Il reddito di cittadinanza nasce come proposta ideologica interclassista affinché venga sancita una misura ugualitaria destinata a tutti i cittadini. Ma in pochi anni tale misura si trasforma in un provvedimento necessario alla sopravvivenza di vasti strati di popolazione e, più recentemente, in un sostegno economico statale finalizzato ad attivare i consumi ed evitare lo scoppio di rivolte. La Confcommercio ha stimato che in Italia, in seguito alle restrizioni di lockdown, si verificherà nel primo trimestre del 2020 un crollo dei consumi di almeno il 10%. Se non si mettono i soldi nei conti correnti dei cittadini, nè l'industria nè il commercio ripartiranno. Nel Belpaese si stanno inceppando i meccanismi di distribuzione del valore, con il sito dell'Inps che va puntualmente in tilt e con lunghe code fuori dagli uffici comunali per ottenere i buoni spesa per l'acquisto di generi alimentari.
Solo partendo da situazioni del genere si può capire l'allarme lanciato dal ministro dell'interno italiano:
"Alle difficoltà delle imprese e del mondo del lavoro potrebbero accompagnarsi gravi tensioni a cui possono fare eco, da un lato, la recrudescenza di tipologie di delittuosità comune e il manifestarsi di focolai di espressione estremistica, dall'altro, il rischio che nelle pieghe dei nuovi bisogni si annidino perniciose opportunità per le organizzazioni criminali."
E lo stesso vale per altri paesi. Negli Stati Uniti, a New York, i negozi sono stati sbarrati per il timore di saccheggi, e in Spagna la politica è in preda al caos: il governo ha prima proposto un reddito di base "universale", poi ha rimandato tutto a causa di uno scontro interno tra Podemos e PSOE.
La quantità di lavoro liberato è difficilmente quantificabile: con l'automazione, i robot e la cosiddetta intelligenza artificiale, la disoccupazione non è più un problema sindacale ma direttamente politico. D'altronde, deve essere possibile trovare in questa società saggi di quella futura ("Proprietà e Capitale", 1958), e la "liberazione" di tempo di lavoro ne è sicuramente un esempio. In "Verso un nuovo paradigma", la recensione del libro di Martin Ford Il futuro senza lavoro. Accelerazione tecnologica e macchine intelligenti. Come prepararsi alla rivoluzione economica in arrivo, abbiamo affrontato proprio questo tema. Negli ultimi anni sono stati numerosi gli economisti e i teorici borghesi ad aver scritto sulla fine del lavoro (da Leontieff a Rifkin) proponendo misure riformistiche, ma nel caso in cui gli stati riuscissero a dare un reddito di base incondizionato a tutti, si tratterebbe comunque di una toppa, perché far aumentare i consumi vuol dire far riprendere gli investimenti e aumentare la composizione organica del capitale con macchine, robot, ecc.; sull'onda della ripresa aumenterebbe la produttività e con essa la disoccupazione. Insomma, lo sviluppo del capitalismo è il processo di dissoluzione dello stesso.
Le manifestazioni globali degli ultimi mesi si possono spiegare solo con il fatto che la "miseria relativa crescente" (i redditi bassi crescono meno di quelli alti) si è da tempo trasformata in "miseria crescente" senza il primo aggettivo (i redditi bassi diminuiscono mentre crescono quelli alti). In questo contesto l'epidemia da Coronavirus rappresenta un fattore di accelerazione della crisi (economica, politica e sociale), a cui non potrà che seguire un aggravamento del marasma sociale e della guerra, soprattutto in tutti quei territori dove da anni sono saltati completamente gli stati (Yemen, Libia, Siria, Ucraina, ecc.), e un ulteriore indebolimento dell'"egemonia" americana sul pianeta.
Da tempo il gendarme globale è in crisi, fatica a controllare il capitale mondiale e rischia grosso: dal 2008 ad oggi gli Usa hanno speso circa 10mila miliardi dollari in quantitative easing (e altrettanto ha fatto la BCE), ma senza risolvere un bel nulla. E al momento, non esiste nessuno al mondo in grado di sostituirli nel loro ruolo di guida: la Cina, bruciando tutte le tappe, è arrivata ultima all'accumulazione ma è restata un nano finanziario e politico che, tra l'altro, sostiene il debito americano. La FED ha lanciato un programma di 300 miliardi di dollari a sostegno delle imprese ed il FMI ha stanziato mille miliardi per i paesi sull'orlo della crisi totale. Ormai non esiste più alcun rapporto tra la produzione di plusvalore e i soldi che vengono stampati dalle banche centrali. In questo disordine che si trascina da anni, la pandemia ha messo in luce tutti i limiti dell'attuale modo di produzione, incapace di coordinare una politica mondiale per affrontare razionalmente la crisi sanitaria.
L'emergenza da Covid-19 sta mostrando anche le pecche dell'ambiente terzinternazionalista, impegnato a piangere sui diritti negati e a denunciare la borghesia per le politiche di malasanità che hanno ridotto i posti letto negli ospedali. Eppure i rivoluzionari dovrebbero lanciarsi verso il futuro, senza perdere troppo tempo nella difesa di presunte garanzie nel presente. Le magagne del capitalismo sono sotto gli occhi di tutti, basta leggere le prime pagine dei quotidiani o guardare qualche trasmissione televisiva (vedi ad esempio la puntata di Report del 6 aprile). L'Italia, essendo il paese capitalista più vecchio, è anche il più marcio: non funziona la sanità, crollano le scuole e i ponti, e le strade sono piene di buche. Oramai le campagne di denuncia di leniniana memoria contro i misfatti del capitalismo le fanno gli stessi gruppi borghesi, in lotta l'uno con l'altro. Oggi, più che mai, il programma dei comunisti è quello di anticipare un paradigma di specie, che poi vuol dire difendere la linea del futuro di una classe che abolirà tutte le classi.
Un compagno ha segnalato la notizia dell'accordo siglato in questi giorni tra l'OPEC e la Russia per diminuire l'estrazione di greggio di circa dieci milioni di barili al giorno. Negli Usa stanno iniziando a chiudere le aziende di estrazione di shale oil. La rendita è un flusso di valore, ed è necessario ritornare ai fondamentali per spiegare cosa avviene nel rapporto tra Stati, in primis quelli che vivono di questo flusso. Se la produzione di valore mondiale smette di funzionare, si arresta anche il meccanismo della rendita, con danni economici enormi per paesi esportatori di energia come Nigeria, Venezuela, Libia e Arabia Saudita.
Il virus con cui stiamo facendo i conti è mediamente letale, anche se in Italia la letalità ha sfiorato il 10%. Sulla base delle attuali conoscenze si fanno modelli matematici, elaborazioni al computer che dicono che lo sviluppo di una pandemia, qualora superi certe soglie, è potenzialmente inarrestabile. Non è quindi solo una questione sanitaria. Come si fa ad alimentare una metropoli di 30 milioni di abitanti se la situazione va fuori controllo? C'è da stupirsi che per adesso non sia successo qualcosa di più grave, anche se negli Stati Uniti ed in Ecuador si sono viste immagini e video di fosse comuni e di cadaveri bruciati per le strade. Se questo virus muta diventando più pericoloso, vista la carente risposta degli stati, i morti potrebbero essere molti di più. Le catastrofi dei sistemi complessi avvengono per un accumulo continuo di contraddizioni che hanno la loro soluzione in modo discontinuo. I problemi sistemici si risolvono avendo consapevolezza del piano in cui bisogna agire, mentre attualmente gli stati si muovono in modo non coordinato, mossi principalmente dalla difesa dell'economia nazionale. Se un paese riapre le fabbriche, i negozi e gli uffici, anche il vicino è spinto a farlo, pur di non perdere quote di mercato ("Nel vortice della mercantile anarchia", 1952).
Stando all'interno del capitalismo si devono accettare le sue regole del gioco, non si possono certo cambiare giocando. Si cambiano le regole quando si impone un altro gioco, come abbiamo scritto nell'articolo "Rivoluzione e cibernetica": è d'obbligo quindi proiettarsi in un'altra dimensione, in n+1, anche perché rimanendo ancora nella vigente forma sociale quello che la nostra specie rischia è l'estinzione.