Ammettendo pure che la Russia riesca a vincere il conflitto, viene spontaneo domandarsi come Mosca intenda gestire il dopoguerra, dovendo governare una popolazione sostanzialmente ostile. Che appoggio potrebbe mai avere un eventuale governo fantoccio filorusso nella situazione che si è determinata nel paese? In una cartina dell'Ucraina pubblicata dalla Reuters sono riportati gli attacchi effettuati dall'aviazione russa, mirati a distruggere l'infrastruttura militare del paese (basi, postazioni radar, sistemi di difesa). L'operazione bellica vede la stretta collaborazione tra forze aeree, terrestri e navali. Il giorno precedente l'inizio dell'invasione, i siti governativi e militari ucraini sono stati oscurati da un massiccio attacco informatico. Nelle intenzioni del Cremlino, molto probabilmente, si doveva effettuare una guerra lampo (blitzkrieg), volta a rovesciare il governo Zelensky e ad annettere le repubbliche separatiste del Donbass. Adesso, invece, una colonna di carrarmati, blindati e veicoli logistici russi lunga una sessantina di km è ferma sulla strada verso Kiev in attesa di fare qualcosa.
Sembra improbabile l'annessione dell'Ucraina da parte della Russia, così come uno scontro diretto con gli Usa (la superiorità aerea americana è fuori discussione). Nel 2021 la spesa militare russa è stata di 46 miliardi di dollari e nel 2024, secondo il nuovo programma di Mosca, dovrebbe arrivare a 52, cifra comunque inferiore a quella impiegata da inglesi e tedeschi nel 2020. Nello stesso anno i cinesi hanno impegnato nel settore 252 miliardi di dollari (con un aumento dell'1.9% rispetto al 2019), gli Usa 778 (il 4.4% in più rispetto al 2019).
Sia Washington che Mosca stanno facendo i conti con il proprio futuro: è in corso un grande wargame, un gioco di guerra che va ben oltre i confini ucraini ed anche europei. Naturalmente, è in atto anche una grande opera di disinformazione: ogni parte accusa l'altra di aver attaccato o provocato per prima, mentre i media cercano i colpevoli tra i leader politici. Ma la guerre scoppiano per cause materiali, inerenti alle contraddizioni del modo di produzione vigente e non certo per il capriccio di qualche battilocchio.
Per quanto in questi giorni si stia parlando della nascita di un esercito europeo, l'Europa continua ad essere disunita. Non bisogna dimenticare che paesi importanti come Germania e Italia sono occupati militarmente dagli Usa (con centinaia di basi militari e decine di migliaia di soldati sul territorio), i quali hanno ancora voce in capitolo sulle loro scelte di politica estera.
La Germania ha un grande potere di trascinamento in Europa: anni fa si è mossa per salvare la Grecia - punta avanzata della Nato nel Mediterraneo orientale - dal default, comprando il suo debito pubblico e facendo pagare cari alla popolazione gli interessi. In realtà, ha ricapitalizzato il sistema creditizio del paese e ripagato i creditori, ovvero le banche francesi e tedesche.
Il disordine globale aumenta, e ciò è dovuto in primis al declino degli Usa. Non ci sono dubbi che gli Stati Uniti siano ancora il paese egemone a livello imperialista, ma al loro interno c'è una guerra civile strisciante, come molti osservatori borghesi sostengono con saggi e articoli.
Anche la Russia ha un problema con il fronte interno: deve fare i conti con gli interessi degli oligarchi, non tutti favorevoli all'avventura bellica, e con le manifestazioni contro la guerra che in questi ultimi giorni hanno portato a migliaia di arresti (vedi "Comitato delle madri dei soldati di Russia"). Putin e la sua cerchia politica rischiano molto.
In una conferenza del 2015 l'esperto di politica internazionale americano John J. Mearsheimer afferma che gli Usa sono perfettamente coscienti del fatto che l'auspicato ingresso di Georgia e Ucraina nell'alleanza atlantica (Summit Nato di Bucarest del 2008) sarebbe stato visto dalla Russia come un atto di aggressione. Si potrebbe pensare, ipotizza Mearsheimer, che gli americani vogliano spingere i russi su uno scivoloso piano inclinato di confronto, dal quale non potranno facilmente tornare indietro.
Si tratta forse di compellenza, ovvero di quella politica di coercizione, tipicamente americana, tesa ad obbligare l'avversario a compiere atti funzionali alla strategia del nemico?
La Russia potrebbe essere spinta dalla situazione ad allearsi con la Cina? Forse tatticamente, ma non strategicamente: i due paesi sono incompatibili per ragioni storiche. La Russia ha buoni rapporti con l'Europa, in particolare con l'Italia (oltre il 40% del gas che il paese consuma proviene dalla Russia). L'America ostacola in ogni modo questi legami economici, soprattutto sul piano energetico (vedi blocco del gasdotto North Stream 2). L'interscambio commerciale tra Russia e Germania non è mai decollato, anche se quest'ultima all'inizio degli anni Settanta ha maturato la Ostpolitik, vista con diffidenza, se non con ostilità, dagli Usa.
La corrente politica a cui facciamo riferimento ha posto particolare attenzione al tema della geopolitica (cfr. ad esempio "Il pianeta è piccolo", in Battaglia Comunista n. 23 del 1950). La chiamava "geostoria", termine introdotto per primo dallo storico Ferdinand Braudel. Nel risiko della geostoria vi sono una serie di relazioni e di vincoli fisici, che obbligano gli attori statali a muoversi in determinati modi e non in altri.
La Russia, pur essendo la nazione più grande del mondo, ha relativamente pochi abitanti (144 milioni), la sua economia è legata all'esportazione di materie prime (gas, greggio, carbone), e il suo Pil nel 2020 è stato di 1.483 miliardi di dollari (per un confronto: Italia 1.886 mld, Cina 14.720 mld, Usa 20.940 mld). Si può dire che si tratta tutto sommato di un paese povero, che non è riuscito a darsi una struttura sociale adeguata allo sviluppo di un capitalismo di stato, dato che le mafie controllano lo stato e non viceversa.
In chiusura di teleriunione abbiamo ripreso il tema della cyberwar (gli hacker di Anonymous si sono dati alla partigianeria antirussa attaccando diversi siti governativi e finanziari), e degli schieramenti di guerra: la Cina mantiene ufficialmente una posizione equidistante, ma si è opposta a "sanzioni unilaterali". Anche la Turchia non intende unirsi alle sanzioni internazionali contro la Russia. Gli Emirati Arabi, insieme a Cina e India, si sono astenuti dal firmare la risoluzione Onu di condanna dell'invasione russa. Pakistan e Serbia hanno assunto una posizione "neutrale".
Abbiamo inoltre accennato al problema dei profughi di guerra: le popolazioni, affamate e terrorizzate, sono coinvolte nei conflitti moderni, vengono usate come merce di scambio e mezzo di pressione geopolitica, e sono spinte ad intrupparsi in partigianerie al servizio delle varie potenze.