Ho avuto occasione di leggere la vostra rivista e trovo che nell'insieme richiami quella serietà di impostazione teorica che sola può candidare un gruppo ad essere effettivo dirigente della classe; con questo non voglio (e comunque non posso perché troppo poco le conosco) dire che le vostre tesi mi convincano completamente, ma rappresentano per me un interessante spunto di riflessione.
Colgo anche l'occasione per esprimervi quanto mi abbia favorevolmente colpito il vostro atteggiamento di fronte alle perquisizioni che vi hanno coinvolto nel luglio dello scorso anno: era secondo me importante ribadire quale deve essere l'atteggiamento della classe e, a maggior ragione, delle sue avanguardie verso lo Stato che è, e rimane in ogni sua forma sovrastrutturale (fascismi, democrazie, partiti unici del capitalismo di stato), fondamentalmente dittatura della classe dominante sulle altre classi.
Abbiamo sentito parlare di problemi nell'organizzazione da te citata. Sembra che non sia la sola, questo è un periodo in cui i problemi si generalizzano con facilità più che non le soluzioni. Il fatto è che vi sono fatti mondiali eclatanti, un vero invito alla riflessione sulle varie "questioni" che hanno accompagnato la storia del movimento rivoluzionario. È naturale che i compagni mettano in discussione – molto positivamente secondo noi – tanti "ismi" contraddittori. Un po' perché non corrispondono ai fondamenti scientifici del "marxismo", un po' perché a forza di farli corrispondere ad ogni costo, senza badare alla dinamica storica che macina programmi, li si è annichiliti.
È ben vero che qualcuno finisce per cadere dalla padella nella brace, com'è successo a un gruppo che, separatosi da uno dei forzuti partiti leninisti, s'è omologato in un'area ormai definibile socialdemocratica. Ma, anche se non siamo di quelli che seguono troppo da vicino le cronache dei vari raggruppamenti, crediamo che il logoramento di questi ultimi sia del tutto positivo se contribuisce a dissipare un po' di nebbia. Quel che ci interessa da vicino, e molto, è il fermento che si avverte soprattutto fra i giovani, ormai insofferenti sia verso le frasi fatte dei grandi condottieri di masse, sia verso l'eterno dibattito basato su opinioni individuali a confronto, che è come dire l'antiscienza per antonomasia, vero cretinismo parlamentare uscito dai parlamenti.
Venendo alle tue considerazioni sulla nostra coerenza teorica e le sue conseguenze, dobbiamo precisare che oggi vi è un numero talmente spropositato di candidati alla "direzione delle masse" che noi, modestamente, ci facciamo da parte e stiamo a vedere che cosa sono capaci di fare. Non ci va di mescolare il lavoro sistematico di riproposizione di un preciso programma ai roboanti propositi di migliaia e migliaia di gruppi dove nella quasi totalità dei casi vengono riproposte, a volte neppur mascherate di rosso, le istanze illuministiche di una rivoluzione sì, ma borghese. Ci sembra, dal tono della tua lettera, che anche tu sia d'accordo con noi sul fatto che il nostro è lavoro squisitamente pratico e che sono fesserie le ottantennali punzecchiature sul preteso attendismo della Sinistra Comunista "italiana".
Questo per dire che il pacato e serio contenuto del tuo messaggio stride un po' con la formuletta sulla direzione della classe. Non è grave, ma ci fa sempre un po' impressione l'utilizzo, nella situazione odierna, dei termini adatti ai periodi rivoluzionari. Ci fa piacere che il nostro impegno, secondo te, "richiami quella serietà di impostazione teorica che sola può candidare un gruppo ad essere effettivo dirigente della classe", ma molto, molto prima che chiunque possa avere delle chances in tal senso occorrerà che sullo scenario mondiale cambino parecchie cose, cose che ovviamente non dipendono dalla volontà delle compagini attuali.
Insomma, se è vero che l'ingrossarsi delle file di militanti del partito è un derivato della coerenza in teoria e azione, è anche vero che nessuno ha in tasca il biglietto per partecipare allo spettacolo della rivoluzione, come diceva Bordiga. Gli individui vanno e vengono, è il partito storico che non muore mai e che, selezionando sul campo i suoi strumenti, diventerà partito formale, direzione.
(Doppia direzione pubblicata sulla rivista n° 14 - marzo/giugno 2004.)