Informazioni aggiuntive

  • Resoconto teleriunione  12 dicembre 2017

Reddito di cittadinanza, digital labour e disoccupazione di massa

Durante la teleconferenza di martedì sera, presenti 15 compagni, abbiamo affrontato il tema del reddito di base.

Sono molte le città e gli stati che stanno sperimentando misure di questo tipo: Scozia, Finlandia, Barcellona in Spagna, alcune località dell'Olanda, la provincia dell'Ontario (Canada), Oakland e Stockton negli Stati Uniti (dove per il 2018 un campione casuale dei 300.000 residenti otterrà 500 dollari al mese), e per ultima la città di Zurigo, che nel 2018 introdurrà un reddito universale di 2500 franchi mensili (quasi 2200 euro) per gli adulti, e 625 franchi (circa 550 euro) per i bambini. Anche l'Italia sta cercando di porre rimedio alla miseria crescente con il Rei, il reddito di inclusione. Solo che nel Belpaese l'esperimento è partito nel caos assoluto, con Inps, Comuni e CAF, impreparati ad accogliere le richieste, presi d'assalto dai cittadini. Da segnalare il sito Basic Income Network (Bin) che raccoglie notizie sulle iniziative in materia di reddito di base, come la manifestazione prevista per il prossimo 16 dicembre a Roma (#FightRight).

Tempo fa il M5S ha organizzato una marcia da Perugia ad Assisi per chiedere il reddito di cittadinanza, uno dei punti programmatici (una delle cinque stelle) che caratterizza il movimento dalla sua nascita. Sul tema sorprendente il silenzio dei confederali, che lasciano ai grillini e ad altri soggetti il monopolio su un argomento di questa portata.

Il reddito di cittadinanza, inizialmente inteso come erogazione monetaria per raggiungere la parità tra tutti i cittadini, si è trasformato nel giro di pochi anni nella richiesta di un reddito di base, una sorta di salario di sopravvivenza. Quella del salario ai disoccupati è una rivendicazione classica del sindacalismo degli anni '20, accettata oltre che dai comunisti anche da alcune frange della socialdemocrazia. Oggi, data la crescita della miseria, il reddito di base (o reddito di sussistenza) è una necessità per milioni di precari e disoccupati, e c'è già chi pensa di modificare radicalmente l'apparato assistenziale, sforbiciando i fondi statali erogati a decine di strutture messe in piedi per "gestire" il business della disoccupazione. Se la borghesia non fosse così inconseguente, eliminerebbe drasticamente le spese improduttive (cominciando dalla mafia dei corsi di formazione), intervenendo per distribuire direttamente ai disoccupati queste risorse in modo da agire sulla propensione marginale al consumo. Per fare tutto ciò, ci vorrebbe un esecutivo forte e snello, cioè non troppo intralciato da chiacchiere parlamentari e disfunzioni varie.

Uno studio della Fondazione Di Vittorio (CGIL) segnala che negli ultimi anni, in Italia, sono saliti da 3 a 4 milioni i lavoratori impiegati in fast jobs, e cioè costretti a lavorare poche ore al giorno. Antonio Casilli, di cui abbiamo parlato in una precedente teleconferenza, in un intervista al Manifesto ("I lavoratori sono il cuore dell'algoritmo") racconta del "capitalismo delle piattaforme digitali" e dei "micro-cottimisti di Amazon Mechanical Turk, un sistema di creazione e addestramento di intelligenze artificiali alimentato da micro-lavoratori, persone pagate a cottimo per qualche centesimo per realizzare mansioni di gestione dati, immagini o testi", concludendo con una presa di posizione riformistica in merito al reddito di base: "Se in Italia ci sono 30 milioni di utenti di Google, è giusto tassare Google sulla base dei profitti ottenuti grazie alla loro attività. Così si può finanziare un reddito di base, un reddito digitale connesso al lavoro digitale che ciascuno di noi svolge su Internet o sulle 'app' mobili."

Nell'epoca dell'informazione in rete anche coloro che non lavorano direttamente per piattaforme come Google, Facebook e Amazon, danno informazioni e producono dati per questi colossi semplicemente navigando su Internet. Nel giro di poco tempo la raccolta di grandi masse di dati è cambiata radicalmente: un elenco di persone, cose o relazioni, ordinato secondo determinati criteri, è già di per sé un elemento "intelligente" che può fornire più informazione di quanta ne contenga la somma dei suoi singoli componenti. Può ad esempio fornire indicazioni sulle vendite future a partire dalle caratteristiche sociali dei consumatori. Produciamo (dati) anche quando non lavoriamo?

Nell'articolo "Proletari, schiavi, piccolo-borghesi o... mutanti?" abbiamo analizzato la "diffusione sociale della fabbrica", la quale è uscita da un pezzo dalle sue mura originarie. Il lavoratore moderno che lavora a domicilio cliccando su qualche piattaforma Internet, oppure il rider che prende ordini sullo smartphone, sono il prodotto specifico della crescita del General Intellect (Grundrisse). E' importante ribadire, con il Marx dei Manoscritti, che l'industria moderna non è semplicemente la fabbrica, ma "è il reale rapporto storico della natura e quindi della scienza naturale". La natura trasforma sé stessa giungendo all'industria tramite l'uomo, perciò "la vera natura antropologica" è il complesso natura-uomo-industria.

Il lavoratore precario, che vive una condizione di disintermediazione del rapporto di lavoro (come la chiamano i sindacalisti), comandato da un algoritmo, è liberato non solo rispetto ai suoi antichi mezzi di produzione, ma anche dal posto di lavoro fisso e dalle regole definite dalle lotte precedenti. Non potrà più ritornare a lottare per il contratto triennale, per la contingenza, per lo statuto dei lavoratori, insomma, per "passi indietro" verso un ripristino dell'ingabbiamento precedente. Se vuole vivere dovrà necessariamente rompere le catene capitalistiche che lo tengono prigioniero. Stiamo vivendo una transizione di fase che aspetta solo un grande rivolgimento per sancire il passaggio da una forma sociale ad un'altra.

Tutto converge verso una singolarità storica, una soluzione di tipo catastrofico. Il caos, la rottura dell'equilibrio sociale, è un passaggio necessario per arrivare a un nuovo ordine. E finché non si arriva alla catastrofe rivoluzionaria, il capitalismo deve inventarsi soluzioni per riformare il sistema, per rimandare la sua morte, cercando di inglobare le spinte anti-forma che maturano nella società (come ha fatto con il fascismo, realizzatore dialettico delle vecchie istanze della socialdemocrazia). Così facendo il Capitale nega sé stesso.

Durante l'ultimo incontro redazionale abbiamo proiettato dei grafici sul costo del lavoro umano per unità di prodotto che, sia in Europa che negli Usa, si aggira intorno al 5% (il resto è capitale costante, pubblicità, rendita, ecc.). Jeremy Rifkin, nel saggio La fine del lavoro, il declino della forza lavoro globale e l'avvento dell'era post-mercato (1995), nota come prima della rivoluzione industriale il 90% della popolazione americana fosse impiegata nell'agricoltura, per passare, in seguito all'ampio utilizzo di macchine agricole, all'odierno 3%. Lo stesso vale per l'industria e per il terziario: masse di lavoratori sono spinti nel girone infernale della sovrappopolazione assoluta. Una delle soluzioni che lo studioso propone per risolvere il problema è la drastica riduzione dell'orario di lavoro, uno dei punti del Programma rivoluzionario immediato nell'Occidente capitalistico (Riunione di Forlì del 1952). Una parte del mondo borghese, quella più lucida e preveggente, comincia a prendere seriamente in considerazione l'idea del reddito di base e della riduzione della giornata lavorativa, capitolando ideologicamente di fronte al programma comunista.

In chiusura di teleconferenza, si è accennato al riconoscimento da parte di Trump di Gerusalemme come capitale dello stato di Israele, in continuità con la strategia filo-israeliana dell'amministrazione repubblicana fin dai tempi di Reagan. Oggi questa mossa unilaterale è la dimostrazione che la superpotenza di un tempo si è chiusa a riccio in difesa del residuo potere globale.

Articoli correlati (da tag)

  • Quale futuro per il capitalismo?

    Durante la teleriunione di martedì sera abbiamo ripreso l'articolo "Il grande collasso", pubblicato sulla rivista n. 41 (2017), utilizzandolo come chiave di lettura per inquadrare quanto accade nello scenario mondiale.

    Il fenomeno della disgregazione degli Stati si manifesta in diversi forme: dai casi più evidenti di collasso delle amministrazioni politiche (Libia, Siria, Somalia, Sudan, Haiti, ecc.) fino a quelli meno visibili di disfunzione dei servizi pubblici. In un breve video presente su YouTube, intitolato "Il problema dell'Italia è lo Stato che non funziona", Lucio Caracciolo, direttore di Limes, afferma che il problema è l'incapacità non tanto del governo-guidatore, quanto dello Stato-macchina.

    Nel secondo dopoguerra, in Italia, lo stato ha realizzato piani di edilizia popolare, ampiamente criticati dalla Sinistra. La corrente a cui facciamo riferimento ha scritto numerosi articoli sulla questione abitativa; tra questi, "Il problema edilizio in Italia" (1950) analizza come la Democrazia Cristiana di Fanfani, in combutta con socialisti e "comunisti", abbia continuato, in versione democratica, la politica d'intervento nell'economia nazionale iniziata con il fascismo. Il capitalismo costruiva alloggi popolari, ma anche grandi impianti industriali, per dare lavoro a masse di operai che affluivano dal sud Italia. Era l'epoca dell'occupazione di massa, a tutti era garantita una vita di sfruttamento. Ora, quel modello non funziona più e gli stati devono fare i conti con la crescita della miseria e della disoccupazione. Le metropoli globali sono bombe ad orologeria: alcune sono abitate da 15 o 20 milioni di persone e, senza un adeguato rifornimento di cibo ed energia, rischiano il collasso.

  • Alla ricerca di un nuovo ordine

    La teleriunione di martedì sera ha preso le mosse dalle recenti dichiarazioni dei massimi esponenti del governo americano sul dialogo con la Russia riguardo al conflitto in Ucraina.

    Gli USA mirano a indebolire i legami tra Russia e Cina, evitando al contempo la saldatura economica tra Berlino e Pechino. Appena insediatosi alla Casa Bianca, Donald Trump ha annunciato negoziati immediati e diretti con Vladimir Putin. Dal palco della Conferenza sulla sicurezza di Monaco di Baviera, il vicepresidente statunitense J.D. Vance ha rivolto dure critiche ai paesi europei, esprimendo il suo sostegno alle forze di estrema destra come l'AFD tedesca. Il giorno sucessivo, l'inviato speciale USA per l'Ucraina, Keith Kellogg, ha dichiarato che gli europei non saranno inclusi nei prossimi colloqui di pace.

    In particolare, nel suo intervento a Monaco, il vicepresidente Vance ha preso posizione a proposito della "ritirata dell'Europa da alcuni dei suoi valori fondamentali, valori condivisi con gli Stati Uniti". Il problema arriverebbe, dunque, dall'interno del Vecchio Continente, sempre meno democratico e liberale. L'accordo tra Putin e Trump esclude esplicitamente l'Europa e favorisce il riavvicinamento tra USA e Russia a discapito dell'Ucraina. Le dichiarazioni di Trump e Vance hanno mandato nel panico le cancellerie europee: agli annunciati dazi americani si aggiunge ora la possibilità del venir meno della protezione militare USA. L'Europa è il classico vaso di coccio tra vasi di ferro, lo dimostra la crescente ingovernabilità in Germania dove è dato per certo l'exploit di AFD. Il vertice "informale" di Parigi tra i capi di governo di Germania, Regno Unito, Italia, Polonia, Spagna, Paesi Bassi, Danimarca e Francia ha sancito, ancora una volta, la disunità e l'impotenza europea.

  • Il business della catastrofe

    La teleriunione di martedì 11 febbraio è iniziata dal commento di un articolo sullo stress da scelta ("Stress da scelta, il nuovo male della vita moderna").

    La FOBO ("Fear Of Better Option"), secondo gli psicologi, è una nuova forma di ansia dovuta all'abbondanza di stimoli, alla troppa scelta di merci in un centro commerciale o nelle piattaforme di shopping online. Per noi si tratta di fenomeni da inquadrare in quella che, più in generale, abbiamo definito "vita senza senso". L'umanità è soffocata dall'immensa quantità di merci prodotte, dalla pubblicità, dal marketing, che contribuiscono ad alimentare ansia, senso di impotenza, ecc.

    Nell'articolo "Controllo dei consumi, sviluppo dei bisogni umani" abbiamo sviluppato il punto "d" del Programma rivoluzionario immediato (Forlì, 1952): lotta alle mode pubblicitarie che creano artificialmente bisogni voluttuari e, nello stesso tempo, abolizione di ogni sopravvivenza delle attività che alimentano la psicologia reazionaria del consumismo. Tale fenomeno è collegato alla gigantesca e forsennata produzione di merci. In un'epoca di sovrapproduzione di merce è naturale che il capitalismo spinga al massimo sui consumi e faccia in modo che anche chi non ha risorse economiche possa accedere al mercato, indebitandosi.

Rivista n°56, dicembre 2024

copertina n° 56

Editoriale: I limiti dell'… inviluppo / Articoli: Il gemello digitale - L'intelligenza al tempo dei Big Data - Donald Trump e il governo del mondo / Rassegna: Il grande malato d'Europa - Il vertice di Kazan - Difendono l'economia, preparano la guerra / Recensione: Ciò che sembrava un mezzo è diventato lo scopo / Doppia direzione: Il lavoro da svolgere oggi - Modo di produzione asiatico? - Un rinnovato interesse per la storia della Sinistra Comunista - Isolazionismo americano post-elettorale?

Raccolta della rivista n+1

Newsletter 245, 19 gennaio 2022

f6Libertà

Viviamo in una società che scoppia. I suoi membri, divisi o raggruppati secondo criteri il più delle volte arbitrari e casuali, non riescono più a darsi un'identità plausibile. La pandemia, invece di compattare gli individui intorno a provvedimenti utili alla salvaguardia della specie, ha aggravato la situazione facendo emergere ataviche tendenze all'irrazionale.

Continua a leggere la newsletter 245
Leggi le altre newsletter

Abbonati alla rivista

Per abbonarti (euro 20, minimo 4 numeri) richiedi l'ultimo numero uscito, te lo invieremo gratuitamente con allegato un bollettino di Conto Corrente Postale prestampato.
Scrivi a : mail2

Iscriviti alla newsletter

Iscriviti alla newsletter quindicinale di n+1.

Invia una mail a indirizzo email