Lo sa bene la Turchia e se ne lamenta, visto che si ritrova a gestire sia le rivolte interne dei Curdi contro l'immobilismo del governo Erdogan rispetto al massacro jihadista, sia il flusso di profughi provenienti da Kobane.
I profughi in fuga, sfollati o perseguitati, vittime delle guerre o della fame, sono milioni nel mondo: esattamente 50 secondo l'ONU. Al primo posto troviamo i Palestinesi con 4 milioni, seguono i Siriani con 3 e gli Ucraini con 1, per proseguire con gli Iracheni, i Sudanesi, i Nigeriani e tanti di cui non sentiamo mai parlare. L'OCSE avverte che la crisi attuale non è pericolosa unicamente per i suoi risvolti tecnico-economici, ma soprattutto per l'instabilità geopolitica del mondo. E le previsioni per il 2015 non sono per niente rassicuranti. La stima del Pil mondiale è stata rivista rispetto a quella di qualche mese fa, si calcola infatti che la crescita si attesterà intorno al 2% e non al 4%. L'area Euro non sarà trainata dalla ex-locomotiva americana (+2,5%) e i PIIGS vedranno aumentare ancora il rischio del collasso, soprattutto in Italia, paese che secondo le cifre macro è allo sbando.
La crisi è fonte anche di rabbia sociale che si accumula in un potenziale enorme di violenza. Ne abbiamo avuto un piccolo assaggio nella metropoli finanziaria e bottegaia di Honk Kong dove gli studenti, consueta cartina di tornasole del malessere, hanno manifestato per una "vera democrazia" sotto l'etichetta per niente casuale di Occupy Central. E' la reazione all'impoverimento degli strati bassi della popolazione, colpiti dall'emigrazione di molti servizi verso le aree portuali dei distretti produttivi cinesi come Shanghai; reazione a cui risponde, per ora solidarizzando timidamente, la megalopoli operaia confinante di Shenzhen con volantini e attività su Internet a firma Occupy Shenzhen. Classicamente, prima ancora che la polizia sparasse come promesso, la teppaglia bottegaia s'è rivoltata contro i manifestanti, coadiuvata dagli emissari della potente mafia cinese, ormai in combutta manifesta con il governo non solo sul piano interno ma a livello internazionale. Voci di protesta arrivano, nella stessa zona, anche da Taiwan, dove spunta Occupy Taipei, movimento contro il caro-affitti. Come scritto nel nostro Occupy the World togheter, in ogni nuovo Occupy che nasce vi è l'apporto di un +1 di informazione che vale per il mondo intero.
Crisi significa anche recessione, ora anche per la Germania, e disoccupazione. Per l'Europa i numeri indicano un punto di non ritorno, a luglio è stata superata la quota 25 milioni. La borghesia italiana, non sapendo più che pesci pigliare, si dedica al completo scorticamento del proletariato, riuscendo a togliergli tutte quelle "guarentigie" che fin dal Manifesto i comunisti additano come fonte di corruzione politica e opportunismo. In tal modo, paradossalmente ma non troppo, la borghesia stessa elimina quegli istituti che la nostra corrente storica denunciava come impedimento al libero manifestarsi della lotta rivendicativa, senza la quale è precluso "qualsiasi movimento più grande". Via dunque i contratti di categoria a scadenza fissa, via le leggi di tutela, via persino la contrattazione locale, ormai sostituita dal ricatto basato sulla religione del lavoro. C'è persino la proposta dell'Unione Europea per un contratto unico del lavoro, certamente in incubatrice come legge corporativa fascista, ma dialetticamente in linea con la nostra storica richiesta di eliminare la medioevale/modernissima divisione per mestiere (divisione, appunto, il contrario di unione). Lavorano per noi e lasciano il proletariato nudo e libero di lottare, classe contro classe, senza vincoli avvocateschi e diritti da difendere.
I partiti borghesi sono diventati organismi evanescenti, rappresentanti, secondo i più, della "casta". Non stupisce quindi il crollo degli iscritti del Pd, mentre incuriosisce la tre giorni al Circo Massimo organizzata dal M5S: potrebbero esserci delle contestazioni dalla base visto che, rispetto a quello che prometteva all'inizio, il movimento di Grillo e Casaleggio si è completamente integrato nelle istituzioni. Il mese di ottobre vedrà comunque tutta una serie di iniziative: il 16 lo sciopero nazionale della logistica, il 17 e il 18 la manifestazione contro il summit dei ministri europei del Lavoro a Torino, il 25 la manifestazione nazionale della Cgil a Roma. Si svolgerà invece il 14 novembre lo sciopero sociale "contro l'austerità, in lotta per il salario minimo orario, il reddito di base e i beni comuni".
Ancora poco rispetto a quello che ci vorrebbe, è comunque sicuro che stiamo vivendo una singolarità storica. Il mondo è una polveriera sulla quale ormai troppi sono quelli che accendono fiammiferi senza essere consapevoli del botto che ne deriverà quando si sarà giunti alla soglia di catastrofe.