Informazioni aggiuntive

  • Resoconto teleriunione  21 agosto 2018

L'età della magagna

Durante la teleconferenza di martedì, a cui si sono connessi 11 compagni, abbiamo discusso del crollo del ponte Morandi a Genova. Il bilancio della strage è di 43 morti, decine di feriti e centinaia di famiglie sfollate dal quartiere sottostante alla struttura.

In questa società, che nella serie di articoli Drammi gialli e sinistri della moderna decadenza sociale la nostra corrente definisce "età della magagna", può accadere che gli ingegneri si sentano frustrati perché soppiantati da architetti divenuti star, e per tutta risposta progettino strutture leggere ed avveniristiche per fare, a loro volta, scalpore e meraviglia. Strutture che ad un certo punto collassano, sono da demolire o non sono comunque più utilizzabili. D'altra parte tutte le case, i ponti e i manufatti costruiti negli anni del boom economico hanno oggi bisogno di manutenzione straordinaria. Ma in epoca capitalistica le opere di conservazione rappresentano un costo passivo, mentre risulta più conveniente demolire e costruire ex novo, bandendo gare dai preventivi fasulli e dagli alti profitti:

"Esso [Il Capitale] non vuole appalti di manutenzione, ma giganteschi affari di costruzione: per renderli possibili, non bastando i cataclismi della natura, il capitale crea, per ineluttabile necessità, quelli umani, e fa della ricostruzione postbellica 'l'affare del secolo'". ("Piena e rotta della civiltà borghese", 1951).

Nell'articolo de L'Avvenire "Dopo Genova. Cemento armato, la fine di una stagione" viene analizzato quanto accaduto nel capoluogo ligure partendo dalle caratteristiche tecniche dei tiranti e del cemento armato utilizzati per realizzare il ponte Morandi:

"Gli stralli agiscono prevalentemente in tensione. Per cui il cemento degli stralli è un peso inutile, anzi un elemento che aggiunge rigidità a un tipo di struttura che dovrebbe di per sé essere particolarmente elastica: la giustificazione è che, coprendo l'acciaio, lo proteggeva. Perché il problema maggiore del cemento armato deriva dal rischio di ossidazione dei ferri, se raggiunti dall'umidità a causa della porosità del materiale o a seguito di crepe che si possono aprire. Ma gli stralli devono essere elastici, come l'acciaio, non rigidi, come il cemento."

Il cemento è un materiale artificiale, intrinsecamente instabile a livello chimico e perciò non duraturo, e diverso dalle pietre naturali come il tufo o il calcare. Sul Web è molto facile reperire studi e tesi di laurea sul tempo di "vita" dei manufatti in cemento armato. Tra le varie forme di degrado la più invasiva e presente è la corrosione dell'acciaio delle barre di armatura, innescata da fattori esterni come i cloruri nella carbonatazione ed alimentata dalla presenza di aria ed acqua.

L'articolo si conclude quindi con una nefasta previsione: "Ci saranno altri crolli, perché nel corso degli ultimi sessant'anni son state costruite troppe strutture con materiali impropri, che richiederebbero troppi investimenti per essere mantenute."

Il ponte più alto d'Europa si trova in Francia ed arriva a 365 metri; quando il cemento utilizzato per realizzarlo manifesterà i primi problemi non ci sarà nessuna manutenzione possibile. Un altro ponte di Morandi, costruito ad Agrigento, è oggi quasi completamente sbriciolato e l'acciaio è nudo. Su Youtube, alla voce "demolizione ponti", sono decine i video dei viadotti fatti saltare in aria perché pericolosi.

Con il solito metodo della spesa pubblica e del profitto privato, lo Stato nel passato ha garantito la realizzazione delle cosiddette grandi opere. Ora, a livello governativo si vocifera di nazionalizzare la rete autostradale. Effettivamente una gestione centralizzata sarebbe più efficiente: quando c'è stata la suddivisione della rete ferroviaria italiana in diversi comparti (pulizia, revisione motori, linee, ecc.) si è provocato un vero disastro in termini di funzionalità, efficienza e gestione della rete stessa. In Inghilterra la privatizzazione ha distrutto un sistema ferroviario che funzionava benissimo. Ma tornare alla nazionalizzazione significherebbe ripristinare la socializzazione delle perdite in un settore che i privati non vogliono più.

Nella maggiorparte dei paesi occidentali sia le reti autostradali che i ponti, le case, le scuole e gli ospedali sono stati costruiti nel secondo dopoguerra. Alla base di quest'immensa espansione edilizia ci sono stati miliardi di metri cubi di cemento armato, la cui durata canonica è di 50 anni.

L'Internazionale ha tradotto un articolo di The Economist in cui si afferma che "circa il 30 per cento dei ponti stradali europei presenta una qualche criticità, spesso dovuta alla corrosione dell'armatura d'acciaio o dei tiranti precompressi. Le conclusioni di un rapporto pubblicato a gennaio dall'American road & transportation builders association sono ancora più preoccupanti. Secondo lo studio, 54.259 ponti statunitensi (su un totale di 612.677) presentano "carenze strutturali". Questi ponti problematici hanno un'età media di 67 anni e ogni giorno li attraversano 174 milioni di veicoli."

L'agenzia Ansa, in un articolo del 16 agosto 2018, rincara la dose: "In Italia i ponti 'scaduti' e da revisionare sono circa diecimila. Secondo i dati gli elementi principali alla base del rischio crollo sono i volumi di traffico e l'età dei manufatti. Quando quest'ultima è superiore a 50 anni e le strutture sono ancora interessate da grossi volumi di traffico, si accende un campanello d'allarme: questi ponti sono diecimila".

Dal punto di vista tecnico si prepara una vera apocalisse: cominceranno a collassare i ponti e le infrastutture più vecchie e soggette a maggior traffico, ma tra una ventina d'anni sarà tutto il parco cementizio dei paesi occidentali a rischio collasso. Senza contare le tubazioni, gli infissi e la rete elettrica.

La società futura avrà modo di controllare produzione e trasporti attraverso sistemi computerizzati, sensori e attuatori, evitando le opere ed il traffico inutili, al contrario del modo di produzione attuale in cui la sete di profitto impedisce qualsiasi razionalità. In futuro non sapremo che farcene di manufatti giganteschi, dissipativi e legati alle folli necessità di consumo dell'attuale modo di produzione.

"Noi non abbiamo il compito di costruire, ma quello di distruggere, di abbattere determinati ostacoli! Non solo il capitalismo ha da tempo costruito quanto a noi basta ed avanza come base 'tecnica', ossia come dotazione di forze produttive, sicché il grande problema storico non è - nell'area bianca - di crescere il potenziale lavorativo, ma di spezzare le forme sociali di ingombro alla buona distribuzione ed organizzazione delle forze ed energie utili, vietandone lo sfruttamento e il dilapidamento; ma lo stesso capitalismo ha troppo costruito e vive nella antitesi storica: distruggere, o saltare". ("Politica e costruzione", 1952)

In chiusura di teleconferenza si è accennato alla grave crisi economica che attanaglia la Turchia, alla situazione economica e sociale del Venezuela dove l'inflazione ha raggiunto livelli altissimi, e alle violente manifestazioni contro il governo in Romania.

Articoli correlati (da tag)

  • Sono mature le condizioni per una società nuova

    La teleriunione di martedì sera è iniziata con alcune considerazioni sulle strutture intermedie tra il partito e la classe.

    Occupy Sandy non era né un sindacato né, tantomeno, un partito, ma una struttura di mutuo-aiuto nata sull'onda dell'emergenza e dell'incapacità della macchina statale di intervenire efficacemente per aiutare la popolazione. In "Partito rivoluzionario e azione economica" (1951) si afferma che, nella prospettiva di ogni movimento rivoluzionario generale, non possono non essere presenti tali fondamentali fattori: un ampio e numeroso proletariato, un vasto strato di organizzazioni intermedie e, ovviamente, la presenza del partito rivoluzionario. Gli organismi di tipo intermedio non devono per forza essere strutture già esistenti (ad esempio i sindacati), ma possono essere forme nuove (come i Soviet in Russia). Il tema è stato approfondito in una corrispondenza con un lettore intitolata "Sovrappopolazione relativa e rivendicazioni sindacali".

    Nella tavola VIII (Schema marxista del capovolgimento della prassi), riportata in "Teoria ed azione nella dottrina marxista" (1951), vediamo che alla base dello schema ci sono le forme ed i rapporti di produzione, le determinazioni economiche e le spinte fisiologiche, che portano la classe a muoversi verso la teoria e la dottrina (partito storico), passando attraverso strutture intermedie. Si tratta di cicli di feedback che irrobustiscono la struttura del partito formale. Quando si parla di classe, partito e rivoluzione bisogna intendere una dinamica, un processo che si precisa nel corso del tempo:

  • Captare i segnali di futuro

    La teleriunione di martedì sera è iniziata facendo il punto sulla crisi automobilistica tedesca.

    Ad agosto, in tutti i paesi del vecchio continente, le immatricolazioni hanno subito un calo: rispetto allo stesso mese dell'anno precedente sono scese del 16,5%, e rispetto al 2019 hanno registrato un crollo quasi del 30%. In Germania, nell'agosto 2024, le vendite di automobili elettriche sono calate del 68%, anche a causa della fine dei sostegni statali. Tutti i produttori sono in difficoltà a causa della concorrenza della Cina, che riesce a mantenere bassi i costi di produzione grazie ai sussidi statali. La crisi riguarda Volkswagen, Mercedes, Porsche, Audi. Ma non è la crisi del settore dell'automobile a determinarne una crisi generale; al contrario, è la crisi di sovrapproduzione mondiale a manifestarsi anche in questo settore.

    Le prospettive di chiusura degli stabilimenti e la riduzione dei posti di lavoro hanno portato a scioperi e manifestazioni in Germania. Il paese, considerato la locomotiva economica d'Europa, ha attraversato un lungo periodo di relativa pace sociale. La Mitbestimmung, cogestione in italiano, prevede la collaborazione fra operai e padroni, sancita dalla natura corporativa dei sindacati esistenti. Il fascismo non è una forma di governo tipica prima dell'Italia e poi della Germania ("La socializzazione fascista ed il comunismo"), ma un cambiamento del capitalismo avvenuto a livello globale, con l'Italia che ha fatto da pilota e subito seguita dal New Deal negli USA, dal nazismo in Germania e dalla controrivoluzione stalinista in Russia. Il fascismo rappresenta un determinato stadio di sviluppo delle forze produttive che richiede che l'economia regoli sé stessa per mezzo degli interventi dello Stato: la Tennessee Valley Autority negli USA, le bonifiche dell'Agro Pontino in Italia, la costruzione della diga sul Dnepr in Unione Sovietica e la rete autostradale in Germania (Autobahn) avevano il chiaro obiettivo di modernizzare le infrastrutture pubbliche. La nuova autostrada tedesca aveva bisogno di una vettura del popolo, e si cominciò a produrre la Volskwagen. Così facendo, si diede lavoro a migliaia di disoccupati (conquistandoli al regime) e si rilanciò l'economia nazionale. Il corporativismo nazista viene rifiutato politicamente dalla Germania democratica, ma l'impianto economico sopravvive con la cogestione.

  • La curva del capitalismo non ha ramo discendente

    La teleriunione di martedì sera è iniziata con un approfondimento del testo "Teoria e azione nella dottrina marxista" (1951), ed in particolare del seguente passo:

    "Alla situazione di dissesto dell'ideologia, dell'organizzazione e dell'azione rivoluzionaria è falso rimedio fare assegnamento sull'inevitabile progressiva discesa del capitalismo che sarebbe già iniziata e in fondo alla quale attende la rivoluzione proletaria. La curva del capitalismo non ha ramo discendente."

    L'andamento del capitalismo non è di tipo gradualistico, ma catastrofico e questo dipende dagli stessi meccanismi di accumulazione. Anche se cala il saggio medio di profitto, cresce la massa del profitto, altrimenti non ci sarebbe capitalismo e cioè valore che si valorizza (D-M-D'). La Tavola II ("Interpretazione schematica dell'avvicendamento dei regimi di classe nel marxismo rivoluzionario") di "Teoria e azione" ci suggerisce che non c'è una lenta discesa dell'attuale modo di produzione (fatalismo, gradualismo), ma un accumulo di contraddizioni che ad un certo punto trova una soluzione di tipo discontinuo (cuspide, singolarità).

Rivista n°55, luglio 2024

copertina n° 55

Editoriale: Non potete fermarvi

Articoli: Evoluzione extra biologica - Transizione di fase. Prove generali di guerra

Rassegna: Presa d'atto - Il capitalismo è morto

Recensione: Dallo sciopero, alla rivolta, alla Comune - Guerra civile negli USA, ma non quella vera

Doppia direzione: Il programma immediato non ammette mediazioni

Raccolta della rivista n+1

Newsletter 245, 19 gennaio 2022

f6Libertà

Viviamo in una società che scoppia. I suoi membri, divisi o raggruppati secondo criteri il più delle volte arbitrari e casuali, non riescono più a darsi un'identità plausibile. La pandemia, invece di compattare gli individui intorno a provvedimenti utili alla salvaguardia della specie, ha aggravato la situazione facendo emergere ataviche tendenze all'irrazionale.

Continua a leggere la newsletter 245
Leggi le altre newsletter

Abbonati alla rivista

Per abbonarti (euro 20, minimo 4 numeri) richiedi l'ultimo numero uscito, te lo invieremo gratuitamente con allegato un bollettino di Conto Corrente Postale prestampato.
Scrivi a : mail2

Iscriviti alla newsletter

Iscriviti alla newsletter quindicinale di n+1.

Invia una mail a indirizzo email