Informazioni aggiuntive

  • Resoconto teleriunione  19 maggio 2015

Un sistema marcio dalle fondamenta

La teleconferenza di martedì, presenti 16 compagni, è iniziata commentando l'articolo di The Guardian Troops referred to Ferguson protesters as 'enemy forces', emails show, circolato nella nostra rete di lavoro e relativo alle manifestazioni e agli scontri con la polizia verificatesi a Ferguson, sobborgo alle porte di St Louis, dopo l'omicidio di Michael Brown il 9 agosto 2014. Il 16 agosto il governatore del Missouri, Jay Nixon, dichiara lo stato d'emergenza e stabilisce il coprifuoco notturno dalla mezzanotte alle 5.00. La misura viene nuovamente imposta il 17 novembre, alla vigilia della sentenza del Grand Juri sull'incriminazione del poliziotto autore dell'omicidio, in seguito prosciolto dall'accusa.

Sulla base di alcune documenti interni alle forze militari e di polizia statunitensi reperiti dal giornale inglese, l'articolo mette in luce come lo stato americano tenda sempre più a considerare i "manifestanti" alla stregua di "terroristi". Per gli Usa tutto sembra filare liscio quando si tratta di colpire un nemico "esterno", ma il meccanismo si inceppa se a surriscaldarsi è il fronte interno. "È inquietante quando hai dei soldati americani che vedono i cittadini americani in un qualche modo come il nemico" ha dichiarato un consigliere locale alla CNN.

La guerra moderna è combattuta in buona parte con/sui mezzi di informazione di massa e con la ricerca sistematica di informazioni dettagliate sul nemico (chiunque esso sia). Questo vale per i governi e le polizie, ma vale anche per i manifestanti: i servizi segreti temono che dalle manifestazioni spontanee di rabbia si passi ad attacchi organizzati, attraverso l'utilizzo della potenza della rete e dei social network per coordinare la rivolta.

A questo proposito, notiamo con interesse che all'hashtag #BlackLivesMatter, impiegato dal movimento contro la violenza della polizia, si è ora affiancato #BlackWorkMatters, parola chiave che lega la lotta per l'aumento del salario medio a quella per la difesa della vita dei proletari.

Rivolte, scioperi, picchetti, carcere, violenza, sfruttamento e povertà: la guerra è parte integrante della società e permea la quotidianità del 99%.

L'Economist afferma preoccupato che siamo di fronte ad una "grande distorsione" dell'economia, in cui l'utilizzo del debito non serve più a rinvigorire l'economia mondiale avviando nuovi cicli di valorizzazione, ma va solo a sostenere un sistema drogato. In Italia le recenti indagini sul calcioscommesse si inseriscono nel più generale fenomeno del collasso dello stato, svelando una nuova ramificazione della rete di corruzione che ammorba tutti gli ambiti dell'economia nazionale. La magistratura interviene quando e dove può ma non è certo in grado di risanare un sistema marcio dalle fondamenta... e di cui anch'essa fa parte.

Nella società capitalistica si combatte una guerra di tutti contro tutti: individui, aziende e stati non perdono occasione per farsi le scarpe a vicenda. E' una lotta perenne che vede i governi gareggiare a chi sovvenziona di più l'economia con i quantitative easing oppure abbassando i tassi di interesse. Ma la concorrenza tra le maggiori aziende globali porta al monopolio (vedi per esempio l'ipotesi di accordo tra Mediaset e Sky per la pay tv) e costringe il capitalismo ad agire contro i suoi stessi meccanismi vitali. Prendiamo l'agricoltura: gli stati sovvenzionano la produzione agricola tramite una specie di ministero della nutrizione, per cui il settore, senza un suo ciclo capitale/terra come base per la formazione dei prezzi, è diventato ovunque una specie di entità statale che si occupa dell'alimentazione pubblica distribuendo alcuni generi alimentari a prezzo politico.

Cionostante la miseria cresce e la Chiesa lancia l'allarme: secondo la Caritas, nel mondo ci sono 805 milioni di persone che soffrono la fame. Di fronte a questa situazione, papa Francesco rivendica "una Chiesa povera e per i poveri"; Enzo Bianchi, priore della comunità di Bose, gli fa eco sulle pagine di Repubblica riscoprendo l'affermazione Omnia sunt communia (tutto è di tutti), risalente ai Padri della Chiesa e fatta propria da Thomas Müntzer (1489-1525) nella Guerra dei contadini:

"Oggi siamo consapevoli dell'ingiustizia regnante, dell'assoluta mancanza di equità nella distribuzione delle risorse del pianeta. Si pensi solo che meno del 20% della popolazione possiede l'86% della ricchezza mondiale. La diseguaglianza planetaria, a partire dall'ingiusta ripartizione del cibo, dovrebbe farci provare vergogna. L'abisso sempre più profondo che separa i poveri dai ricchi dovrebbe inquietarci, perché una tale situazione può solo preparare una rivolta dei poveri, una guerra – dai nuovi connotati, ma sempre guerra – tra i privilegiati da un lato e, dall'altro, i bisognosi [...]."

Tito Boeri, presidente dell'Inps, ha dichiarato che dal 2008 a oggi in Italia le famiglie indigenti sono passate dal 18 al 25% del totale, a causa della mancanza di prestazioni sociali adeguate per contrastare il fenomeno. Secondo l'Organizzazione Internazionale del Lavoro, "nelle economie industrializzate e nell'Unione Europea, nel 2013, il rallentamento della crescita dei salari nella crisi ha provocato una riduzione di 485 miliardi di dollari della massa salariale a livello regionale." Mentre sinistri, movimentisti e sindacalisti sembrano non registrare il problema, il M5S, dopo la marcia Perugia-Assisi, continua la campagna (elettorale) per il reddito di cittadinanza.

In chiusura di teleconferenza abbiamo discusso delle lotte nella logistica. Dalla serrata del magazzino Sda express courier di Bologna, si è passati a parlare degli scioperi di solidarietà negli hub di Roma, Brescia, Bergamo, Padova e Carpiano. A Roma un gruppo di crumiri armati di manganelli ha attaccato il picchetto che impediva l'accesso al magazzino Sda di via Corcolle. Il settore della logistica, come molti altri, è una giungla fatta di appalti, subappalti, esternalizzazioni, lavoro nero e semi-schiavistico. Siccome è difficile organizzare nei posti di lavoro una massa di precari che entrano ed escono continuamente dal ciclo produttivo, da più parti si sente l'esigenza di un'organizzazione territoriale. Nelle prime Camere del Lavoro non c'erano computer e social media eppure il coordinamento c'era e anche la capacità di fare scioperi di massa. Oggi, con i mezzi messi a disposizione dal capitalismo, se solo lo volessero, i sindacati avrebbero una capacità di mobilitazione mai vista prima.

Articoli correlati (da tag)

  • La guerra è dissipazione di energia

    La teleriunione di martedì sera è iniziata discutendo dell'evoluzione degli attuali scenari di guerra.

    Gli Stati, anche quelli importanti come USA e Federazione Russa, faticano a tenere il passo nella produzione di munizioni necessaria per il conflitto in corso in Ucraina. Il Fatto Quotidiano riporta alcuni dati significativi: nel giugno 2022 i Russi sparavano 60 mila colpi al giorno, a gennaio del 2024 ne sparavano 10-12 mila contro i 2 mila dell'esercito avversario. Senza l'aiuto dell'Occidente l'Ucraina sarebbe già collassata, ma ora l'America ha delle difficoltà: "Gli Usa, il principale fornitore di proiettili di artiglieria dell'Ucraina, producono 28mila munizioni da 155 mm al mese con piani di aumento della produzione a 100mila entro il 2026." La fabbricazione di tali quantità di munizioni comporta uno sforzo nell'approvvigionamento di materie prime, e infatti c'è una corsa all'accaparramento di scorte di alluminio e titanio. Già l'anno scorso l'Alto rappresentante UE per la politica estera, Josep Borrell, affermava: "In Europa mancano le materie prime per produrre le munizioni da mandare all'Ucraina".

    Se in un contesto di guerra limitato al territorio ucraino scarseggiano i proiettili, proviamo a pensare cosa potrebbe accadere se il conflitto si estendesse territorialmente e si prolungasse. Si stanno sperimentando nuove armi, ma per adesso queste non hanno preso il posto delle vecchie. Il volume di fuoco è diventato insostenibile, la struttura produttiva internazionale, per come si è configurata negli ultimi decenni, non sarebbe in grado di reggere un conflitto convenzionale generalizzato per lungo tempo. L'Occidente ha delocalizzato parte delle industrie pesanti (quelle che lavorano acciaio e ferro) in Asia, e ora si rende conto che dipende dagli altri e cerca di correre ai ripari. Metà del totale dell'acciaio mondiale è prodotto in Cina, la stessa Unione Europea riceve l'80% delle forniture di armi da paesi extra-europei. Paesi come la Russia, la cui industria primaria (siderurgica, metallurgica, meccanica e petrolchimica) è più sviluppata rispetto a quella secondaria, sono avvantaggiati. Putin ha dato il via libera ad esercitazioni con le atomiche tattiche al confine con l'Ucraina, in risposta alle dichiarazioni di Macron sulla possibilità di inviare truppe occidentali in territorio ucraino, e di quelle del ministro degli Esteri britannico Cameron, che ha autorizzato l'Ucraina ad usare le armi fornite dalla Gran Bretagna per colpire obiettivi all'interno della Russia. Alcuni paesi europei pensano di reintrodurre il servizio di leva obbligatorio, ma tali cambiamenti hanno bisogno di tempo; inoltre, gli eserciti d'oggi sono professionali, composti da personale altamente specializzato.

  • Capitale destinato ad essere cancellato

    La teleriunione di martedì sera è iniziata con un focus sulla situazione economico-finanziaria mondiale.

    Abbiamo già avuto modo di scrivere delle conseguenze di una massa enorme di capitale finanziario (il valore nozionale dei derivati è di 2,2 milioni di miliardi di dollari) completamente slegata dal Prodotto Interno Lordo mondiale (circa 80 mila miliardi annui). Quando Lenin scrisse L'Imperialismo, fase suprema del capitalismo, il capitale finanziario serviva a concentrare investimenti per l'industria, che a sua volta pompava plusvalore. Oggigiorno, questo capitale non ha la possibilità di valorizzarsi nella sfera della produzione, perciò è destinato a rimanere capitale fittizio e quindi, dice Marx, ad essere cancellato.

    Nell'articolo "Accumulazione e serie storica" abbiamo sottileneato che è in corso un processo storico irreversibile, e che non si tornerà più al capitale finanziario del tempo di Lenin e Hilferding. In "Non è una crisi congiunturale", abbiamo ribadito come il rapido incremento del capitale finanziario è una conseguenza del livello raggiunto dalle forze produttive. La capacità del capitale di riprodursi bypassando la produzione materiale è un'illusione, e il ritorno alla realtà è rappresentato dallo scoppio delle bolle speculative. Ogni strumento finanziario è necessariamente un espediente per esorcizzare la crisi di valorizzazione, nella speranza di poter trasformare il trasferimento di valore in creazione del medesimo.

  • L'attenzione verso il linguaggio

    La teleconferenza di martedì sera è iniziata riprendendo gli argomenti trattati durante la riunione pubblica tenuta a Milano lo scorso 20 aprile.

    La conferenza, incentrata sul tema "Guerra e nuove tecnologie", si è tenuta presso il circolo anarchico Bruzzi-Malatesta. Al termine della riunione sono state poste alcune domande riguardo la socializzazione del capitale e le strutture fisiche alla base della guerra cibernetica, che ci hanno dato l'occasione di ribattere alcuni chiodi teorici. L'impressione che abbiamo avuto è stata positiva sia per la presenza di giovani che per l'attenzione del "pubblico" durante lo svolgimento di tutta la relazione.

    L'acutizzarsi della guerra e lo sviluppo di nuove armi fanno parte di un processo unico, di una dinamica di crisi strutturale del capitalismo. I fatti hanno la testa dura, dice Lenin, e la realtà si incarica di fare piazza pulita delle vecchie "questioni" che in passato sono state motivo di interminabili dibattiti (partito, sindacato, ecc.). Nell'introduzione alla relazione di Milano è stato ribadito che il capitalismo non può funzionare senza l'estrazione di plusvalore, e che la guerra, fenomeno invariante, si è trasformata nel tempo essendo soggetta al modo di produzione che la esprime. Engels nota che l'innescarsi della dialettica cannone/corazza porta all'intensificazione del conflitto, motivo per cui, ad esempio, ben presto le barricate risultano obsolete rispetto all'impiego dell'artiglieria.

Rivista n°54, dicembre 2023

copertina n° 54

Editoriale: Reset

Articoli: La rivoluzione anti-entropica
La guerra è già mondiale

Rassegna: Polarizzazione sociale in Francia
Il picco dell'immobiliare cinese

Terra di confine: Macchine che addestrano sè stesse

Recensione: Tendenza #antiwork

Raccolta della rivista n+1

Newsletter 245, 19 gennaio 2022

f6Libertà

Viviamo in una società che scoppia. I suoi membri, divisi o raggruppati secondo criteri il più delle volte arbitrari e casuali, non riescono più a darsi un'identità plausibile. La pandemia, invece di compattare gli individui intorno a provvedimenti utili alla salvaguardia della specie, ha aggravato la situazione facendo emergere ataviche tendenze all'irrazionale.

Continua a leggere la newsletter 245
Leggi le altre newsletter

Abbonati alla rivista

Per abbonarti (euro 20, minimo 4 numeri) richiedi l'ultimo numero uscito, te lo invieremo gratuitamente con allegato un bollettino di Conto Corrente Postale prestampato.
Scrivi a : mail2

Iscriviti alla newsletter

Iscriviti alla newsletter quindicinale di n+1.

Invia una mail a indirizzo email