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  • Resoconto teleriunione  9 luglio 2013

Sincronizzazione delle lotte immediate

La discussione, presenti 15 compagni, è iniziata analizzando quanto si sta muovendo sul fronte sindacale italiano. In particolare si è preso spunto dalle varie assemblee che si stanno tenendo intorno alla lotta nel settore della logistica, segnalando che anche a Torino sta partendo una vertenza territoriale. Cresce l'interesse verso la parola d'ordine del salario a occupati e disoccupati insieme alla drastica riduzione della giornata lavorativa, la controparte non sono più i padroni in genere ma lo Stato; si tratta infatti di imporre con la forza una rivendicazione che diventa legge:

"Questa organizzazione dei proletari in classe e quindi in partito politico torna ad essere spezzata ogni momento dalla concorrenza fra gli operai stessi. Ma risorge sempre di nuovo, più forte, più salda, più potente. Essa impone il riconoscimento in forma di legge di singoli interessi degli operai, approfittando delle scissioni all'interno della borghesia. Così fu per la legge delle dieci ore di lavoro in Inghilterra." (Karl Marx e Friedrich Engels, Il Manifesto del Partito Comunista)

La lotta potrebbe estendersi a tutto il territorio nazionale coordinandosi attraverso la Rete, come ha insegnato il movimento Occupy Wall Street. La piattaforma "99 Pickets Line" ha organizzato le mobilitazioni dei precari dei fast food newyorchesi coordinando i picchetti attraverso reti aperte e rifuggendo strutture piramidali. Dalla ristorazione veloce alle lotte dei precari della Walmart passando per gli scioperi ad Oakland e nei porti della West Coast, l'organizzazione territoriale e tanta solidarietà organizzata hanno fatto la differenza.

A Fabriano è stato indetto per il 12 luglio uno sciopero cittadino; come già avvenuto negli anni '70, i lavoratori dell'Indesit protestano contro la chiusura dell'azienda. Quanto potrà durare ancora la rivendicazione del posto di lavoro e cioè di qualcosa che non c'è più? Il vecchio paradigma sta morendo, di conseguenza la pratica rivendicativa compatibile col sistema si estingue e, simmetricamente, qualcosa di completamente diverso emerge. La situazione oggi è molto fluida: le lotte tendono a sincronizzarsi, aumentano gli scioperi selvaggi e le proteste "senza preavviso", perde senso l'organizzazione per cellule di fabbrica o per mestiere. Anche il presidente della Camera Boldrini sente che qualcosa sta cambiando e afferma che in Italia, anche se a differenza di altri paesi non vi è uno scontro sociale aspro, "senza risposte concrete, la situazione potrebbe anche repentinamente cambiare in peggio". La situazione è disastrosa per il Capitale: non passa giorno in cui non si chiudano fabbriche, scada qualche cassa integrazione, disoccupati si suicidino, famiglie perdano la casa. Superata una certa soglia le lotte diventano incontrollabili. I margini di contrattazione si riducono e le lotte sindacali trascendono immediatamente in scontro politico, addirittura i militanti della sinistra della Cgil invocano nuove "Piazza Statuto".

L'apparato sindacale è inglobato dallo Stato ma se il meccanismo della contrattazione/concertazione dovesse incepparsi, allora sarebbe costretto a recepire le spinte dalla base, pena lo svuotamento con la formazione di altri organismi di lotta. Per quanto integrato nella struttura statale, il sindacato deve lottare per salvaguardare la propria sopravvivenza e quindi deve organizzare operai e proclamare scioperi. Lo schema della Sinistra Comunista "italiana" resta sempre valido: affinché ci sia polarizzazione di classe, deve esserci un movimento di massa, consistenti strati di proletari che hanno la capacità di dar luogo a organismi di tipo intermedio tra classe e partito, e una parte di questi proletari deve fare proprio un programma in grado di rovesciare la prassi. Nelle diatribe all'interno del Partito Comunista Internazionale (il programma comunista) e tra i gruppi fuoriusciti, il vizio di fondo era inventare formulette statiche. La Sinistra ha sempre rifiutato questo approccio, verificatosi nelle spaccature del 1945-47 e del 1949-52, ribadendo che bisogna tenere aperte le prospettive di intervento: non sappiamo come si svilupperà il "movimento reale", ma sicuramente ci saranno proletari in grado di organizzarsi in organismi immediati, coordinamenti o sindacati e da questi si dovrà poter sviluppare una direzione politica di classe.

L'esperienza di Solidarność in Polonia dimostra che un movimento sindacale di massa può trascrescere velocemente in movimento politico. I lavoratori polacchi tra il 1976 ed il 1980, con una combattività enorme e nonostante fossero in presa diretta con il Papa e gli americani, demolirono il vecchio sindacato stalinista e ne formarono uno nuovo, il quale poi andò oltre sè stesso e prese il potere politico come partito. Anche in Egitto i sindacati liberi nascono sulle ceneri dei vecchi sindacati di regime dell'era Mubarak. Come si legge in Partito rivoluzionario e azione economica del 1951:

"I sindacati, da chiunque diretti, essendo associazioni economiche di professione, raccolgono sempre elementi di una medesima classe. È ben possibile che gli organizzati proletari eleggano rappresentanti di tendenze non solo moderate ma addirittura borghesi, e che la direzione del sindacato cada sotto l'influenza capitalista. Resta tuttavia il fatto che i sindacati sono composti esclusivamente di lavoratori e quindi non sarà mai possibile dire di essi quello che si dice del parlamento, ossia che sono suscettibili solo di una direzione borghese".

Negli schemi aperti della Sinistra il baricentro è lo scontro di classe indipendentemente dagli organismi formali che di volta in volta nascono, e poi muoiono (la rivoluzione non è questione di forme di organizzazione!). Il sindacalismo burocratico del dopoguerra ogni qualvolta si sia trovato in difficoltà ha dovuto cavalcare la tigre proletaria; tutto è sempre rientrato perché di valore da redistribuire nella società ce n'era. Oggi invece, date le difficoltà di accumulazione, non c'è più la carota e rimane solo il bastone.

Quanto previsto dalla nostra corrente si sta realizzando: vasti settori di senza riserve, manifestazione di massa e tentativi di coordinamento territoriale. Su scala globale. Oggi nascono movimenti generalizzati che spazzano via nello spazio di un mattino movimenti locali e regionali, ondate di collera che muovono milioni di persone facendo passare in secondo piano gradualismi di ogni sorta.

In Egitto le condizioni di miseria crescente in cui vive la popolazione non sono cambiate dopo il golpe dei militari. Il paese sopravvive grazie agli aiuti (soldi, denaro, benzina) di Usa, Arabia Saudita e altri stati arabi; i Fratelli Musulmani sono stati bruciati politicamente dall'aggravarsi della crisi economica e in generale il fenomeno dell'islamismo sta mostrando il fiato corto. Lo stesso colpo di mano dell'esercito appare più come un tentativo preventivo nei confronti del movimentoTamarrod, che mirava alla cacciata, con le proprie forze, del governo islamico di Morsi mobilitando un movimento di piazza senza precedenti nella storia. E' evidente che è più proficuo, per la borghesia, far cadere il governo per opera dei militari anziché lasciare spontaneamente il compito alla piazza. Meglio gestire la transizione anziché lasciarla sviluppare dal basso in modo caotico e, soprattutto, con esiti imprevedibili. Nella nascita del movimento egiziano fu fondamentale l'apporto degli strati proletari che trovarono nel movimento 6 aprile, coordinamento di giovani focalizzato sulle lotte di Mahalla, un centro organizzativo diffusosi poi a livello nazionale. L'opposizione sociale che si cristallizzò il 25 gennaio 2011 nell'occupazione di piazza Tahrir fu imprevista e colse di sorpresa gli ignari generali e la stessa attentissima rete di spionaggio americano.

Al di là di dissertazioni sulla natura classista o meno del movimento Tamarrod, va sottolineato che mai nella storia in una situazione non ancora rivoluzionaria si sono verificate trasformazioni politiche così rapide e di massa. Anche se per il momento la dinamica di trasformazione si limita a una generale richiesta di cambiamento che risuona nelle piazze a ritmo continuo e persistente, essa sta spazzando via quelli che, a torto o a ragione, ritiene essere i suoi avversari immediati. Un movimento di questo genere, che si basa sull'esperienza di massa interna e internazionale, non potrà che avanzare spedito verso l'individuazione dei suoi autentici nemici di classe. La parola d'ordine: Pane, dignità e giustizia sociale, bandiera del movimento dalla sua costituzione in piazza Tahrir, all'inizio del 2011, conserva integra tutto il suo vigore fino ad oggi, a quasi tre anni di distanza. Quale altro movimento "radicale" europeo degli ultimi decenni può vantare altrettanta coerenza e continuità d'azione?

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