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  • Resoconto teleriunione  25 marzo 2025

Processi evolutivi e probabilmente anche catastrofici

La teleriunione di martedì sera è iniziata con alcune considerazioni riguardo la produzione di autovetture elettriche.

Il colosso cinese BYD ("Build Your Dreams") ha superato Tesla di Elon Musk in numeri e fatturato, attestandosi come primo produttore di auto elettriche al mondo. BYD sta costruendo a Zhengzhou una fabbrica di 130 kmq (una superficie maggiore di quella di Napoli), che impiegherà circa 90mila lavoratori e conterrà al proprio interno tutto il necessario per la costruzione delle automobili: dalla produzione di batterie, motori e carrozzerie, fino alle abitazioni per i dipendenti e alle aree per lo svago. La Cina ha la necessità di sviluppare il mercato interno, dato che negli ultimi anni la sua crescita è dipesa dalle esportazioni; ora si sta preparando per far fronte ai dazi e alle barriere doganali.

Nella produzione di automobili a combustione prima c'è stata la grande fabbrica fordista, che realizza tutte le componenti al proprio interno; successivamente, si passa ad una fabbrica globale distribuita sul territorio, in cui ogni stabilimento-reparto produce un qualche semilavorato. Ora sembra che in Cina si stia ritornando alla concentrazione industriale. La crisi dell'automobile fornisce indicazioni sullo stato di salute del capitalismo: troppi produttori, troppi autoveicoli da costruire per ricavare una massa di profitto che giustifichi gli investimenti. L'elevata composizione organica del capitale determina un calo del costo unitario della merce, e tale processo porta ad aumentare la massa della produzione ma, al contempo, causa il calo dei profitti. Mettendo in atto le controtendenze alla caduta del saggio di profitto, la borghesia, come ci spiega Marx, non fa altro che spostare i problemi nel futuro, ingigantendoli.

BYD ha in programma di costruire altri due stabilimenti, uno in Ungheria e l'altro in Turchia, e recentemente è emersa l'ipotesi di realizzare uno stabilimento anche in Italia (ci sono stati incontri con ex fornitori di Stellantis). La fabbrica di Zhengzhou fa il paio con il complesso militare in costruzione vicino a Pechino, che si candida ad essere il più grande al mondo. I cinesi stanno sviluppando tecnologie per attrezzarsi per le guerre future. Sulle pagine del Fatto Quotidiano, il generale Fabio Mini pone l'accento sulla necessità di prepararsi ad un conflitto che sarà tecnologico, difensivo, combattuto quasi senza soldati ("Prepararsi alla guerra tecnologica del 2030. Cioè, a un'altra disfatta").

Nel mercato, così come in guerra, si stabilisce sempre una simmetria. In Cina stiamo assistendo alla stessa dinamica che si è manifestata negli USA con i massimi esponenti delle big tech corteggiati dalla "politica". I rappresentanti del Partito Comunista Cinese si sono incontrati, lo scorso febbraio, con i top manager delle grandi aziende tecnologiche cinesi (Alibaba, Tencent, Huawei, Xiaomi), e il governo si è impegnato ad aiutare la crescita di questi gruppi. Del resto, lo sviluppo della tecnologia e, nello specifico, dei sistemi di IA, è strategico per gli Stati. Butterfly Effect, la startup con sede a Wuhan che ha sviluppato l'assistente digitale IA multi-agente Manus, ed il gigante della tecnologia cinese Alibaba hanno annunciato una partnership strategica. Un agente di IA è un sistema che coordina altri sistemi e non ha bisogno di input continui da parte dell'utente (a differenza dei LLM come ChatGPT), poichè è in grado di sviluppare autonomamente le azioni necessarie per ottenere il risultato che gli è stato indicato.

Nell'articolo "Il gemello digitale" abbiamo citato Geoff Mulgan, autore del saggio Big Mind. L'intelligenza collettiva che può cambiare il mondo, in cui sostiene che lo sviluppo tecnologico è stato reso possibile dall'assemblaggio di parti che prima erano separate. Internet, esempio emblematico, mette in connessione gli uomini, le cose e i processi. Marx parlava di macchine che costruiscono altre macchine, ora siamo al punto in cui software scrivono altro software. La borghesia è costretta a rivoluzionare costantemente i mezzi di produzione (Manifesto), e le recenti trasformazioni sono troppo veloci rispetto alla comprensione maturata a livello sociale.

Diversi scienziati ed imprenditori del settore informatico hanno lanciato l'allarme circa la possibilità che l'intelligenza artificiale assuma "comportamenti" pericolosi per la nostra specie. Il filosofo Nick Bostrom, autore del saggio Superintelligenza. Tendenze, pericoli, strategie, è tra i firmatari di una celebre lettera aperta che mette in guardia politici, ricercatori e sociologi sui potenziali pericoli di uno sviluppo eccessivo dell'IA. Bostrom sostiene che le macchine si stanno autonomizzando e che ciò possa avere conseguenze catastrofiche: per migliaia di anni il progresso tecnologico è stato lento, mentre ad un certo punto la curva si è impennata. L'intelligenza delle macchine potrebbe "decollare" esponenzialmente, dando origine a superintelligenze che per noi risulteranno inarrivabili. Il problema che arrovella gli addetti ai lavori non è tanto quello dell'intelligenza artificiale ristretta, quanto la realizzazione di un'intelligenza artificiale generale (forte), ovvero la capacità di un agente digitale di apprendere qualsiasi compito che un essere umano è in grado di imparare. Per adesso, i sistemi di IA battono gli uomini nel gioco degli scacchi o del Go, quindi in ambiti specifici e non generali, ma operando per assemblaggi, la sintesi di intelligenze artificiali inferiori in una superiore non è da escludere in linea di principio.

Il dibattito in corso tra scienziati sul fatto che le macchine autonome possano distruggere il mondo non tiene conto del fatto che è il capitalismo - anche senza IA - a portare la nostra specie (e parte della biosfera) verso la catastrofe. La borghesia concepisce le macchine come qualcosa di separato rispetto dall'evoluzione della nostra specie, mentre per noi materialisti esse sono protesi di cui ci siamo dotati per affrontare problemi legati alla sopravvivenza ("Genesi dell'uomo-industria"). D'altronde, per il Marx dei Manoscritti del 1844, "la vera natura antropologica" è il complesso natura-uomo-industria.

Il partito comunista, che all'interno del capitalismo lotta contro altri partiti, rappresenta al tempo stesso un organismo del futuro che svolge compiti di difesa della specie umana. Nelle Tesi di Napoli (1965) si scrive:

"Secondo la linea storica noi utilizziamo non solo la conoscenza del passato e del presente della umanità, della classe capitalistica ed anche della classe proletaria, ma altresì una conoscenza diretta e sicura del futuro della società e della umanità, come è tracciata nella certezza della nostra dottrina che culmina nella società senza classi e senza Stato, che forse in un certo senso sarà una società senza partito, a meno che non si intenda come partito un organo che non lotta contro altri partiti, ma che svolge la difesa della specie umana contro i pericoli della natura fisica e dei suoi processi evolutivi e probabilmente anche catastrofici."

I processi catastrofici esistono in natura (terremoti, asteroidi, pandemie, ecc.) e per rispondervi la società un domani si doterà di strumenti razionali, come il partito di specie, che anticiperà i processi invece di subirli. La nostra corrente scriveva che i partiti e le rivoluzioni non si fanno, si dirigono ("Partito e azione di classe", 1921). Quello che possiamo fare con le forze oggi a disposizione è principalmente un lavoro di difesa del programma storico; solo quando si manifesta una polarizzazione sociale può rompersi la cappa di piombo che tutto schiaccia.

In chiusura di teleconferenza, si è accennato alla situazione in Turchia dove, in seguito l'arresto del sindaco di Istanbul, sfidante di Erdogan alle prossime elezioni, migliaia di manifestanti sono scesi in piazza e si scontrano da giorni con la polizia. La Turchia è un Paese moderno, con una vita urbanizzata e un forte proletariato, essa è un ponte tra Occidente e Oriente, verso l'area turcofona che arriva fino alla Cina ("L'Europa virtuale e i nuovi attrattori d'Eurasia: la Turchia come fulcro dinamico").

Tutto il Medioriente è in fibrillazione. Limes titola l'ultimo numero "Allarme a sud-est", analizzando i tre principali attori geopolitici dell'area: Israele, Turchia e Iran. Turchia e Iran hanno una storia millenaria in quanto ex imperi: il primo è scosso dalla crisi economica e dalle manifestazioni, il secondo è alle prese con enormi contraddizioni sociali, tanto da progettare il trasferimento della capitale da Teheran alla zona costiera di Makran, temendo la perdita di controllo sulla principale metropoli. Israele è un trapianto di capitalismo in pieno deserto, ma grazie al supporto degli USA ha mire imperialistiche nella regione. Il paese ha diversi fronti aperti, dalla Striscia di Gaza al Libano, e non si capisce come possa uscire da questo cul-de-sac. Tel Aviv ha seri problemi sociali, economici e demografici (gli ultraortodossi fanno più figli degli altri, ma non partecipano alla vita militare e produttiva). Se salta anche uno solo di questi tre paesi, c'è il rischio che salti tutta l'area, con effetti a catena sul resto del mondo.

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