamente il marxismo a cui si approccia per le contingenze storiche del periodo. Secondo il filosofo sardo, la catarsi rappresenta un movimento della coscienza che permette di superare, grazie alla consapevolezza, i piccoli interessi economici. Il meccanismo politico prende così il sopravvento e determina dei cambiamenti sul meccanismo economico, poiché coscienza e volontà si trovano al di là dei limiti posti dalla struttura materiale dell'economia. Per questo motivo il proletariato altro non deve fare che scalzare dal potere la borghesia lasciando più o meno inalterata la struttura economica.

In realtà con il concetto di coscienza, o di falsa coscienza (come la definisce Marx), si "travestono" i meccanismi economici che rappresentano, invece, il perno da rompere affinché si possa verificare qualsivoglia cambiamento sociale. Sono i rapporti di produzione a determinare i rapporti sociali all'interno della società, non il contrario, e nel capitalismo la libertà economica è la libertà dei borghesi non certo del proletariato. Però tali rapporti sociali si trovano all'interno di un meccanismo economico a cui entrambe le classi devono sottostare: gli stessi capitalisti diventano meri funzionari del Capitale. Se si pone la coscienza come motore di trasformazione e superamento si negano le leggi di funzionamento del capitalismo sintetizzate da Marx ed Engels nel Manifesto.

Lo stesso ragionamento vale per il concetto di volontà. Il capitalismo rimane l'economia dominante anche quando ci sono movimenti anti-formisti che cercano di rovesciare la prassi. La teoria può anticipare il movimento e intercettare le leggi effettive del divenire storico - per questo cerchiamo di dar vita ad un ambiente che non sia capitalistico, un piccolo rovesciamento della prassi - ma è il movimento oggettivo ad andare in una determinata direzione, al di là della nostra volontà individuale e della "presa di coscienza". E' lo sviluppo stesso del capitalismo a generare le determinazioni materiali per cui prendono piede movimenti anti-sistema. Ma, come scritto in "Tavole immutabili della teoria comunista del partito", il rovesciamento della prassi è proprio di un insieme sociale che viene da fuori, che si pone cioè nei fatti al di là delle categorie economiche vigenti. Pur essendo all'interno dell'insieme capitalistico, il partito (storico e formale) non fa parte del sistema e lo nega nella prassi. Tutti ricordano la definizione di militante che citiamo spesso e volentieri: è militante comunista chi si strappa di dosso le caratteristiche segnate all'anagrafe di questa società e si confonde con tutto l'arco millenario che va dall'uomo-primate all'uomo veramente sociale.

In ultima analisi lo studio della filosofia di Gramsci passa in secondo piano rispetto al fatto oggettivo che egli è stato una pedina in mano agli stalinisti e ha contribuito alla lotta contro la nostra corrente. A noi interessa di più il fatto politico che quello accademico. Ne "I fondamenti del comunismo rivoluzionario" si mostra la continuità politica tra Proudhon, Stalin e Gramsci:

"Una prima tesi pregiudiziale accomuna come antimarxisti tutti questi conati, basati sulle formule o "ricette" per svariate forme organizzativi dagli effetti miracolosi. Essa orecchia le vecchie e semisecolari banalità dei trafficanti politici e degli imbonitori, che riducevano le vicende della lotta storica ad un succedersi di figurini, come nella "moda" del vestire. Cianciavano questi saputelli: Nella grande rivoluzione francese il motore fu il club politico, e la lotta tra questi (giacobini, girondini, ecc.) fu la chiave degli eventi. Poi quella foggia passò di moda e si ebbero i partiti elettorali... poi si passò ad organismi locali, comunali, preconizzati dagli anarchici... oggi (pensiamo al 1900) si ha la ricetta modernissima: il sindacato operaio di professione, che tende a soppiantare tutto e si contrappone (Giorgio Sorel) col suo potenziale rivoluzionario a Partito e Stato. Vecchissima canzone. Oggi (1957) sentiamo vantare altra forma "autosufficiente": il consiglio di fabbrica, in diversi modi portato sul primo piano rispetto ad ogni altra forma, da "tribunisti" olandesi, gramsciani italiani, titini jugoslavi, cosiddetti trotzkisti, gruppetti di "sinistra" da batracomiomachia. Tutto questo vuoto discorrere è sepolto da una sola tesi (Marx, Engels, Lenin): "La rivoluzione non è una questione di forma di organizzazione". La questione della rivoluzione sta nell'urto delle forze storiche, nel programma sociale di arrivo che sta alla fine del lungo ciclo del modo capitalista di produzione. Inventare il fine invece di scoprirlo nelle determinanti passate e presenti, scientificamente, fu il vecchio utopismo premarxista. Uccidere il fine e mettere l'organizzazione dimenantesi al suo posto è il nuovo utopismo post-marxista (Bernstein, capo del revisioniamo socialdemocratico: il fine è nulla; il movimento è tutto)."

Si tratta di malattie croniche e "invarianti" del movimento operaio, destinate a riaffiorare nella stessa misura in cui l'influenza ideologica, se non il peso sociale, della piccola borghesia continua ad infiltrarsi e a serpeggiare nelle file del proletariato, e a sopravvivere in esse per una specie di inerzia storica che è, fra parentesi, una delle ragioni della necessità dell'esercizio dittatoriale del potere. Se è vero che il riformismo classico abbandona la via rivoluzionaria e si illude di cambiare la struttura sociale in modo riformistico (Kautsky), per lo meno i socialdemocratici storici avevano l'idea della conquista della società non con le idee ma con "fronti" di lotta. Carogne con una certa statura politica: Stalin è stato elemento di rivoluzione borghese in Asia, Gramsci è stato un elemento politico assolutamente controrivoluzionario. Infine non è mancato un riferimento allo scadente "Dialogato con Gramsci" dei "fiorentini".

Conclusa la parte su Gramsci, la discussione si è incentrata su aspetti di natura sindacale.

Ad una assemblea indetta a Torino dalla Rete28aprile (opposizione in CGIL), a cui erano presenti una quarantina di elementi tra Rsu, delegati e anche qualche funzionario, Sergio Bellavita ha illustrato la mancanza di democrazia in FIOM, il carattere burocratico della struttura, la torsione autoritaria in corso ed il bisogno di rinnovamento del sindacato (?). Dopo l'introduzione del segretario, una serie di interventi da parte di alcuni delegati ha dimostrato la totale mancanza di prospettive ed espresso il forte disagio nell'interfacciarsi con la base sindacale nei luoghi di lavoro. Da una parte è stata messa in luce l'impossibilità di continuare con gli scioperi puramente dimostrativi, dall'altra si richiamava un passato che è stato spazzato via e non può ritornare. Di qui tutta la noiosa discussione sullo smantellamento del CCNL e dello Statuto dei lavoratori.

La speranza di riunificare il mondo del lavoro, riconquistando un potere di contrattazione collettiva, sembra essere per la cosiddetta sinistra sindacale l'unica battaglia degna di essere combattuta. Per noi invece si tratta di una posizione di retroguardia perché quello dei "diritti" è un terreno di lotta imposto dall'avversario. E poi, che dire a quei milioni di giovani (e non) senza lavoro e quindi senza possibilità di contrattazione?

Unica nota positiva della serata è stato l'intervento di un delegato della FIOM in quota Rete28aprile, in cui veniva messa in discussione la parola d'ordine della "difesa del posto di lavoro" anche in critica ai contenuti della manifestazione promossa dalla CGIL il 20 ottobre a Roma ("Il lavoro prima di tutto"). Continuando con la richiesta di lavoro, il passo successivo, ha sostenuto il sindacalista, sarà quello di organizzare una manifestazione dal titolo Arbeit macht frei ("Il lavoro rende liberi"): non si tratta di lottare per avere più lavoro ma per la difesa del salario e della salute (riferimento all'ILVA di Taranto).

Tutti i delegati presenti raccontavano di non avere più nulla da dire ai lavoratori visto il ridursi degli spazi di mediazione e la progressiva cancellazione dei "diritti". Tutti esprimevano una certa preoccupazione rispetto alla sorte del sindacato. I sindacalisti di base si trovano con le spalle al muro e sono schiacciati dalla micidiale tenaglia rappresentata da datori di lavoro e burocrazia sindacale. Insomma, se da una parte la logica resistenziale fatica a morire, dall'altra si comincia a percepire che un'epoca sta finendo. Del resto, diciamo noi, occorre superare la forza d'inerzia costituita da decenni di pace sociale, chiacchiere parlamentari, mistificazione democratica e collaborazione di classe. E' necessario che siano spazzati via i residui ideologici di epoche passate, è questa cappa di piombo che pesa come un incubo sulle prospettive di cambiamento che va dissolta il prima possibile.

La teleconferenza è proseguita prendendo spunto dalle manifestazioni in corso a Budapest e Madrid. A proposito di Spagna, abbiamo notato che OWS presta molta attenzione a quanto succede nella penisola iberica ed ha pubblicato un post riguardo al tentativo del Governo Rajoy di approvare una legge che vieta di fare foto e video dei poliziotti mentre picchiano i manifestanti.

Il 14 novembre è stato indetto dalla Confederazione dei Sindacati Europei uno sciopero generale "continentale". Anche la CGIL sembra voler aderire. Nei fatti si tratta di uno sciopero puramente dimostrativo ma è importante che si verifichino dei tentativi di mobilitazione internazionale. Se la causa della miseria crescente è unica per tutti, allora anche la lotta dei lavoratori deve essere unitaria. Non a caso qualcuno a suo tempo diceva: Proletari di tutti i paesi, unitevi!

A Londra il 20 ottobre c'è stata una grande manifestazione contro l'austerità. Secondo l'Ansa circa 100 mila persone sono scese in piazza e, cosa interessante, partecipava e promuoveva la mobilitazione Occupy London. Non passa giorno che non ci siano manifestazioni in Europa e nel mondo. Martedì 23 a Torino un corteo selvaggio di "insegnanti arrabbiati" ha bloccato il traffico per qualche ora. Nel corso della giornata ci sono state altre 4 o 5 manifestazioni che hanno coinvolto, netturbini, studenti, operai, Cobas e gente comune. Il giorno prima c'è stato un presidio Notav al convegno organizzato dal Pd ad Avigliana (come c'era da aspettarsi la zona è stata completamente militarizzata). Per adesso tutte queste iniziative vanno avanti in ordine sparso e sono a difesa di singoli settori e/o categorie, ma qualora si imponesse un programma comune d'azione ne vedremmo delle belle. D'altronde, quello che succede a livello micro in una città come Torino sta succedendo a livello macro in tutta Europa con processi auto-organizzativi in corso a Madrid, Londra, Lisbona, Atene, ...

In conclusione si è brevemente accennato al surriscaldarsi di una vasta area in Medioriente. In Libano nei giorni scorsi c'è stato un grande attentato: il Generale ammazzato rappresentava il collegamento per il rifornimento di armi ai ribelli anti-Assad.

Articoli correlati (da tag)

  • Captare i segnali di futuro

    La teleriunione di martedì sera è iniziata facendo il punto sulla crisi automobilistica tedesca.

    Ad agosto, in tutti i paesi del vecchio continente, le immatricolazioni hanno subito un calo: rispetto allo stesso mese dell'anno precedente sono scese del 16,5%, e rispetto al 2019 hanno registrato un crollo quasi del 30%. In Germania, nell'agosto 2024, le vendite di automobili elettriche sono calate del 68%, anche a causa della fine dei sostegni statali. Tutti i produttori sono in difficoltà a causa della concorrenza della Cina, che riesce a mantenere bassi i costi di produzione grazie ai sussidi statali. La crisi riguarda Volkswagen, Mercedes, Porsche, Audi. Ma non è la crisi del settore dell'automobile a determinarne una crisi generale; al contrario, è la crisi di sovrapproduzione mondiale a manifestarsi anche in questo settore.

    Le prospettive di chiusura degli stabilimenti e la riduzione dei posti di lavoro hanno portato a scioperi e manifestazioni in Germania. Il paese, considerato la locomotiva economica d'Europa, ha attraversato un lungo periodo di relativa pace sociale. La Mitbestimmung, cogestione in italiano, prevede la collaborazione fra operai e padroni, sancita dalla natura corporativa dei sindacati esistenti. Il fascismo non è una forma di governo tipica prima dell'Italia e poi della Germania ("La socializzazione fascista ed il comunismo"), ma un cambiamento del capitalismo avvenuto a livello globale, con l'Italia che ha fatto da pilota e subito seguita dal New Deal negli USA, dal nazismo in Germania e dalla controrivoluzione stalinista in Russia. Il fascismo rappresenta un determinato stadio di sviluppo delle forze produttive che richiede che l'economia regoli sé stessa per mezzo degli interventi dello Stato: la Tennessee Valley Autority negli USA, le bonifiche dell'Agro Pontino in Italia, la costruzione della diga sul Dnepr in Unione Sovietica e la rete autostradale in Germania (Autobahn) avevano il chiaro obiettivo di modernizzare le infrastrutture pubbliche. La nuova autostrada tedesca aveva bisogno di una vettura del popolo, e si cominciò a produrre la Volskwagen. Così facendo, si diede lavoro a migliaia di disoccupati (conquistandoli al regime) e si rilanciò l'economia nazionale. Il corporativismo nazista viene rifiutato politicamente dalla Germania democratica, ma l'impianto economico sopravvive con la cogestione.

  • La curva del capitalismo non ha ramo discendente

    La teleriunione di martedì sera è iniziata con un approfondimento del testo "Teoria e azione nella dottrina marxista" (1951), ed in particolare del seguente passo:

    "Alla situazione di dissesto dell'ideologia, dell'organizzazione e dell'azione rivoluzionaria è falso rimedio fare assegnamento sull'inevitabile progressiva discesa del capitalismo che sarebbe già iniziata e in fondo alla quale attende la rivoluzione proletaria. La curva del capitalismo non ha ramo discendente."

    L'andamento del capitalismo non è di tipo gradualistico, ma catastrofico e questo dipende dagli stessi meccanismi di accumulazione. Anche se cala il saggio medio di profitto, cresce la massa del profitto, altrimenti non ci sarebbe capitalismo e cioè valore che si valorizza (D-M-D'). La Tavola II ("Interpretazione schematica dell'avvicendamento dei regimi di classe nel marxismo rivoluzionario") di "Teoria e azione" ci suggerisce che non c'è una lenta discesa dell'attuale modo di produzione (fatalismo, gradualismo), ma un accumulo di contraddizioni che ad un certo punto trova una soluzione di tipo discontinuo (cuspide, singolarità).

  • Guerra "intelligente" e rovesciamento della prassi

    La teleriunione di martedì sera è iniziata con alcune considerazioni riguardo i sistemi di intelligenza artificiale utilizzati da Israele nella Striscia di Gaza. L'argomento si inserisce nel nostro lavoro in corso sulla guerra e sulle nuove armi in via di sperimentazione in Medioriente e Ucraina.

    Prendendo spunto da fonti israeliane (i due siti di informazione +972 e Local Call), il manifesto ha pubblicato un lungo articolo ("20 secondi per uccidere: lo decide la macchina") in cui sono riportate le interviste ad ufficiali dell'intelligence israeliana che spiegano il funzionamento del sistema IA Lavender e il ruolo che esso ha giocato nei bombardamenti sulla Striscia. Lavender opera in sinergia con il sistema Gospel, che si occupa nello specifico di contrassegnare gli edifici e le strutture da cui Hamas lancia i razzi; e ha il compito di individuare i nemici assegnando un punteggio da 1 a 100 ad ogni individuo: per un alto responsabile di Hamas, se identificato in una palazzina molto abitata, è possibile accettare una certa quantità di "danni collaterali", per un militante minore se ne accetta una inferiore. Il sistema di intelligenza artificiale riesce a costruire dei profili e a definire una "kill list" secondo un processo statistico che ha perciò un margine di errore (intorno al 10%); i tempi impiegati dalla macchina per individuare e colpire un obiettivo sono di circa 20 secondi, l'operatore umano non può quindi tenerne il passo e tantomeno eseguire un'analisi approfondita della lista dei bersagli.

    Non si tratta di indignarsi perché l'IA uccide gli uomini, anche i cannoni e le mitragliatrici lo fanno; si tratta invece di comprendere le novità che emergono dall'utilizzo di questa tecnologia. Siamo nel bel mezzo di una transizione di fase, tra un vecchio tipo di conflitto ed uno nascente: la guerra inizia sempre con gli armamenti, le dottrine, le tecniche del passato, ma in corso d'opera evolve diventando altra cosa. Oggigiorno si combatte ancora nelle trincee, come in Ucraina dove però allo stesso tempo si utilizzano i robot; si adoperano i fucili e le granate, ma anche i missili ipersonici. Nell'articolo dell'Economist "How Ukraine is using AI to fight Russia" si informa il lettore che sin dall'estate del 2022 sono stati utilizzati software per ridurre gli attacchi-disturbo dei Russi. Tante start-up ucraine operanti nel settore hi-tech hanno virato verso le necessità belliche, e sono state utilizzate tecniche di profilazione e monitoraggio, consulenze e indagini statistiche per raccogliere dati e scovare la posizione delle truppe e dei sistemi d'arma nemici. Semantic force è una start-up che si è specializzata nel trattamento dei dati riguardanti il morale della popolazione: ora il suo scopo è comprendere lo stato d'animo dei soldati russi (attraverso i social network e non solo).

Rivista n°55, luglio 2024

copertina n° 55

Editoriale: Non potete fermarvi

Articoli: Evoluzione extra biologica - Transizione di fase. Prove generali di guerra

Rassegna: Presa d'atto - Il capitalismo è morto

Recensione: Dallo sciopero, alla rivolta, alla Comune - Guerra civile negli USA, ma non quella vera

Doppia direzione: Il programma immediato non ammette mediazioni

Raccolta della rivista n+1

Newsletter 245, 19 gennaio 2022

f6Libertà

Viviamo in una società che scoppia. I suoi membri, divisi o raggruppati secondo criteri il più delle volte arbitrari e casuali, non riescono più a darsi un'identità plausibile. La pandemia, invece di compattare gli individui intorno a provvedimenti utili alla salvaguardia della specie, ha aggravato la situazione facendo emergere ataviche tendenze all'irrazionale.

Continua a leggere la newsletter 245
Leggi le altre newsletter

Abbonati alla rivista

Per abbonarti (euro 20, minimo 4 numeri) richiedi l'ultimo numero uscito, te lo invieremo gratuitamente con allegato un bollettino di Conto Corrente Postale prestampato.
Scrivi a : mail2

Iscriviti alla newsletter

Iscriviti alla newsletter quindicinale di n+1.

Invia una mail a indirizzo email