Il fronte ucraino continua ad essere fonte di grande impegno per le diplomazie internazionali. Nonostante il cessate il fuoco, che nella guerra moderna serve in realtà non tanto ad una vera e propria tregua quanto a riprendere energie per nuove battaglie, sono molte le forze in movimento (soprattutto quelle nazionaliste ucraine) a spingere per il proseguimento del conflitto. Fino a che punto potrà arrivare la contrapposizione tra Nato e Russia? L'escalation dello scontro sembra inevitabile. Putin non può cedere senza ottenere una contropartita ma, allo stesso tempo, non può isolare del tutto il Paese dall'Occidente.
La guerra nell'est Europa ha generato, fin dagli scontri di piazza Maidan, partigianerie di ogni tipo ma anche un imperdonabile quanto errato indifferentismo. L'esito di ogni conflitto ha influenza sulla prospettiva storica della rivoluzione e per tal motivo sarebbe sbagliato – al pari, s'intende, dello schierarsi per l'una o l'altra parte – non darvi la dovuta importanza. Scriveva la nostra corrente nel n° 3 di Prometeo, nel 1946:
"Noi affermiamo senz'altro che alle diverse soluzioni non solo delle grandi guerre interessanti tutto il mondo, ma di qualunque guerra, anche più limitata, hanno corrisposto e corrisponderanno diversissimi effetti sui rapporti delle forze sociali in campi limitati e nel mondo intiero, e sulle possibilità di sviluppo della azione di classe. Di ciò hanno mostrato l'applicazione ai più diversi momenti storici Marx, Engels, Lenin, e nella elaborazione della Piattaforma del nostro movimento se ne deve dare continua applicazione e dimostrazione." (Le prospettive del dopoguerra in relazione alla piattaforma del partito)
Anche la guerra alla povertà sta prendendo nuove forme, trasformandosi in guerra ai poveri. Interessanti le analogie e le differenze tra la rivolta di Ferguson (#MikeBrown) in Missouri e i fatti occorsi nel rione Traiano a Napoli (#DavideBifolco), mentre rappresentano una verifica sperimentale della legge della miseria crescente i dati forniti da Ilo, Ocse e Banca Mondiale in un documento (G20 labour markets: outlook, key challenges and policy responses) preparato per il summit di Melbourne in cui si stima che i "lavoratori poveri", cioè quelli che vivono con meno di 2 dollari al giorno nelle economie emergenti, sono 447 milioni.
La teleconferenza si è chiusa con un accenno alle recenti manifestazioni operaie in Turchia, al #FastFoodStrike del 4 settembre negli Stati Uniti e ad alcuni processi di autorganizzazione in corso in Italia. E' stato inoltre segnalato un curioso articolo di The Guardian intitolato Spain prepares for an autumn of discontent by buying €1m of riot gear.