Gli Stati Uniti sono da sempre isolazionisti a senso unico, ovvero non accettano intrusioni politiche. L'hanno ribadito durante gli ultimi incontri per il TTIP, rifiutando ogni proposta avanzata dagli europei. In un articolo apparso su Repubblica, Merci, investimenti e debito pubblico, quel triplo nodo tra Cina e Usa, si evidenziano i legami strettissimi che intercorrono tra le due maggiori potenze mondiali: "Nel 2016 il Dragone ha investito oltre 70 miliardi per acquisire aziende americane e controlla 1.200 miliardi di titoli di Stato Usa". Pechino detiene la più grossa parte del debito americano e questo circolo vizioso non potrà essere spezzato dall'elezione di Trump. Se guardiamo al rapporto fra USA e Cina, l'unico paese che al momento potrebbe, teoricamente, aspirare alla successione nella serie capitalistica, notiamo che rispetto al passato il flusso di capitali ha invertito la sua direzione: non va più dalla potenza in declino verso il paese emergente ma, al contrario, è quest'ultimo a finanziare il primo. Di conseguenza non c'è nessuna possibilità per la Cina di autonomizzarsi del tutto dal dollaro.
Nei discorsi pronunciati subito dopo le elezioni, il nuovo presidente è parso molto cauto. Anch'egli, come tutti quelli che l'hanno preceduto, sarà comunque costretto a fare quello che deve fare: obbedire agli ordini del Capitale. Resta il fatto che negli States nulla sarà come prima e la polarizzazione sociale non farà che crescere. Appena è circolata la notizia della vittoria del tycoon, centinaia di manifestanti sono scesi in strada dando luogo, a Los Angeles, Chicago, New York e Portland, a proteste e sit-in; la polizia, in tutta risposta, ha sparato lacrimogeni e proiettili di gomma per disperdere la folla che bloccava autostrade e incroci. Il Ku Klux Klan ha invece annunciato una manifestazione per celebrare la vittoria di Trump. Ritornerà in piazza il movimento Occupy?
Si è passati poi a commentare alcuni articoli sull'intelligenza artificiale nell'ottica della nostra teoria rivoluzionaria della conoscenza.
Molte volte viene fatta confusione tra intelligenza artificiale (a base silicio) e umana (a base carbonio). Il famoso test di Turing ha stabilito che si può parlare di AI quando un operatore umano di fronte ad un terminale non riesce a capire se è collegato con un altro essere umano o con un programma. Oggi siamo arrivati al punto in cui un computer è in grado di battere il campione internazionale di scacchi e sono molti ormai i campi di applicazione in cui le macchine sono più potenti e capaci dell'uomo: volano da sole, spostano pesi immensi, connettono il pianeta, ecc.
Alcuni scienziati sostengono che è possibile determinare la coscienza. Per esempio Giulio Tononi, che nel suo Come si misura la coscienza significativamente afferma: "Perché fare non è essere, ed essere è essere coscienti."
Premesso che per misurare la coscienza bisognerebbe disporre di una coscienza a livello superiore rispetto a quella attuale, per noi comunisti, almeno da Engels in poi, è esattamente il contrario: è il lavoro che produce la coscienza. La natura produce l'uomo che non è altro che un espediente della stessa per darsi memoria e conoscenza. Sia la produzione del primo utensile che il passaggio dal regno delle necessità a quello delle libertà mostrano a livello frattale che il progetto, per noi il rovesciamento della prassi, è di specie e riguarda l'intero ciclo evolutivo dell'uomo-natura. Per quanto al momento in forma alienata, la natura trasforma sé stessa giungendo all'industria tramite l'uomo, perciò "la vera natura antropologica" è il complesso natura-uomo-industria.
"Ciò che, fin dapprincipio, distingue il peggiore architetto dalla migliore ape è il fatto di aver costruito la cella nella propria testa prima di costruirla in cera. Al termine del processo lavorativo, si ha un risultato che era già presente all'inizio nella mente del lavoratore; che, quindi, esisteva già come idea. Non è che egli si limiti a produrre un cambiamento di forma nel dato naturale; realizza in esso, nel medesimo tempo, il proprio scopo, uno scopo ch'egli conosce, che determina a guisa di legge il modo del suo operare, e al quale egli deve subordinare la propria volontà" (K. Marx, Il Capitale, Libro I, cap. V).