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  • Resoconto teleriunione  26 novembre 2024

L'Imperialismo al tempo del collasso degli Stati

La teleriunione di martedì sera è iniziata riprendendo i temi trattati in chiusura di quella scorsa, ovvero la struttura imperialistica mondiale alla luce della crisi degli stati. Nell'articolo "Super-imperialismo?" (2001), scrivevamo:

"Non può, nel mondo delle borghesie nazionali, esistere un organismo borghese sovranazionale che abbia capacità politica esecutiva, potenza militare sufficiente, indipendenza e funzionamento democratico. Può solo esistere una forza che sia di segno maggiore a tutte le altre e si incarichi dell'ordine. In questo caso gli Stati Uniti. Logicamente essi fanno i propri interessi, ma è anche vero che in generale sono gli interessi del capitalismo e quindi delle nazioni capitalistiche subordinate."

Gli Stati Uniti difendono i propri interessi specifici, che si estendono su scala globale, come la protezione dei punti strategici per il transito delle merci. L'imperialismo delle portaerei è basato sulla proiezione di potenza ed il controllo degli oceani ma, come affermava il geografo inglese Halford Mackinder (Heartland), resta fondamentale controllare quanto accade sulla terraferma.

Haiti, situata a breve distanza dale coste statunitensi, è da tempo in mano a bande e milizie, gli Americani non riescono a ristabilire una parvenza di ordine. In Birmania, dove la Cina ha forti interessi, Pechino potrebbe inviare, per la prima volta, proprie truppe. Nel Mar Rosso, anche a causa dei continui attacchi condotti dagli Houthi, il traffico è diminuito dell'80%.

Nell'Imperialismo di Lenin la guerra tra potenze è descritta come un fenomeno inevitabile. Detto questo, ciò che importa è capire che tipo di guerra è quella in corso, e per farlo è necessario elaborare dei modelli. Oggi, nessuno è in grado di vincere la guerra per il predominio del mondo e nemmeno per stabilizzare i propri interessi. Basti pensare alla situazione in cui versa Israele, che non riesce a spuntarla con l'Iran, con Hezbollah e, tutto sommato, neppure con Hamas. Gli USA perdono terreno, nel mentre la Cina sviluppa i mezzi per contrastarli, pur senza arrivare, per ora, ad un confronto militare diretto, ad una guerra guerreggiata (che tutti i wargame danno senza sbocco). Il debito americano è sostenuto dai Cinesi. Il capitalismo finanziarizzato si basa su credito e debito, tutti quindi sono parte di una rete inestricabile di interessi.

Nell'articolo "Asia, polveriera del mondo" (1954) la Sinistra descrive il risveglio dell'Asia, prima con le lotte di liberazione nazionale, poi con lo sviluppo del capitalismo. La Cina oggi cerca uno sfogo per le proprie merci e i propri capitali, penetrando in Africa ed in Europa. Il pianeta sta diventando piccolo per tutti ed ognuno cerca di riversare sugli altri le proprie contraddizioni. Leggiamo come tale processo era stato inquadrato nell'articolo sopra menzionato:

"La Seconda Guerra Mondiale ha avuto l'effetto di occidentalizzare l'Asia, di introdurre il capitalismo in un continente rimasto indietro di millenni. Ma il capitalismo è guerra, è lotta per il predominio sul mercato mondiale. Cina, India, Indonesia – mostri immensi per territorio, popolazione e materie prime – si affacciano sul 'ring' della politica internazionale. Domani pretenderanno ciascuno per conto proprio o insieme di 'orientalizzare' l'Occidente. La polveriera asiatica ha ancora ingenti riserve: non passerà tempo che la rivoluzione per 'l'Asia agli asiatici' darà luogo al pan-asiatismo, al ciclo delle guerre per la 'Terra agli asiatici'."

The Economist afferma che "la potenza cinese sta per raggiungere il picco", rifacendosi alle analisi dei due politologi americani Hal Brands e Michael Beckley, secondo i quali l'ascesa della Cina si sta arrestando ("Is Chinese power about to peak?", 13 maggio 2023). Il Paese ha percorso rapidamente le tappe dello sviluppo e ora si ritrova con quei problemi demografici, occupazionali, di sostenibilità del sistema pensionistico, urbanistici ed immobiliari che dimostrano che il passaggio di consegne tra USA e Cina non ci può essere. La staffetta imperialistica non può più proseguire, perchè si è interrotto il meccanismo capitalistico.

Dal punto di vista tecnico-militare, si stanno sperimentando armi nuove, ma per un utilizzo strategico vecchio. Siamo di fronte ad una transizione. In Ucraina, in breve tempo, gli arsenali di vecchi armamenti si sono ridotti al minimo, mentre quelli nuovi non riescono ad essere utilizzati. Non si è definito uno schieramento netto, come avvenuto con la Seconda guerra mondiale: "l'amicizia senza limiti" tra Cina e Russia (storicamente rivali almeno dai tempi di Marx), così come il tentativo di autonomia monetaria auspicato dai BRICS allargati, dimostrano l'esistenza di interessi contrapposti che non permettono la formazione di un blocco compatto. L'India è storicamente nemica della Cina, ma entrambe partecipano ai BRICS, associazione che non produce iniziative politiche conseguenti dato che nessuno dei paesi aderenti è in grado di proporre un ordine alternativo a quello americano. Tra i più importanti, l'India è quello con il maggior numero di contraddizioni: è un Paese immenso, abitato da 1,4 miliardi di persone, che alterna estrema modernità a situazioni di arretratezza. Alleata degli USA contro la Cina, non ha imposto sanzioni alla Russia a cui ha invece fornito materiale bellico.

La guerra moderna passa anche per il sabotaggio dei cavi sottomarini che collegano la rete Internet. Nei giorni scorsi sono stati tranciati due collegamenti in fibra ottica per le telecomunicazioni nel Mar Baltico, uno tra Finlandia e Germania, l'altro tra Svezia e Lituania. Potrebbe trattarsi di un sabotaggio, una di quelle azioni che rientrano nella definizione di "guerra ibrida". La rottura di cavi sottomarini strategici potrebbe causare danni enormi ad aziende e stati: tutta l'economia, dalle banche alle industrie, funziona grazie alla Rete; tutti i traffici e i movimenti di capitali avvengono via Internet.

Le guerre si acutizzano ed estendono e gli stati, quando collassano, non riescono a ristabilire un nuovo equilibrio (Sudan, Libia, Somalia, Haiti, ecc.). Di contro, quelli che ancora non si sono disgregati, aumentano il controllo sociale e la repressione per evitare di fare la fine degli altri. In Unione Sovietica, poco prima del crollo, nessuno immaginava che la situazione fosse così compromessa. Il decadimento dell'America si manifesta anche nell'incapacità di avere un qualche tipo di programma politico; il neo presidente eletto, Donald Trump, è allo stesso tempo prodotto e fattore di crisi dello stato, per esempio quando nomina ministri le cui posizioni contrastano con il ruolo che sono chiamati a svolgere, o quando si fa paladino di una politica isolazionista. La borghesia statunitense dà i numeri: mette i dazi alle merci cinesi, prodotte in Cina da industrie americane, con capitali americani.

In tutto questo marasma l'Europa, vaso di coccio tra i vasi di ferro USA e Cina, rischia di andare in frantumi: la Germania, locomotiva economica del continente, ha un'economia in crisi ed una sovrastruttura politica in preda al caos.

La questione climatico-ambientale è un fenomeno non secondario nella crisi storica del capitalismo senile. Quando parliamo di cambiamento climatico, lo facciamo avendo chiaro il fenomeno dell'emissione di anidride carbonica nell'atmosfera, dei veleni prodotti dalla civiltà capitalistica. Nel testo di Adam Greenfield Emergenza. Come sopravvivere in un mondo in fiamme, questo tipo di problemi viene legato agli aspetti politico-sociali. Le calamità "naturali", ad esempio, possono portare gli uomini ad autorganizzarsi (Occupy Sandy) per poter vivere.

La nostra società è sull'orlo della catastrofe. Anche se si riuscirà a farla finita col capitalismo, ci vorranno centinaia d'anni per ristabilire un equilibrio della biosfera. L'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) stima che ogni anno oltre 20 milioni di persone sono costrette a spostarsi a causa dell'impatto dei cambiamenti climatici e del fatto che gli stati faticano a rispondere adeguatamente a tali emergenze. Con la moltiplicazione di tempeste, uragani e siccità aumenteranno esponenzialmente i "migranti climatici" che si assommeranno a quelli causati da guerre, miseria e malattie.

Il pianeta sta diventando un luogo inospitale per la specie umana e per le altre forme di vita. Negli anni '70 la borghesia si era accorta che era in corso il superamento de "I limiti dello sviluppo" (Club di Roma); oggi, a più di 50 anni da quello studio, possiamo constatare che il limite è stato ampiamente oltrepassato.

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