Negli Stati Uniti le mobilitazioni operaie stanno crescendo. Oltre all'ondata di scioperi che sta coinvolgendo i fast food americani, ne è conferma la riuscita del Walmart Black Friday Strike. I militanti di base di OUR-Walmart sostengono che se il lavoro di organizzazione collettiva è stato possibile dentro un luogo di lavoro difficile e ostile come Walmart, allora è possibile dare vita a processi in grado di organizzare con successo settori poco qualificati e sindacalizzati come quelli dei servizi e della logistica, che negli ultimi tre decenni sono cresciuti velocemente negli Stati Uniti. Il comune denominatore di queste lotte è l'aumento del salario minimo.
Quanto accade in Italia, negli Stati Uniti e ormai in molte aree del Pianeta, mostra la fine del ciclo storico del sindacalismo corporativo e, di conseguenza, del ruolo svolto dai suoi burocrati, che misuravano la propria forza in base al numero di tessere raccolte. Legati al vecchio paradigma gramsciano della conquista graduale della società, non riescono a presagire il terremoto sociale in arrivo.
I lavoratori della logistica sono tra i peggio pagati e i meno sindacalizzati. La catena globale che li coinvolge, dai porti di Oakland a Hong Kong, da Walmart a Amazon, da DHL a GLS, potrebbe fermarsi.
La teleconferenza è proseguita con il commento alle dichiarazioni allarmate del presidente dell'INPS in cui afferma che il disavanzo patrimoniale dell'istituto è "una cosa che, vista dall'esterno, nel mondo della previdenza, può dare segnali di non totale tranquillità". Per la prima volta nella sua storia l'Istituto Nazionale della Previdenza Sociale è in deficit, a causa, sembrerebbe, dell'aumento della disoccupazione ovvero della diminuzione del numero di lavoratori che versano contributi. A questo si aggiungono anche gli oneri di assistenza verso le casse di diversi enti, tra cui quello degli agricoltori e dei piccoli commercianti. Finora l'INPS risultava in attivo perché era possibile mantenere un certo equilibrio tra i contributi dei lavoratori dipendenti e i fondi destinati ai gruppi parassitari. Adesso, mentre cresce il numero dei lavoratori in mobilità, non accenna a diminuire quello dei beneficiari delle mezze classi che, fin quando avranno il potere di non cedere, scaricheranno il peso della crisi sul proletariato.
La situazione di stallo in cui si trova il capitalismo preoccupa gli economisti. Paul Krugman, in un recente articolo, si chiede: siamo sicuri che questa crisi sia un'eccezione, oppure questo stato di cose diventerà la normalità? L'economista sostiene che le attuali condizioni economiche rimarranno stabili e che si sta andando verso una crisi permanente accompagnata da una stagnazione secolare. Alcuni, in accordo con quanto dice Krugman, affermano che effettivamente ci troviamo di fronte a una crisi a forma di "L": c'è stata una caduta a precipizio nel 2008 e ora siamo in piena depressione e prossimi alla deflazione, la diminuzione del livello generale dei prezzi. Se fosse vero sarebbe una tragedia per il Capitale: esso è valore in processo, deve aumentarsi continuamente, ha l'obbligo di passare da D a D', non può sopportare una situazione di stasi prolungata. Che fare allora? Il keynesismo è morto, e non ha più senso una pianificazione nazionale, mentre il liberismo è andato in bancarotta con la crisi dei "subprime".
Quando i media mainstream cominciano a parlare con insistenza degli effetti sociali della mancata crescita, è arrivato il momento di andare oltre all'assuefazione giornalistica e di affermare il primato della scienza su tutto il resto. E' stato citato L'atomo sociale di Mark Buchanan, un brillante saggio sul comportamento umano e le leggi della fisica: "Stando a una vecchia impostazione mentale il mondo sociale è complesso perchè la gente è complessa. Per questo, ritengono molti, non siamo mai riusciti a comprendere il mondo umano tramite teorie affidabili come quelle della fisica o della chimica. Gli atomi sono semplici, le persone no; fine della storia. Spero di riuscire a spiegare perchè questo modo di pensare sia sbagliato."
A proposito di atomi sociali, in Thailandia masse inferocite di manifestanti hanno preso d'assalto gli uffici governativi e occupato la sede della televisione pubblica. Il motivo della protesta, iniziata ormai un mese fa, è la caduta del "regime Thaksin". Molti hanno notato che questa contestazione, per quanto abbia raccolto un gran numero di persone, non ha espresso chiaramente i suoi obiettivi proponendo una soluzione, ma ha voluto solo mobilitare coloro che odiano il governo.
Ritroviamo la stessa dinamica in Ucraina, dove la scintilla che ha fatto scattare le manifestazioni e gli scontri è stato il congelamento della firma per l'accordo economico con l'Unione Europea. Anche qui la polizia ha lanciato gas lacrimogeni, e contro i dimostranti sono state mobilitate le teste di cuoio. Vari siti internet della presidenza, del governo e del ministero degli interni sono stati più volte attaccati e messi fuori uso. Il ministro dell'Interno, Vitaly Zakharchenko, ha avvertito che se ci saranno disordini di massa le forze di sicurezza reagiranno con forza perchè "Non siamo la Tunisia o la Libia".
Al di là delle motivazioni locali, la costante di queste manifestazioni è la collera contro il governo di turno, indicato come colpevole della miseria diffusa. Dalla Primavera araba alle ultime proteste in Messico, Thailandia e Ucraina, il riformismo ha il fiato sempre più corto.
Dalla società arrivano continue capitolazioni di fronte al "marxismo", evidenziando un trend verso la sincronia (Steven Strogatz, Sincronia. I ritmi della natura, i nostri ritmi). Se in più punti del Pianeta si assediano ministeri e parlamenti, prima o poi tali pratiche si sincronizzeranno e dal caos emergerà nuova informazione. La crisi in corso sta producendo effetti diversi, dove qui cade un muro lì si apre una crepa, ma il processo è unitario e tale è la soluzione. Facciamo di tutta l'erba un fascio? Pensiamo di no, potrà esservi differenza tra quello che succede in Bulgaria e quello che succede negli Usa, ma ovunque si muovono masse in lotta contro l'esistente (una vasta schiera di movimenti ha promesso che il 9 dicembre fermerà l'Italia). Un'ondata simile ricorda la Primavera dei Popoli del 1848, con la differenza che oggi ci sono degli strumenti di coordinamento enormemente più potenti. La nostra specie è giunta ad un livello evolutivo non più compatibile con l'attuale modo di produzione e, come scrive Daniel Hillis, "le società si stanno costituendo in unità più grandi, superando il loro isolamento attraverso connessioni di tipo tecnologico. Ci troviamo nella stessa condizione degli organismi unicellulari quando si stavano convertendo in organismi multicellulari. In realtà noi siamo parte di un processo che ci sta traghettando oltre noi stessi. La cosa può apparire eccitante o deprimente, ma sta di fatto che ci stiamo avvicinando alla singolarità".
E a tal riguardo non poteva mancare la lettura di un brano dall'ultimo numero della rivista, appena finito di scrivere: "Occupy Wall Street è un po' il paradigma della situazione (cfr. Occupy the World together). Il suo programma è certamente anti-ideologico e anti-capitalista, ma non è supportato da una teoria e una tattica adeguate a un fine, per cui l'anti-capitalismo senza un pro-qualcosa d'altro rimane come sospeso per aria, per non parlare delle forti contaminazioni da parte del sinistrismo americano. Tuttavia non ci interessa tanto la critica al movimento americano quanto la comprensione dei saggi di società futura riscontrabili entro la società presente e le relazioni fra di essi. È praticamente certo che i movimenti sociali attuali fanno parte dell'unico grande fenomeno oggettivamente anticapitalista del crescere irreversibile di rapporti produttivi, sociali e politici già tipici di una società diversa. Se ciò sarà dimostrato – e crediamo che lo sarà – quel "qualcosa" che manca nella visione futura dell'attuale anti-capitalismo, oggettivo e soggettivo, non mancherà di manifestarsi, così come non mancherà qualche sua mistificazione opportunistica nell'eterna lotta fra rivoluzione e controrivoluzione. Il capitalismo stesso sta dunque producendo un anticapitalismo radicato a diversi livelli, ma per liberare potenzialità così evidenti come quelle che stiamo esaminando la soluzione non potrà essere che quella del controllo sociale dei mezzi di produzione attraverso la conquista del potere politico."
Nel mondo stanno crescendo dei movimenti che individuano nei parlamenti, nei governi e nella finanza mondiale l'1% che vampirizza l'umanità. In Italia il Movimento 5 Stelle cavalca queste spinte e cerca di riportarle nell'alveo istituzionale, ma chi pensa di strumentalizzare la rivoluzione finisce per diventare strumento della stessa. La marea sociale sta salendo e andrà oltre l'accerchiamento dei palazzi del potere per investire l'intera società.