Sempre a proposito di crisi strutturale del capitalismo, la recente vicenda dei conti truccati alla banca Monte Paschi di Siena è un'ulteriore verifica di quanto andiamo dicendo da anni, poiché dimostra l'andazzo autoreferenziale e autonomizzato del capitale finanziario. L'alto rendimento di uno strumento finanziario è di tipo paradossale: può essere dovuto ad un solido retroterra produttivo (i classici "fondamentali") oppure basarsi su di un piedistallo talmente fragile che il rischio corso dev'essere pagato con criteri da strozzini. Anni fa, notando che i titoli ad alto rischio si vendevano bene, qualcuno inventò i cosiddetti junk bonds, i titoli spazzatura. Il rischio era compensato dal rendimento, almeno finché al tavolo del poker non si fu costretti ad andare a "vedere", scoprendo il bluff. Era l'epoca pionieristica. Da allora gli strumenti si sono affinati e non compaiono più con il loro vero volto, ma sono impacchettati in altri strumenti dal contenuto variegato. Negli USA sono state stanziate decine e decine di miliardi di dollari al mese, tutti i mesi, per ripianare lo scoperto delle banche in titoli tossici. Quando le banche vengono salvate in questo modo sono oggettivamente nazionalizzate, anche se non è ammesso ufficialmente. Della serie: costi pubblici, profitti privati.
Tutte le banche hanno fatto operazioni dello stesso genere di quelle effettuate da MPS, ma alcune sono state scoperte ed altre no. Probabilmente il fatto che a Siena vengano a galla solo adesso determinati "traffici", rientra nei giochi politici legati alla prossima tornata elettorale: si colpisce il PD (che ha un ruolo importante nel controllo della Fondazione MPS) in modo da avvantaggiare il listone montiano.
La crisi continua a mordere anche in Egitto dove proseguono situazioni di forte tensione sociale. A tal proposito gli alti vertici dell'esercito hanno dichiarato che c'è il forte rischio di "collasso dello Stato"; il clima instabile, anche di guerriglia, sta facendo scricchiolare l'impalcatura istituzionale. Di fronte a questa situazione gli organismi preposti al mantenimento dell'ordine non possono che rispondere con un abbondante uso della forza: nelle ultime manifestazioni ci sono state parecchie vittime e a Port Said, Suez e Ismailiya è stato proclamato il coprifuoco. Inoltre la Camera del Parlamento ha dato ai militari la possibilità di arrestare i civili conferendogli lo stesso potere delle forze di polizia.
Come scritto nel volantino "L'Egitto in rivolta al centro di un ampio marasma sociale", gli scontri non potevano certo concludersi con la semplice caduta di Mubarak dati i motivi materiali che hanno fatto scatenare la sommossa. Gli scioperi non sono mai terminati dalla caduta del "faraone".
Quanto accade in Egitto è solo un aspetto di un più vasto ribollire sociale. In un articolo dell'"Economist" sul Mali, viene fatto un parallelo con la situazione dell'Afghanistan dove le truppe occidentali sono impantanate da un decennio. Se la guerra civile in corso in Siria si estende a tutta l'area, la situazione risulterà molto vicina ad uno scenario di tipo catastrofico.
Nell'area subsahariana, l'Egitto è il paese più strutturato con uno Stato adatto più di altri a risolvere problemi, anche se sembra vicino al collasso. E' molto armato, industrializzato e con un proletariato urbano forte e combattivo. Ed è l'unico paese dell'area con un secolo di storia antecedente il colonialismo e con un governo borghese rivoluzionario, che con Mehmet Alì ha conquistato la terra santa minacciando seriamente l'impero Ottomano. Per il governo egiziano equiparare il terrorismo agli scioperi diventa problematico. I proletari egiziani sono indomiti, non si fermano nemmeno davanti alle leggi speciali e quello che sta succedendo in queste ultime settimane lo dimostra.
Riguardo alle proteste egiziane, da qualche giorno in piazza sono presenti gruppi di giovani coperti da passamontagna o da maschere antigas (qualche volta indossano anche quella di Guy Fawkes). Il Fatto Quotidiano riporta che i black block "sono stati definiti dal procuratore generale del Cairo un'organizzazione terroristica, resta però il mistero. Non è chiaro, infatti, quale sia la loro organizzazione e quante persone ne facciano parte. Vestono completamente di nero e portano il passamontagna, sono in prima linea negli scontri con la polizia e nelle loro numerose pagine e account sui social media rivendicano attacchi alle sedi di governo e agli uffici del partito dei Fratelli Musulmani". A differenza dei proletari di Israele che faticano a rompere con il clima terroristico promosso dalla propria borghesia, i proletari egiziani si ribellano allo Stato e scendono in piazza.
Un altro paese importante, appena toccato dalla Primavera araba, è l'Algeria che ha avuto una rivoluzione borghese anti-francese sanguinosa e ha un forte proletariato concentrato in aree urbane, proprio come in Egitto. In Mali invece non è ancora chiaro quello che sta succedendo e mentre i francesi avanzano via terra, i tuareg si sono staccati dal resto della guerriglia e hanno occupato una città del nord. Una mossa che rappresenta una boccata d'ossigeno per gli ex colonialisti perché l'alleanza tra tuareg ed islamici sarebbe un vero problema. Sparare un missile ad un tuareg mimetizzato tra le dune è poco razionale e molto dispendioso ed è impossibile combattere nel deserto con l'aviazione a causa dell'assenza di obiettivi concentrati da distruggere. Bisognerebbe mandare fantaccini via terra ma a quel punto i tuareg, grandi combattenti che dotati di armi e tecnologie moderne potrebbero diventare molto pericolosi, rappresenterebbero una minaccia consistente visto che conoscono meglio il territorio.
Nel Bahrein, paese messo da parte dai media, ci sono scioperi continui e violente repressioni poliziesche; le rivolte sono dovute alla mancanza di cibo, alla miseria crescente ed alla questione della rendita.
Evidentemente potenti determinazioni materiali spingono gli uomini a rompere con questa società e muoversi in un'altra direzione. Ripetiamolo: l'effetto politico-sociale di un'ondata che ha coinvolto Algeria, Tunisia, Egitto, Libia, Giordania, Yemen, Libano, Bahrein... non è quello di un terremoto, come hanno scritto i giornali, ma quello dell'energia che si accumula prima di un terremoto. E chi diffonde strane teorie dietrologiche, che stanno circolando sul Web, sui manovratori delle rivolte sembra ritenga non ci sia materia sociale esplosiva a sufficienza in questo mondo.
In conclusione, si è discusso della possibilità di organizzare un calendario di riunioni da tenere nelle sedi di Roma e Torino, da pubblicizzare attraverso la newsletter o altri strumenti. La proposta rientra anche nel progetto di dar vita ad un sito in cui raccogliere e rendere pubblico il materiale semilavorato.