Informazioni aggiuntive

  • Resoconto teleriunione  1 gennaio 2019

Previsioni

La teleconferenza di martedì sera, presenti 9 compagni, è iniziata con alcune considerazioni intorno alle tendenze economiche in atto e ai processi che potrebbero mettersi in moto nel 2019.

Non sono pochi gli economisti e gli analisti finanziari che mettono in guardia dal potenziale disastro che potrebbe scatenarsi con lo scoppio della mega-bolla dei derivati, quell'immane quantità di capitale fittizio cui abbiamo accennato più volte, che tutto comanda e condiziona: i bitcoin, ad esempio, che hanno visto aumentare il loro valore fino a quasi 20mila dollari per poi sprofondare intorno a quota 3mila; o le dot-com, che sono garantite soltanto dalla fiducia riposta nel loro valore, la quale, se venisse meno, farebbe crollare tutto il "castello". Nel corso del 2019 varie crisi di borsa (già annunciate da Financial Times ed Economist) potrebbero scuotere i mercati e sarà inutile appellarsi alla buona volontà dei governi o ai pareri degli esperti perché facciano qualcosa: la bolla finanziaria, una volta esplosa, causerà il movimento del capitale fittizio che produrrà sconquassi enormi, coinvolgendo cifre di denaro così grandi che il nostro cervello faticherà a comprenderle. La cancellazione di questa massa di capitale farebbe comodo al capitalismo per riprendere ossigeno, ma potrebbe anche soffocarlo sotto il peso di una reazione a catena che porterebbe al crollo dell'intera economia. Allo stesso tempo, anche se tale capitale non si muovesse e le banche continuassero a dare soldi a chi non ne ha bisogno mentre tutti gli altri vengono taglieggiati, lo scenario rimarrebbe decisamente allarmante.

La società umana è un sistema altamente complesso e le previsioni sul suo divenire sono particolarmente ardue. Nonostante ciò, è possibile rintracciare al suo interno un gruppo di leggi che ne regolano il funzionamento, e ciò stesso, di per sé, rappresenta una possibilità di formalizzazione al fine di ricavarne delle certezze. Lo fanno anche romanzi di fantascienza come Effetto valanga di Mack Reynolds, dove piccole variazioni della microeconomia provocano una crisi rovinosa, oppure L'anno del diagramma di Robert A. Heinlein, in cui un matematico raccoglie dati e li trasforma in un diagramma dal quale trae conclusioni catastrofiche sull'andamento della società.

Sul fronte delle lotte, il 2018 si chiude con una lunga serie di mobilitazioni. Negli ultimi mesi i gilet gialli hanno dato del filo da torcere allo stato francese, l'Ungheria si è trovata alle prese con manifestazioni contro la "legge schiavitù" promulgata dal presidente Orban e la Serbia ha visto proteste (che vanno avanti da oltre un mese) con migliaia di persone nelle piazze. In Medio Oriente e in Nord Africa sono passate sotto silenzio le manifestazioni di settembre nella città meridionale irachena di Bassora, e le rivolte iniziate a Kasserine in Tunisia, dove a fine dicembre un giornalista si è dato fuoco per protesta (in un video ha spiegato di aver agito a nome di "tutti coloro che non hanno mezzi di sussistenza"), ricordando i fatti che nel 2011 diedero inizio alla Primavera araba. In ultimo, da segnalare la rivolta in corso in Sudan con scontri e decine di vittime, e quanto accade in Iran dove proseguono le manifestazioni e gli scioperi contro il carovita, mai placati dall'"incendio" del dicembre 2017.

Insomma, le manifestazioni e le rivolte tendono a sincronizzarsi (come tendono a sincronizzarsi gli incrementi relativi della produzione industriale/saggio di profitto che procedono con oscillazioni minime come in un encefalogramma piatto), e arriveranno sicuramente a fondersi in un'unica grande rivolta globale ("Marasma sociale e guerra", "Guerra civile diffusa", "La banlieue è il mondo"). Le manifestazioni si ripetono e si autoalimentano, poi si spengono e nascono da un'altra parte, delineando un sistema in continua fibrillazione. Lo testimonia il sociologo Alain Bertho nel suo sito (anthropologie du présent), dove raccoglie informazioni sulle rivolte che scoppiano ai quattro angoli del pianeta. Se si guarda alle esperienze degli ultimi anni si può tranquillamente affermare che il movimento antiformista prossimo venturo sarà di tipo non-rivendicativo. E' infatti dalla Primavera araba che si susseguono senza tregua nel mondo manifestazioni ibride ma tendenzialmente anti-sistemiche in quanto prive di "contrattazione", di ricerca del compromesso, di ricorso alla mediazione.

E mentre nel milieu rinascono nostalgie terzinternazionaliste e vengono rispolverate teorie sballate che vedono un Marx idealista allievo di Hegel, alcuni borghesi si accorgono del fatto che i "marxisti" sbagliano ad immaginare il comunismo come un qualcosa da costruire oppure come un modello da realizzare. E' dalle pagine di un importante quotidiano nazionale che il filosofo Maurizio Ferraris ci dice che il comunismo esiste già:

"Malgrado quello che si dice e si pensa, siamo la società più vicina al comunismo che la storia abbia mai conosciuto. Sicuramente, più vicina di quanto lo fossero le esperienze storiche di comunismo realizzato [...] Conviene dunque smettere il gioco futile del condannare il capitalismo e rimpiangere il comunismo. Il comunismo è già qua, nella rivoluzione in corso. Si tratta di comprenderlo e di concettualizzarlo." ("Sì compagni, il comunismo si è realizzato", la Repubblica del 28.12.18)

Anche i rapporti interimperialisti mostrano una certa tendenza all'entropia: dagli Usa in ritirata a causa dell'incapacità di controllare l'assetto mondiale, alla Cina in ascesa, impossibilitata però al passaggio di testimone nella serie storica imperialistica. Il capitalismo, con tutte queste contraddizioni, rattoppa dove può, mette dei termostati e cerca di stabilizzare il Sistema, ma è per sua natura dinamico e non può fermarsi. Pensiamo alla Brexit: nessuno è in grado di capire cosa potrà succedere effettivamente dal punto di vista economico con il distacco definitivo dell'Inghilterra dall'Europa. Migliaia di accordi e contratti hanno reso interdipendente l'isola con il continente. Da mesi il governo inglese sta accantonando medicinali, alimentari e beni di prima necessità, temendo dei pesanti contraccolpi.

La borghesia produce manifestazioni artistiche che si orientano decisamente verso il genere distopico (vedi inchiesta di Riccardo Staglianò su il venerdì del 28.12.18), come con la serie Tv Black Mirror. La classe dominante non riesce proprio a vedere un futuro oltre il capitalismo, e disegna un domani terrificante. La produzione cinematografica registra un mondo diviso tra buoni e cattivi, con i secondi che vessano il resto della popolazione, il 99%; oppure un mondo in mano a potentati economici senza scrupoli, come nella saga Mission: Impossible dove una sezione dei servizi segreti lotta contro un'altra, piegata al volere di forze malvagie.

Articoli correlati (da tag)

  • Captare i segnali di futuro

    La teleriunione di martedì sera è iniziata facendo il punto sulla crisi automobilistica tedesca.

    Ad agosto, in tutti i paesi del vecchio continente, le immatricolazioni hanno subito un calo: rispetto allo stesso mese dell'anno precedente sono scese del 16,5%, e rispetto al 2019 hanno registrato un crollo quasi del 30%. In Germania, nell'agosto 2024, le vendite di automobili elettriche sono calate del 68%, anche a causa della fine dei sostegni statali. Tutti i produttori sono in difficoltà a causa della concorrenza della Cina, che riesce a mantenere bassi i costi di produzione grazie ai sussidi statali. La crisi riguarda Volkswagen, Mercedes, Porsche, Audi. Ma non è la crisi del settore dell'automobile a determinarne una crisi generale; al contrario, è la crisi di sovrapproduzione mondiale a manifestarsi anche in questo settore.

    Le prospettive di chiusura degli stabilimenti e la riduzione dei posti di lavoro hanno portato a scioperi e manifestazioni in Germania. Il paese, considerato la locomotiva economica d'Europa, ha attraversato un lungo periodo di relativa pace sociale. La Mitbestimmung, cogestione in italiano, prevede la collaborazione fra operai e padroni, sancita dalla natura corporativa dei sindacati esistenti. Il fascismo non è una forma di governo tipica prima dell'Italia e poi della Germania ("La socializzazione fascista ed il comunismo"), ma un cambiamento del capitalismo avvenuto a livello globale, con l'Italia che ha fatto da pilota e subito seguita dal New Deal negli USA, dal nazismo in Germania e dalla controrivoluzione stalinista in Russia. Il fascismo rappresenta un determinato stadio di sviluppo delle forze produttive che richiede che l'economia regoli sé stessa per mezzo degli interventi dello Stato: la Tennessee Valley Autority negli USA, le bonifiche dell'Agro Pontino in Italia, la costruzione della diga sul Dnepr in Unione Sovietica e la rete autostradale in Germania (Autobahn) avevano il chiaro obiettivo di modernizzare le infrastrutture pubbliche. La nuova autostrada tedesca aveva bisogno di una vettura del popolo, e si cominciò a produrre la Volskwagen. Così facendo, si diede lavoro a migliaia di disoccupati (conquistandoli al regime) e si rilanciò l'economia nazionale. Il corporativismo nazista viene rifiutato politicamente dalla Germania democratica, ma l'impianto economico sopravvive con la cogestione.

  • La curva del capitalismo non ha ramo discendente

    La teleriunione di martedì sera è iniziata con un approfondimento del testo "Teoria e azione nella dottrina marxista" (1951), ed in particolare del seguente passo:

    "Alla situazione di dissesto dell'ideologia, dell'organizzazione e dell'azione rivoluzionaria è falso rimedio fare assegnamento sull'inevitabile progressiva discesa del capitalismo che sarebbe già iniziata e in fondo alla quale attende la rivoluzione proletaria. La curva del capitalismo non ha ramo discendente."

    L'andamento del capitalismo non è di tipo gradualistico, ma catastrofico e questo dipende dagli stessi meccanismi di accumulazione. Anche se cala il saggio medio di profitto, cresce la massa del profitto, altrimenti non ci sarebbe capitalismo e cioè valore che si valorizza (D-M-D'). La Tavola II ("Interpretazione schematica dell'avvicendamento dei regimi di classe nel marxismo rivoluzionario") di "Teoria e azione" ci suggerisce che non c'è una lenta discesa dell'attuale modo di produzione (fatalismo, gradualismo), ma un accumulo di contraddizioni che ad un certo punto trova una soluzione di tipo discontinuo (cuspide, singolarità).

  • La guerra al tempo dell'IA

    La teleriunione di martedì sera è iniziata commentando due articoli pubblicati sull'ultimo numero dell'Economist (22 giugno 2024), dedicato al rapporto tra guerra e intelligenza artificiale.

    Nell'articolo "AI will transform the character of warfare" si dimostra come la guerra condotta da macchine gestite da sistemi di IA potrebbe rivelarsi incontrollabile. C'è un rapporto stretto tra industria militare e civile. I computer, si afferma, sono nati in guerra e dalla guerra. La stessa ARPANET, aggiungiamo noi, che anticipò Internet, venne realizzata a partire dal 1969 dalla DARPA (Defence Advanced Research Projetcs Agency) per collegare centri di calcolo e terminali di università, laboratori di ricerca ed enti militari.

    Oggigiorno esistono sistemi di IA che si occupano del riconoscimento degli oggetti in un dato spazio e che vengono utilizzati per elaborare i dati e le informazioni raccolte dai droni tramite foto e video. L'integrazione di tali sistemi produce un gigantesco automa che relega ai margini l'essere umano: dato che il tempo per individuare e colpire gli obiettivi è compresso in pochi minuti o addirittura in secondi, il soldato può al massimo supervisionare il sistema. Combattimenti più rapidi e meno pause tra uno scontro e l'altro renderanno più difficile negoziare tregue o fermare l'escalation. Dice Marx nei Grundrisse: con lo sviluppo dell'industria l'operaio da agente principale del processo di produzione ne diventa il sorvegliante per essere sostituito anche in questa funzione da un automa generale.

Rivista n°55, luglio 2024

copertina n° 55

Editoriale: Non potete fermarvi

Articoli: Evoluzione extra biologica - Transizione di fase. Prove generali di guerra

Rassegna: Presa d'atto - Il capitalismo è morto

Recensione: Dallo sciopero, alla rivolta, alla Comune - Guerra civile negli USA, ma non quella vera

Doppia direzione: Il programma immediato non ammette mediazioni

Raccolta della rivista n+1

Newsletter 245, 19 gennaio 2022

f6Libertà

Viviamo in una società che scoppia. I suoi membri, divisi o raggruppati secondo criteri il più delle volte arbitrari e casuali, non riescono più a darsi un'identità plausibile. La pandemia, invece di compattare gli individui intorno a provvedimenti utili alla salvaguardia della specie, ha aggravato la situazione facendo emergere ataviche tendenze all'irrazionale.

Continua a leggere la newsletter 245
Leggi le altre newsletter

Abbonati alla rivista

Per abbonarti (euro 20, minimo 4 numeri) richiedi l'ultimo numero uscito, te lo invieremo gratuitamente con allegato un bollettino di Conto Corrente Postale prestampato.
Scrivi a : mail2

Iscriviti alla newsletter

Iscriviti alla newsletter quindicinale di n+1.

Invia una mail a indirizzo email