Informazioni aggiuntive

  • Resoconto teleriunione  7 aprile 2015

Un sistema dis-intermediato

Alla teleconferenza di martedì 7 aprile si sono collegati 16 compagni, da Milano, Roma e Torino. Abbiamo cominciato la riunione parlando della situazione a Yarmouk, il campo profughi palestinesi nella periferia meridionale di Damasco: i rifugiati si trovano sotto il fuoco incrociato delle milizie dello Stato Islamico, dell'esercito siriano e dei gruppi armati palestinesi di Hamas e FPLP-CG. Secondo l'Ansa, elicotteri delle forze governative stanno bombardando pesantemente l'area.

Come ipotizzato qualche teleconferenza fa, in seguito all'avanzata verso Nord dell'esercito iracheno (si vocifera di un'offensiva su Mosul), le truppe dell'Is hanno spostato la direttrice di avanzata in Siria. In quest'ottica, la presa di Yarmouk potrebbe rappresentare la testa di ponte per l'attacco alla Capitale. Il governo siriano probabilmente è alle corde molto più di quanto si sia ritenuto fino ad ora, altrimenti sarebbe da folli rifugiarsi nella tana del lupo. Lo spazio di manovra per ora non è mancato ai jihadisti, d'altro canto la caduta di Assad non dispiacerebbe a Stati Uniti, Turchia ed Egitto. Contrario invece l'Iran, che, in netta minoranza, dovrebbe ingoiare il rospo.

Spostandoci sul fronte yemenita, troviamo uno scenario che sembra la fotocopia di quello libico: diversele fazioni in campo, ma nessuna in grado di assumere il controllo del paese e ognuna in lotta per ritagliarsi un proprio spazio di azione. Una situazione di questo tipo è ingestibile, molto più probabile un ulteriore aggravamento. Così come in Africa, dove l'esercito kenyota dopo la strage alla scuola colpisce alcune postazioni somale di Al-Shabaab. Il ministro Gentiloni non esclude l'intervento dell'Italia in Nigeria e in Libia; se gli europei prendessero parte al conflitto, il rischio di impantanamento oltre che di allargamento del fronte di guerra sarebbe altissimo.

Ovunque si volga lo sguardo, ci si imbatte in una situazione di caos e destabilizzazione. Il capitalismo non riesce a ritrovare equilibrio e nessuna delle forze statali appare capace di assestare il sistema. Del resto, oggi gli schieramenti imperialisti non sono più netti, ma si sovrappongono e si intrecciano a seconda dei campi di battaglia.

Risale a qualche giorno fa l'ennesimo blocco in Turchia, seppur di qualche ora, di Twitter, Facebook e YouTube. Stavolta il pretesto è stato quello di impedire la diffusione delle foto del magistrato sequestrato dai militanti del DHKP-C. Immediatamente si è attivata la rete globale di solidarietà già vista all'opera durante gli scontri di Gezi Park e le proteste per la morte di Berkin Elvan; l'hashtag #TwitterisblockedinTurkey si è diffuso viralmente in tutto il mondo attirando l'attenzione dei media occidentali.

Sul versante della politica italiana, abbiamo commentato l'articolo La solitudine di Matteo Renzi di Ilvo Diamanti. Forza Italia, giorno dopo giorno, si decompone, ma nemmeno il partito di governo se la passa bene, vuoi per la faida interna, vuoi per la perdita di identità (Pd o partito di Renzi?). Insomma, si dissolvono i corpi intermedi della società – sindacati, associazioni imprenditoriali, ecc. - e si dissolvono i partiti: "Un sistema dis-intermediato, senza più - o quasi - corpi intermedi, dove i poteri locali appaiono logori: rischia di diventare un serio problema di fronte a possibili, future emergenze. Economiche, sociali, civili. Interne ed esterne". La "tesi" di Diamanti trova corrispondenza con quanto argomentato nell'ultimo rapporto dei servizi segreti presentato al Parlamento: attenzione, avvertono gli spioni, sta crescendo la disaffezione dei cittadini verso la politica, i sindacati e le istituzioni, e masse di disoccupati e precari cominciano a rifiutare in toto i canali tradizionali della rappresentanza. La cosiddetta anti-politica è qualcosa che si muove a livello sistemico, con radici nel profondo della società.

D'altronde le contraddizioni del capitalismo sono oramai talmente evidenti che è difficile pensare che i borghesi riescano a porvi una pezza o per lo meno a tamponare le falle più evidenti. Esempio paradigmatico ne è l'Expo di Milano.

Il tema centrale della manifestazione è "Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita", i maggiori sponsor le due celebri multinazionali americane Mc Donald's e Coca Cola. Qualcosa non quadra. Che dire poi delle migliaia di volontari, o forse sarebbe meglio chiamarli schiavi, che saranno impiegate gratuitamente durante i sei mesi di esposizione? Intanto, entrano in agitazione alcune categorie di dipendenti comunali del capoluogo lombardo: vigili urbani e autoferrotranvieri hanno annunciato proteste contro il piano di straordinari e riduzione ferie proposto dall'amministrazione in previsione dell'Expo. Si aggiungono anche i taxisti, preoccupati dalla concorrenza della piattaforma Uber. Infine sono note a tutti le vicende di corruzione legate al grande evento, mentre dei ritardi nella costruzione dei padiglioni e delle infrastrutture ci tengono informati con perizia gli stessi giornali borghesi.

Le contraddizioni che si accumulano in vista dell'Expo sono molte, la situazione ricorda quella dei mondiali di calcio in Brasile della scorsa estate. Grandi eventi = grandi problemi? Nel capitalismo odierno le strutture statali si ritirano, mentre dilagano l'affarismo e gli interessi privati. Allo stato rimangono ormai solamente compiti di ordine pubblico (repressione).

Articoli correlati (da tag)

  • Vedere oltre la catastrofe

    La teleriunione di martedì sera è iniziata affrontando il tema delle imminenti elezioni americane.

    Come nota The Economist nell'articolo "The risk of election violence in America is real", il termometro sociale negli USA registra l'aumento della tensione, con toni da guerra civile. Nel nostro testo "Teoria e prassi della nuova politiguerra americana" (2003), abbiamo scritto che "la direzione del moto storico, l'andare verso... è irreversibile. Se il determinismo ha un senso, gli Stati Uniti sono ciò che la storia del globo li ha portati ad essere."

    La polarizzazione economica e politica negli USA è il prodotto di una dinamica storica che possiamo far partire almeno dal 1971, quando il presidente Nixon eliminò l'ancoraggio del dollaro all'oro. Gli Stati Uniti assommano su di sé tutte le contraddizioni del capitalismo mondiale, e non è un caso che proprio lì sia nato un movimento avanzato come Occupy Wall Street che, nei suoi due anni di esistenza, ha voltato le spalle alla politica parlamentare, al leaderismo e al riformismo. Interessante, a tal proposito, la descrizione che viene fatta di Occupy Sandy nel libro Emergenza. Come sopravvivere in un mondo in fiamme di Adam Greenfield:

  • Cresce la tensione ovunque

    La teleriunione di martedì sera è iniziata commentando la situazione di guerra in Medioriente.

    Recentemente, le forze di difesa israeliane hanno preso di mira le basi UNIFIL presenti nel sud del Libano, lungo la "linea blu", con il chiaro intento di farle evacuare. Nell'attacco sono state distrutte le telecamere e le torrette di osservazione, e ci sono stati alcuni feriti tra i caschi blu. I ministri degli Esteri di Francia, Germania, Italia e Regno Unito hanno manifestato il loro disappunto, mentre Israele ha dichiarato di aver precedentemente invitato il comando UNIFIL a ritirarsi. Le truppe dell'ONU sono presenti in Libano dagli inizi degli anni '80 in quanto "forza militare di interposizione", ma evidentemente il tempo della mediazione è finito per lasciare spazio a quello della guerra aperta.

  • Dall'impero americano, al caos, alla rivoluzione

    La teleriunione di martedì sera ha preso le mosse dall'intervento di Lucio Caracciolo al festival di Limes a Genova 2024 ("Dall'impero americano al caos").

    Le determinazioni materiali spingono gli analisti di politica ed economia internazionale ad affermazioni forti. Caracciolo sostiene che le guerre in corso riguardano la transizione egemonica, ma che nei fatti non c'è nessun nuovo candidato alla guida di un mondo post-USA, e prevede una fase più o meno lunga di caos. Va ricordato che, almeno dagli anni Settanta, si è scoperto che non esiste il caos fine a sé stesso. Gli studi sui sistemi dinamici e la complessità ci indicano l'esistenza di un caos deterministico, nel quale vi sono attrattori strani che rappresentano un nuovo tipo di ordine. Il caos non è dunque il punto di arrivo, ma rappresenta la transizione ad una nuova forma sociale. I teorici dell'autorganizzazione, ad esempio Stuart Kauffman, descrivono il margine del caos come quella "terra di confine" che rende possibili nuove configurazioni.

    Nella rivista monografica "Teoria e prassi della nuova politiguerra americana" abbiamo descritto la guerra, apertasi dopo il crollo del blocco sovietico, il miglior nemico degli USA. Quel mondo bipolare aveva trovato un equilibrio fondato sulla deterrenza nucleare ("Dall'equilibrio del terrore al terrore dell'equilibrio"), che oggi è venuto meno anche dal punto di vista demografico: gli americani sono circa 300 milioni mentre il resto del mondo conta oltre 7 miliardi e mezzo di abitanti. E poi, di questi 300 milioni, la maggioranza non fa parte del sistema dell'1%: lo testimoniano l'ultima ondata di scioperi e il fatto che l'esercito abbia problemi con l'arruolamento. Si sono affacciate sul mondo nuove grandi potenze, in primis la Cina, che già solo per il fatto di esistere e crescere, economicamente e militarmente, mettono in discussione il primato degli Stati Uniti.

Rivista n°55, luglio 2024

copertina n° 55

Editoriale: Non potete fermarvi

Articoli: Evoluzione extra biologica - Transizione di fase. Prove generali di guerra

Rassegna: Presa d'atto - Il capitalismo è morto

Recensione: Dallo sciopero, alla rivolta, alla Comune - Guerra civile negli USA, ma non quella vera

Doppia direzione: Il programma immediato non ammette mediazioni

Raccolta della rivista n+1

Newsletter 245, 19 gennaio 2022

f6Libertà

Viviamo in una società che scoppia. I suoi membri, divisi o raggruppati secondo criteri il più delle volte arbitrari e casuali, non riescono più a darsi un'identità plausibile. La pandemia, invece di compattare gli individui intorno a provvedimenti utili alla salvaguardia della specie, ha aggravato la situazione facendo emergere ataviche tendenze all'irrazionale.

Continua a leggere la newsletter 245
Leggi le altre newsletter

Abbonati alla rivista

Per abbonarti (euro 20, minimo 4 numeri) richiedi l'ultimo numero uscito, te lo invieremo gratuitamente con allegato un bollettino di Conto Corrente Postale prestampato.
Scrivi a : mail2

Iscriviti alla newsletter

Iscriviti alla newsletter quindicinale di n+1.

Invia una mail a indirizzo email