Informazioni aggiuntive

  • Resoconto teleriunione  31 maggio 2022

Autarchia fuori tempo massimo

La teleriunione di martedì sera, a cui hanno partecipato 21 compagni, è iniziata prendendo spunto dall'ultimo numero dell'Economist ("China's slowdown", 28 maggio).

Due articoli in particolare hanno attirato la nostra attenzione, "How Xi Jinping is damaging China's economy" e "China is trying to protect its economy from Western pressure", di cui abbiamo fatto una sintesi.

La campagna "zero contagi" condotta dal governo cinese sta avendo un impatto negativo sull'economia nazionale, dato che la produzione industriale e i volumi delle esportazioni sono diminuiti (nonostante migliaia di operai siano costretti a dormire in fabbrica per evitare contagi e produrre di più). Dopo quasi due mesi di blocco la città di Shanghai sta allentando il lockdown, ma la Covid non è stata debellata dal paese: nuovi focolai si registrano a Pechino e Tianjin, e ci sono ancora 200 milioni di persone sottoposte a restrizioni.

Il Partito Comunista Cinese teme che un'apertura troppo veloce potrebbe provocare milioni di morti. In effetti, i vaccini cinesi sono meno efficaci di quelli occidentali e nel paese vi è una bassa copertura con la dose booster per gli ultrasessantenni. Sulla gestione della pandemia si gioca la buona riuscita del 20° congresso del PCC fissato entro la fine dell'anno, durante il quale Xi Jinping intende essere confermato per un terzo mandato come presidente.

Recentemente Xi Jinping ha dichiarato che è fondamentale promuovere la causa dell'autosufficienza, perché la globalizzazione ha portato benefici ma anche molti rischi per l'economia nazionale. La borghesia cinese ha un rapporto contradditorio con la globalizzazione: se da una parte Deng Xiaoping negli anni '70 ha avviato una liberalizzazione di produzione e commercio facendo fare un balzo in avanti al paese, dall'altra il PCC non intende rinunciare ad un ruolo di controllo dell'economia, e si preoccupa per l'infiltrazione delle idee democratiche. Ma i paesi con cui la Cina ha stabilito i rapporti economici più stretti sono America, Corea del Sud, Singapore, Germania e Giappone.

Inoltre il desiderio di promuovere lo yuan come valuta di riserva si scontra con gli sforzi di isolare la Cina dalle oscillazioni finanziarie globali. Il paese per crescere non può non esporsi sul mercato mondiale, che dal 2008 è sconquassato da molteplici crisi. I consumatori europei stanno subendo una stretta sul potere d'acquisto a causa dei prezzi elevatissimi del gas, l'economia americana deve fare i conti con l'aumento dei costi dell'energia e, in seguito al fenomeno delle "grandi dimissioni”, c'è carenza di manodopera e si è verificata una crescita dei salari e dell'inflazione. Alcune agenzie di rating hanno lanciato l'allarme sul rischio di una recessione degli Stati Uniti.

Ci sono dunque tutti gli elementi necessari per lo scoppio di una tempesta perfetta, anche perché i rincari dei beni di prima necessità, oltre ad incidere sulla crescita del Pil, stanno compromettendo la pace sociale in molti paesi.

L'economia cinese è legata a doppio filo a quella americana: una frenata dei tassi di crescita del Pil della Cina sarebbe un disastro anche per gli Usa, e viceversa. Tutto si può dire ma non che americani e cinesi siano nemici: Pechino non è in grado di muovere guerra a Washington e nemmeno ha convenienza a farlo. Naturalmente, la Cina coltiva i propri interessi geopolitici a scapito di quelli statunitensi, e in alcuni casi (questione taiwanese) essa impensierisce lo sbirro globale. Dal canto loro, gli Usa attuano da decenni una politica di contenimento rispetto a Russia, Cina, e non solo.

La politiguerra americana al mondo è un'azione di natura preventiva volta alla conservazione della propria influenza, la quale fa il giro del globo.

Autarchia e protezionismo sono strategie fuori tempo massimo. Dall'attuale socializzazione internazionale della produzione e dei commerci (vedi supply chain globale) non si può tornare indietro. In natura esiste una freccia del tempo, il capitalismo non può ringiovanire. Però andare avanti, e cioè aumentare la composizione organica del capitale, vuol dire avvicinarsi alla transizione di fase, alla singolarità storica. Checché ne dicano i liberisti dell'Economist, l'attuale modo di produzione non è in grado di superare la propria crisi storica.

Dopo la vittoria della Seconda guerra mondiale, gli Usa si sono trovati ad essere i protettori del capitalismo. Nonostante il loro declino, non si vede all'orizzonte un paese che abbia la forza di scalzarli dalla scena storica ("Accumulazione e serie storica"). Attraverso un potere di deterrenza senza pari controllano il mondo e intascano una rendita di posizione. Negli anni hanno prodotto un debito globale incalcolabile che, naturalmente, non sono in grado di pagare. Il loro collasso provocherebbe un collasso generale, e per questo motivo siamo molto attenti al fronte interno americano, a cosa succede nel "ventre della balena".

La Cina, nel frattempo, ha bruciato tutte le tappe facendo in pochi decenni ciò che altri hanno compiuto in secoli, e presenta tutti i sintomi di un capitalismo senile: automazione della produzione, finanziarizzazione dell'economia, delocalizzazioni in nazioni terze. Alla fine, il destino di ogni stato è quello di sottomettersi al Capitale.

Nel capitalismo avanzato il lavoro morto (lavoro passato, capitale che deve valorizzarsi) domina sul lavoro vivo (processo di produzione, applicazione della forza-lavoro viva dell'operaio). Il Capitale nega sé stesso, invalidando la legge del valore-lavoro, e gli stati tentano di porre rimedio a questa situazione introducendo nuove forme di welfare come la "prosperità comune" in Cina e il reddito di base o di cittadinanza in Occidente, al fine di riequilibrare il sistema.

La repressione serve ma non basta per governare un paese, bisogna innanzitutto sfamare la popolazione e sostenere i consumi interni. Il controllo dei cittadini da parte dello Stato è sempre in atto. Si pensi alla sorveglianza di massa in Cina (ma non solo), basata su reti di telecamere integrate a sistemi di intelligenza artificiale che, attraverso le espressioni dei volti e i movimenti delle folle, sono in grado di predire disordini. La realtà, a quanto pare, sta superando la fantascienza (vedi film Minority Report).

Il riarmo degli stati e l'ammodernamento degli arsenali bellici è finalizzato a tenere testa ai nemici esterni ma anche a quelli interni, come spiegato nel rapporto "Nato 2020 Urban Operations" redatto da esperti di sette paesi membri, Italia compresa, e che individua l'ambiente metropolitano come futuro campo di battaglia tra le masse diseredate e lo Stato.

La guerra in Ucraina rappresenta un passaggio dall'uso di vecchi a nuovi armamenti, da vecchi a nuovi modi di combattere. Insomma, anche in campo bellico i sistemi elettronici stanno prendendo il sopravvento sugli uomini.

Articoli correlati (da tag)

  • Captare i segnali di futuro

    La teleriunione di martedì sera è iniziata facendo il punto sulla crisi automobilistica tedesca.

    Ad agosto, in tutti i paesi del vecchio continente, le immatricolazioni hanno subito un calo: rispetto allo stesso mese dell'anno precedente sono scese del 16,5%, e rispetto al 2019 hanno registrato un crollo quasi del 30%. In Germania, nell'agosto 2024, le vendite di automobili elettriche sono calate del 68%, anche a causa della fine dei sostegni statali. Tutti i produttori sono in difficoltà a causa della concorrenza della Cina, che riesce a mantenere bassi i costi di produzione grazie ai sussidi statali. La crisi riguarda Volkswagen, Mercedes, Porsche, Audi. Ma non è la crisi del settore dell'automobile a determinarne una crisi generale; al contrario, è la crisi di sovrapproduzione mondiale a manifestarsi anche in questo settore.

    Le prospettive di chiusura degli stabilimenti e la riduzione dei posti di lavoro hanno portato a scioperi e manifestazioni in Germania. Il paese, considerato la locomotiva economica d'Europa, ha attraversato un lungo periodo di relativa pace sociale. La Mitbestimmung, cogestione in italiano, prevede la collaborazione fra operai e padroni, sancita dalla natura corporativa dei sindacati esistenti. Il fascismo non è una forma di governo tipica prima dell'Italia e poi della Germania ("La socializzazione fascista ed il comunismo"), ma un cambiamento del capitalismo avvenuto a livello globale, con l'Italia che ha fatto da pilota e subito seguita dal New Deal negli USA, dal nazismo in Germania e dalla controrivoluzione stalinista in Russia. Il fascismo rappresenta un determinato stadio di sviluppo delle forze produttive che richiede che l'economia regoli sé stessa per mezzo degli interventi dello Stato: la Tennessee Valley Autority negli USA, le bonifiche dell'Agro Pontino in Italia, la costruzione della diga sul Dnepr in Unione Sovietica e la rete autostradale in Germania (Autobahn) avevano il chiaro obiettivo di modernizzare le infrastrutture pubbliche. La nuova autostrada tedesca aveva bisogno di una vettura del popolo, e si cominciò a produrre la Volskwagen. Così facendo, si diede lavoro a migliaia di disoccupati (conquistandoli al regime) e si rilanciò l'economia nazionale. Il corporativismo nazista viene rifiutato politicamente dalla Germania democratica, ma l'impianto economico sopravvive con la cogestione.

  • La curva del capitalismo non ha ramo discendente

    La teleriunione di martedì sera è iniziata con un approfondimento del testo "Teoria e azione nella dottrina marxista" (1951), ed in particolare del seguente passo:

    "Alla situazione di dissesto dell'ideologia, dell'organizzazione e dell'azione rivoluzionaria è falso rimedio fare assegnamento sull'inevitabile progressiva discesa del capitalismo che sarebbe già iniziata e in fondo alla quale attende la rivoluzione proletaria. La curva del capitalismo non ha ramo discendente."

    L'andamento del capitalismo non è di tipo gradualistico, ma catastrofico e questo dipende dagli stessi meccanismi di accumulazione. Anche se cala il saggio medio di profitto, cresce la massa del profitto, altrimenti non ci sarebbe capitalismo e cioè valore che si valorizza (D-M-D'). La Tavola II ("Interpretazione schematica dell'avvicendamento dei regimi di classe nel marxismo rivoluzionario") di "Teoria e azione" ci suggerisce che non c'è una lenta discesa dell'attuale modo di produzione (fatalismo, gradualismo), ma un accumulo di contraddizioni che ad un certo punto trova una soluzione di tipo discontinuo (cuspide, singolarità).

  • Direzione del moto storico

    La teleriunione di martedì sera è cominciata parlando del recente attentato a Donald Trump avvenuto durante un comizio elettorale in Pennsylvania.

    Si tratta di un ulteriore step nel livello di violenza che caratterizza la campagna elettorale americana. L'attentatore, un ragazzo di 20 anni con simpatie repubblicane, ha utilizzato un fucile semiautomatico AR-15, l'arma più diffusa in tutto il Paese con una stima di oltre 40 milioni di pezzi venduti. Naturalmente, non sono mancate le teorie del complotto, ma d'altronde in mancanza di informazioni vagliabili tutte le ipotesi sono aperte.

    Nel nostro articolo "Teoria e prassi della nuova politiguerra americana", nel capitolo finale intitolato La vita nel ventre della balena, abbiamo ribadito che il moto storico ha una direzione precisa. Gli USA sono ciò che la storia del pianeta li ha portati ad essere. La crisi dell'imperialismo unipolare è dovuta al fatto che sulla scena si stanno affacciando nuove potenze (lo sviluppo ineguale di cui parla Lenin nell'Imperialismo), l'America non ha più la forza di dare ordine al mondo, e non esiste un sostituto all'orizzonte. Si è interrotta la staffetta dell'imperialismo ("Accumulazione e serie storica") e il disordine mondiale aumenta con l'estendersi dei conflitti bellici su scala planetaria. Chiunque sarà il prossimo presidente americano (i pronostici danno per certa la vittoria di Trump), potrà far ben poco per invertire la tendenza economica, la quale produce effetti sulla società.

Rivista n°55, luglio 2024

copertina n° 55

Editoriale: Non potete fermarvi

Articoli: Evoluzione extra biologica - Transizione di fase. Prove generali di guerra

Rassegna: Presa d'atto - Il capitalismo è morto

Recensione: Dallo sciopero, alla rivolta, alla Comune - Guerra civile negli USA, ma non quella vera

Doppia direzione: Il programma immediato non ammette mediazioni

Raccolta della rivista n+1

Newsletter 245, 19 gennaio 2022

f6Libertà

Viviamo in una società che scoppia. I suoi membri, divisi o raggruppati secondo criteri il più delle volte arbitrari e casuali, non riescono più a darsi un'identità plausibile. La pandemia, invece di compattare gli individui intorno a provvedimenti utili alla salvaguardia della specie, ha aggravato la situazione facendo emergere ataviche tendenze all'irrazionale.

Continua a leggere la newsletter 245
Leggi le altre newsletter

Abbonati alla rivista

Per abbonarti (euro 20, minimo 4 numeri) richiedi l'ultimo numero uscito, te lo invieremo gratuitamente con allegato un bollettino di Conto Corrente Postale prestampato.
Scrivi a : mail2

Iscriviti alla newsletter

Iscriviti alla newsletter quindicinale di n+1.

Invia una mail a indirizzo email