Un'assemblea in Sudafrica tra sindacati e imprenditori è stata presa d'assalto dagli operai in lotta; la polizia ha sparato per difendere i sindacalisti. Il Sudafrica è uno stato a capitalismo ultra-maturo rispetto agli altri paesi africani, con una classe operaia che non è stata mai aristocratizzata. Possiamo vedere nelle lotte dei minatori un esempio di quello che può succedere in tutti i paesi di vecchio capitalismo. A proposito, a Taranto ci sono sviluppi interessanti dal Comitato cittadini liberi e pensanti: la tragica morte di un operaio di 29 anni nello stabilimento dell'Ilva ha fatto esplodere la rabbia dei lavoratori, nell'immediato sono stati organizzati uno sciopero e un raduno dei lavoratori di fronte alla Prefettura mentre in serata è stata convocata un'assemblea davanti al palazzo del sindacato che è stato occupato:
"A fronte di tutto ciò, alle ore 18.00 il comitato ha convocato una conferenza stampa ed un'assemblea straordinaria in Piazza Bettolo, di fronte al palazzo in cui risiedono i sindacati confederali. I sindacalisti presenti nel palazzo, stimolati e chiamati a gran voce ad esprimere le loro posizioni in piazza, non si sono degnati di rispondere e hanno invece provveduto ad abbassare le serrande, come se gli operai fossero solo un fastidio e non l'oggetto delle loro ipotetiche tutele nonché l'unica ragione della loro stessa istituzione. Com'era prevedibile, i sindacati si sono dimostrati sordi alle richieste degli operai. Dopo ore di attesa, il Comitato ha simbolicamente restituito la dignità agli operai entrando nel palazzo pagato con gli stipendi dei lavoratori." Se è vero che la soluzione dei problemi non è la semplice occupazione delle Camere del Lavoro queste rimangono sempre un simbolo importante, e i simboli hanno un loro peso materiale.
Martedì 30 ottobre alle ore 17.30 si è svolta a Milano presso l'Archivio Primo Moroni un incontro pubblico con Jacques Camatte. Si è trattato perlopiù di una discussione tra i presenti, circa una trentina, ed il relatore. Camatte è partito da un'affermazione cara alla nostra corrente sul fatto che il Capitale non esiste più: in America c'è stato un punto di svolta, tutto si è smaterializzato ed è impossibile estrarre nuovo valore dai proletari. Il capitalismo oramai è morto e, di riflesso, il proletariato ha perso il suo ruolo rivoluzionario. Anzi, a dirla tutta, il proletariato in quanto classe non esisterebbe più, il soggetto della prossima "rivoluzione" è la specie umana: "Il godimento si afferma nella gioia di vivere l'invarianza in seno al divenire. Cosa impedisce agli uomini e alle donne di vivere questo godimento e li consegna alla dipendenza?" Insomma, dal "racconto" tutt'altro che lineare di Camatte sono emerse una visione abbastanza spiritualista, la necessità di una ritrovata armonia con il mondo circostante e un approccio universalista. Camatte rivendica il suo passato nella Sinistra Comunista e durante l'incontro ha citato spesso Bordiga e Marx. Egli ritiene di aver elaborato la "sua" teoria in continuità con essi sulla base dei cambiamenti avvenuti nella società (smaterializzazione delle merci). Tutto era già presente in un lavoro come "Il Capitale totale", uno studio del VI° capitolo inedito del Capitale. Questo modo di produzione anche se morto viene tenuto in vita solo per la presenza degli Stati che sorreggono il cadavere che ancora cammina. Non avendo più nemici da combattere ci si può liberare dalla domesticazione: "Je n'ai pas d'ennemis: l'enfermement s'abolit."
Chiusa la parte sull'incontro camattiano, si è passati ad analizzare il risultato delle recenti elezioni regionali in Sicilia. Ne traiamo due valutazioni importanti: lo spappolamento dei vecchi raggruppamenti politici esistenti e l'alto grado di astensionismo, in un'area dove clientela e corruzione hanno da sempre un ruolo importante nelle elezioni locali e nazionali. Il Movimento 5 stelle rappresenta una novità per i delusi, Grillo pesca tra coloro che votano esprimendo una sorte di voto di protesta/rifiuto verso la "politica".
Successivamente abbiamo avuto modo di affrontare la concezione materialistica della nostra corrente in merito alla geopolitica. Rispetto alla "cerniera" geostorica europea e al fatto che essa potrebbe essere rappresentata da un "asse" che separa paesi molto diversi, nel senso di giovane e vecchia accumulazione, e non da un paese o un insieme di diversi paesi, si è fatto riferimento all'articolo "La grande cerniera "balcanica" e il futuro dell'Unione Europea":
"L'Europa d'oggi è stata disegnata allora da queste determinazioni, e il capitalismo non ha fatto altro che impiantarsi sulle zone agrarie e industriali che ha trovato pronte, rafforzandosi, spazzando il vecchio modo di produzione, ma senza poter sconvolgere più di tanto le condizioni materiali accumulate in un millennio sul territorio. Infatti, se noi tracciamo lo schema delle aree agrarie e industriali capitalistiche, le stesse che ci indicano la quantità di capitale radicato per chilometro quadrato (cfr. il nostro Convulsioni di nazioni e classi...), vediamo una fascia che va da Nord a Sud attraversando l'Europa. La penisola italiana, proiettata sul Mediterraneo, continua ad essere il prolungamento naturale e imprescindibile di quell'asse, come osservò Engels a proposito di Po e Reno, Nizza e Savoia, territori le cui vicende mostravano l'interesse tedesco per l'Italia e non contro di essa, mentre opposti erano gli interessi della Francia."
Nel Filo del tempo "Il pianeta è piccolo" viene detto che il cuore del mondo è l'Asia Centrale e si mette in evidenza che la finitezza del mondo costringe i capitalisti a metter i piedi per terra, abbassare la testa e imparare dal marxismo. Noi parliamo da decenni di geostoria e studiamo le linee di forze negli scontri di classe perchè l'integrazione tra sviluppo storico ed economico e le condizioni materiali derivanti dalla geografia ci permettono di stabilire assi tra paesi. I vecchi paesi imperialisti, pur non conoscendo la geopolitica, si preoccupavano delle aree da controllare.
La riflessione di un compagno riguardo al lavoro su Gramsci ci ha permesso di approfondire la materia. Il filosofo-politico sardo è stato una costruzione dei servizi segreti russi, era un idealista classico ad un livello teorico alto per i borghesi ma non è mai stato marxista. Storici come Canfora e Lo Piparo hanno fatto una lettura filologica delle lettere e dei quaderni dal carcere ricavandone un'immagine di grande italiano del Pantheon liberale. Probabilmente hanno ragione nell'inserirlo nella lista dei padri nobili della Patria.
Durante la carcerazione Gramsci rompe con il partito comunista e torna ai suoi ideali liberali giovanili. E' utilizzato da Togliatti successivamente (svolta di Salerno 1944) come santino per mettere in piedi un "partito nuovo". Nel testo "Gramsci a Roma, Togliatti a Mosca", curato da Chiara Daniele, ci sono documenti che dimostrano come il fulcro dell'attività degli stalinisti fosse il manovrare le pedine per fini nazionali anziché interessarsi alle sorti del proletariato mondiale. I documenti presi in esame sono 56 "tra lettere, telegrammi, note informative, verbali di riunioni, risoluzioni del Presidium del Comintern" e provengono in massima parte dagli archivi russi, recuperati in fotocopia tra gli anni sessanta e il 1990; ma – come avverte la curatrice – "sono solo una piccola parte di quelli scambiati tra l'Italia e Mosca nel 1926" (delle lettere escluse viene dato un elenco a parte). Gramsci, Togliatti, Grieco, Ravera e Scoccimarro (gli estensori materiali dei documenti) appoggiano pienamente la maggioranza del Partito russo che pochi mesi prima li aveva aiutati concretamente ad emarginare la Sinistra di Bordiga (e gran parte delle lettere riguardano proprio il processo di "bolscevizzazione" del partito italiano e il controllo delle opposizioni interne).
In conclusione della riunione si è fatta una breve escursione sugli accadimenti in Medio Oriente. Nell'articolo "Marasma sociale e guerra" si affronta anche la situazione in Siria, adesso un vero e proprio campo di battaglia tra molteplici forze statali e non. In quel martoriato territorio si stanno sperimentando le moderne forme di partigianeria e di proxy war (guerra per procura). Come ben detto in un trafiletto presente nell'ultima newsletter, nella guerra civile siriana gli interessi di Stati Uniti, Russia, Turchia, Iran, Arabia Saudita, Francia, Inghilterra e persino Cina sono i fattori più o meno nascosti che alimentano lo scontro armato fra gruppi locali. Sciiti, Sunniti, Salafiti, Drusi, Circassi, Alawiti, Curdi sono attori assai poco autonomi. Tentano di trovare un'estensione del proprio raggio di azione a spese gli uni degli altri pensando di sfruttare gli appetiti imperialistici delle grandi e piccole potenze; ma, com'è ovvio, sono invece queste ultime ad avere un potere di "compellenza" nei loro confronti. La Turchia, aspirante da tempo al ruolo di potenza egemone nell’area, proiettata verso l'Asia, è più della Siria nell'occhio del ciclone. Ha confini comuni con Siria, Iraq e Iran ed è ultrasensibile al problema del Kurdistan, territorio che attraversa le quattro frontiere e i cui combattenti sono variamente foraggiati, dalla Siria soprattutto e, indirettamente, anche dagli Stati Uniti. Non per niente il premier turco manifesta la propria preoccupazione denunciando il fatto che, in Siria e Kurdistan, Russia e Cina sono più attivi degli Stati Uniti. Le scaramucce armate turco-siriane aggravano la situazione in un'area dove da sempre ci vuole poco per far saltare i delicati equilibri "glocali".