Informazioni aggiuntive

  • Resoconto teleriunione  20 giugno 2023

Proiezione dal futuro

La teleconferenza di martedì sera, a cui hanno partecipato 18 compagni, è iniziata riprendendo i temi trattati all'incontro redazionale del 17 e 18 giugno.

Le relazioni presentate durante la riunione, "Sulla spontaneità operaia oggi" e "Verso un mondo senza lavoro e senza Stato", hanno fornito l'occasione per ribadire come la controrivoluzione in corso da un secolo abbia inchiodato l'umanità in un limbo dal quale sembrerebbe impossibile uscire. Una società che confronta sé stessa unicamente con il suo passato, anziché con il futuro, è morta.

La relazione sulla "spontaneità" ha preso le mosse dalla constatazione che in ambito "marxista" si prende sovente come paradigma la Terza Internazionale, dando per scontato che il movimento rivoluzionario futuro ripartirà da quel livello e utilizzerà un certo linguaggio. In realtà, dalla Rivoluzione d'Ottobre è passata un'epoca storica e gli elementi di comunismo presenti oggi ("Marcati sintomi di società futura") non sono nemmeno lontanamente paragonabili con quelli di allora. Il comunismo è più attuale di un secolo fa: adesso ci sono l'intelligenza artificiale, le fabbriche e i magazzini automatici, i supercomputer in grado di compiere milioni di miliardi di operazioni al secondo. Il capitalismo non riesce a stare al passo con un tale sviluppo delle forze produttive e da anni è sprofondato in una crisi di cui non si vede soluzione. La legge del valore non funziona più dato che di lavoro ce n'è sempre meno e quello che c'è è sempre più sfruttato. Questo fatto ha delle conseguenze sociali e politiche.

Nelle recenti manifestazioni in Francia abbiamo osservato che la spinta generale, al di là delle motivazioni ufficiali accampate dagli organizzatori, è contro lo stato di cose presente. La corrente a cui facciamo riferimento ci ha lasciato in eredità un patrimonio scientifico che ci permette di distinguere nei fenomeni sociali cosa c'è di vecchio e cosa di nuovo (vedi "Tracciato d'impostazione" sui movimenti antiforma). Il movimento rivendicativo si sta dissolvendo: non si può continuare a rivendicare un qualcosa che va scomparendo, come il posto di lavoro fisso o la piena occupazione. Il capitalismo stesso si incarica, dunque, di fare pulizia rendendo inutili le vecchie strutture, ad esempio la famiglia, baluardo della conservazione che si sta disgregando (sono sempre meno i giovani che si sposano con rito civile o religioso).

Nell'articolo "Dov'è finito il Futuro?" abbiamo scritto che nel computer della rivoluzione si sta preparando un gigantesco reset. Effettivamente ciò che serve è un azzeramento di tutto quello che rimane della lunga controrivoluzione. Oggi, nell'immaginario collettivo il comunismo è la Cina, o Cuba, o la Corea del Nord; anche tra coloro che si definiscono comunisti c'è chi sostiene che esso è un'ideologia oppure un qualcosa da costruire. In termini di "saggi di futuro", i pochi che sono riusciti ad aprire una breccia sono stati quelli di Occupy Wall Street, che hanno riscoperto il senso profondo del Primo Maggio e il ricordo della Comune di Parigi, senza però utilizzare il frusto linguaggio del "comunismo borghese".

Quello del linguaggio è un problema enorme, e non a caso è uno dei temi messi al primo posto del nostro Codice redazionale. Il linguaggio fa parte di ogni struttura sociale perché è il mezzo con cui l'uomo rovescia la prassi, trasmette informazione, progetta. Non si tratta di inventarlo di sana pianta, ma di collegarsi ad una struttura sociale futura: ad esempio, invece del termine dialettica (preso a prestito dalla filosofia) possiamo tranquillamente usare termini come retroazione, feedback e doppia direzione ("Storia di una discontinuità"), attinenti al mondo scientifico. Possiamo analizzare lo sviluppo dei movimenti antiforma odierni utilizzando parole come catalisi, autorganizzazione, catastrofe, a dimostrazione che il mondo "umano" risponde alle stesse leggi di quello "naturale" (Mark Buchanan, L'atomo sociale).

Nel film After Work di Erik Gandini si fa una panoramica della situazione lavorativa in diversi paesi e contesti, delineando l'avvento di una società post-lavoro. Il capitalista Elon Musk ha dichiarato pubblicamente di essere favorevole ad un reddito universale incondizionato, come d'altronde ha proposto il piccolo borghese Beppe Grillo. Gli Stati devono gestire una popolazione in esubero, che è fondamentale per consumare merce, ma non per produrla. I capitalisti sono costretti a sfamare i propri schiavi invece di sfruttarli. Cosa si farà, si chiedono, quando non si lavorerà più? Il problema esiste perché viviamo in una società alienata, in cui ognuno è separato e in competizione con i propri simili. Se la specie umana iniziasse a vivere in maniera veramente sociale, senza denaro, Stato e merce, tutti troverebbero organicamente il proprio posto e nessuno sgomiterebbe. In alcune lingue la parola "lavoro" è sinonimo di travaglio, fatica, sfinimento. Nel Programma rivoluzionario immediato (riunione di Forlì del 1952) si indica come obiettivo la drastica riduzione della giornata di lavoro. La società futura sarà quella dell'ozio, che non vuol dire che non si farà niente, ma che ci si potrà finalmente dedicare ad attività vitali o anche semplicemente belle e divertenti.

Lo sviluppo tecnologico è dirompente e ci obbliga ad adottare nuovi paradigmi. La struttura materiale della società è molto più avanti rispetto alle sovrastrutture ideologiche e politiche. Il ragionare per questioni (sindacale, organizzativa, ecc.) non ha senso in un mondo in cui tutto è connesso. La fabbrica globale ha sviluppato una propria intelligenza, perciò non si tratta di sostituire l'attuale sovrastruttura statale con una migliore, ma di cedere il passo ad una struttura radicalmente diversa ("Contributo per una teoria comunista dello Stato"). Per i teorici dello stato sociale, come ad esempio Daniel Susskind (Un mondo senza lavoro), l'apparato statale di domani dovrà svolgere un ruolo di primo piano nella distribuzione della ricchezza per far fronte alla "disoccupazione tecnologica". Ma lo studio che abbiamo fatto sulla Grande Socializzazione dimostra che in ambito borghese tutto è già stato sperimentato; se ne può trovare traccia nella Carta del Carnaro di Dannunzio, nelle encicliche cattoliche come la Rerum Novarum e nel gramsciano Ordine Nuovo, arrivando fino all'esperimento Comunità di Olivetti. Tutte queste correnti avevano in comune l'obiettivo di costruire una Civiltà del Lavoro (vedi Carta del Lavoro di Mussolini). In "Abbasso la repubblica borghese, abbasso la sua costituzione" (Prometeo, 1947) si indica, invece, come fine del divenire storico una società non fondata sul lavoro ma sul consumo:

"La lotta proletaria non tende ad esaltare ma a diminuire il dispendio di lavoro, e si basa sulle enormi risorse della tecnica odierna per avanzare verso una società senza sforzi lavorativi imposti, in cui la prestazione di ciascuno si farà allo stesso titolo con cui si esplica ogni altra attività, abbattendo progressivamente la barriera tra atti di produzione e di consumo, di fatica e di godimento."

La CGIL, ma anche i sindacati cosiddetti conflittuali, fondano il loro operato sulla difesa dei "diritti" del lavoro: hanno lo sguardo rivolto al passato e non al futuro. Queste organizzazioni hanno un enorme problema con le nuove generazioni, che sono senza lavoro e quindi da loro irrappresentabili. I sindacati stanno in piedi grazie allo Stato, che li sovvenziona attraverso CAF, enti bilaterali, ecc., in quanto ne riconosce la funzione di ammortizzatore sociale.

In Francia, contro la legge che aumenta l'età pensionabile da 62 a 64 anni, si è palesato un movimento sociale che è andato oltre la contestazione della riforma: nei manifesti e sui cartelli appare la necessità di avere più tempo di vita e di non essere schiavizzati dal lavoro.

Sono molti gli esempi di futuro che agisce sul presente. Pensiamo al Venus Project (una struttura no profit la cui ragione sociale si chiama Future by design, Futuro tramite progetto): esso non rivendica qualcosa, ma delinea le forme di una società comunistica basata esclusivamente sui risultati tecnico-scientifici già raggiunti entro la società capitalistica. Anche il curioso Movimento per il Paradismo proclama lo sviluppo della scienza come unico mezzo per liberare l'uomo dalla schiavitù del lavoro e del denaro. È sicuro che le forme che assumerà un domani un organismo anticapitalista saranno diverse rispetto a quelle che si immaginano i "marxisti". Negli USA potrebbe apparire come un mix di Occupy Wall Street, del Venus Project e del movimento tecnocratico degli inizi del XX secolo, ovvero un assemblaggio di forze già presenti e di esperienze storiche riscoperte. Quando si apre un'epoca di rivoluzione, tutto viene scombussolato; all'interno della classe nemica si determinano rotture e si amplia il fenomeno dei transfughi di classe. Pensiamo agli accelerazionisti che auspicano la rottura delle vecchie forme sociali nonostante questo significhi portare la società del Capitale al collasso.

Per i comunisti non si tratta di rivendicare qualcosa all'interno della forma sociale vigente e peggio che mai di volerne la riforma, si tratta semmai di tagliare i ponti con il vecchio mondo, cominciando con il rifiuto delle richieste di "giustizia sociale" (più welfare, più scuole, ecc.). Il concetto di "diritto" riguarda la rivoluzione passata, quella borghese (che sulla propria bandiera aveva scritto eguaglianza, libertà e proprietà), e non riguarderà quella futura. A proposito della nascita a Roma di Priot (rete per un attivismo queer intersezionale), se intendiamo la repressione sessuale come una delle varie forme di repressione che la specie umana si è auto-inflitta, dobbiamo concepire il suo superamento come parte di un più generale superamento della società di classe, e quindi anche del paradigma avvocatesco dei "diritti", sanciti dalla Costituzione o da qualche altra carta ritenuta sacra.

Articoli correlati (da tag)

  • Rottura di equilibri

    La teleriunione di martedì sera è iniziata dall'analisi della guerra in corso.

    Il bombardamento ad opera di Israele di un edificio annesso all'ambasciata iraniana a Damasco ha provocato una decina di morti, tra cui un importante generale iraniano e altri sei membri dei pasdaran, le Guardie rivoluzionarie dell'Iran. Colpire un'ambasciata equivale ad un attacco diretto al paese che essa rappresenta. Per adesso le potenze imperialiste non si combattono direttamente, ma per procura. Nel caso del conflitto israelo-palestinese, l'Iran utilizza Hamas e il Jihad islamico palestinese, ma anche Hezbollah in Libano e gli Houthi nello Yemen. L'attacco di Israele a Damasco ha alzato la tensione, accrescendo la possibilità del passaggio da una proxy war allo scontro diretto. L'Iran ha annunciato che risponderà nei tempi e nei modi che riterrà opportuni per vendicare l'uccisione dei propri militari.

    In Medioriente, la situazione sta evolvendo in una direzione opposta a quella dell'ordine. Israele deve gestire anche il fronte interno: oltre 100mila persone sono scese per le strade del paese dando luogo a quelle che sono state definite le più grandi manifestazioni antigovernative dal 7 ottobre. Le mobilitazioni più partecipate sono state a Tel Aviv, Haifa, e a Gerusalemme davanti alla sede del parlamento israeliano.

  • La guerra e le sue conseguenze

    La teleriunione di martedì sera è iniziata commentando le ultime news sulla guerra.

    A Mosca un gruppo di miliziani, presumibilmente appartenenti a ISIS Khorasan (c'è una rivendicazione), ha preso d'assalto il teatro Crocus City Hall, causando oltre centotrenta vittime e centinaia di feriti. Quattro persone di nazionalità tagika sono state arrestate dai servizi di sicurezza russi mentre si dirigevano verso il confine ucraino.

    Con le informazioni a disposizione è difficile capire quali forze ci siano dietro all'attacco. I Russi affermano che è opera di "islamisti radicali", ma hanno denunciato anche il coinvolgimento di Ucraini, Americani e Inglesi. Negli ultimi anni la Russia ha visto sul suo territorio diversi attentati di matrice islamica (vedi teatro Dubrovka o scuola Beslan); quest'ultimo, però, si inserisce in un contesto particolare e cioè quello della guerra in corso in Ucraina, dove da una parte si sta consumando un conflitto classico combattuto tra eserciti nazionali, e dall'altra c'è l'impiego da ambo i fronti di partigianerie, mercenari e miliziani. I servizi segreti occidentali avevano avvertito per tempo della possibilità di un attentato in Russia e l'attacco al Crocus può essere considerato come un episodio della guerra mondiale a pezzi, simile alla strage del Bataclan di Parigi avvenuta nel 2015 e compiuta da gruppi legati a Daesh, che causò centrotrenta vittime. Qualche mese fa l'ISIS K ha rivendicato l'attentato a Kerman, in Iran, vicino alla tomba del generale Qassem Soleimani; l'attacco ha provocato oltre ottanta morti e centinaia di feriti.

  • Crisi dell'egemonia americana, guerra e marasma sociale

    La teleconferenza di martedì sera, presenti 19 compagni, è iniziata dal commento di una video-intervista a Fabio Mini, generale dell'esercito italiano in pensione, incentrata sull'escalation in Medio Oriente e sul ruolo degli Stati Uniti. Secondo Mini, la dottrina militare americana prevede al massimo due fronti di guerra: in questo momento gli Americani sono impegnati in Ucraina (da quasi due anni) e in Medioriente, ma in futuro potrebbe aprirsi un altro fronte nell'Indopacifico.

    Il caos scoppiato in Medioriente ha avuto delle ripercussioni in Ucraina, che non è più al centro dell'attenzione mediatica come prima del 7 ottobre. Adesso l'iniziativa è in mano russa (vedi l'accerchiamento di Avdiivka), mentre alle forze ucraine mancano proiettili, armi e uomini. Inoltre, il sostegno da parte del blocco NATO non è più certo, anche perché potrebbe esserci bisogno di armi e munizioni in altri contesti.

Rivista n°54, dicembre 2023

copertina n° 54

Editoriale: Reset

Articoli: La rivoluzione anti-entropica
La guerra è già mondiale

Rassegna: Polarizzazione sociale in Francia
Il picco dell'immobiliare cinese

Terra di confine: Macchine che addestrano sè stesse

Recensione: Tendenza #antiwork

Raccolta della rivista n+1

Newsletter 245, 19 gennaio 2022

f6Libertà

Viviamo in una società che scoppia. I suoi membri, divisi o raggruppati secondo criteri il più delle volte arbitrari e casuali, non riescono più a darsi un'identità plausibile. La pandemia, invece di compattare gli individui intorno a provvedimenti utili alla salvaguardia della specie, ha aggravato la situazione facendo emergere ataviche tendenze all'irrazionale.

Continua a leggere la newsletter 245
Leggi le altre newsletter

Abbonati alla rivista

Per abbonarti (euro 20, minimo 4 numeri) richiedi l'ultimo numero uscito, te lo invieremo gratuitamente con allegato un bollettino di Conto Corrente Postale prestampato.
Scrivi a : mail2

Iscriviti alla newsletter

Iscriviti alla newsletter quindicinale di n+1.

Invia una mail a indirizzo email