Chiunque dunque è parte del nostro lavoro controfirmerebbe senz'esitare la tesi di cui sopra.
D'altra parte gli stessi sacri testi affermano che le realizzazioni dello stalinismo nell'area russo e, allargando la visuale, in quella cinese da parte degli epigoni stalinisti del maoismo, furono realizzazioni rivoluzionarie — di rivoluzione borghese, come ci affrettiamo a precisare — ma che avendo fatto girare in avanti la ruota della storia in quell'immensa area del mondo, sono realizzazioni utili anche alla prossima rivoluzione, che è la nostra. Anche in questo caso non è impossibile recitare "versetti" che esprimano pari pari questa tesi, come questo passo assai efficace tratto da un Filo del tempo:
Il marxismo ci insegna dunque che siamo in presenza di due rivoluzioni borghesi. Evoluto marinaio russo o povero soldataccio cinese, divoratore bianco o giallo di letteratura marxista, se vi han dato una mano non l'hanno data per il vantaggio della borghesia, ma per quello della classe operaia e del socialismo di domani. La rivoluzione cinese borghese è una rivoluzione venuta al giusto tempo della sua area continentale, come lo fu la rivoluzione francese.
La rivoluzione russa capitalista è una rivoluzione giunta in ritardo rispetto al tempo della sua area continentale: ha bruciato le tappe arrivando al capitalismo di Stato.
Nessuna delle due è socialista. Tutte e due tessono al capitalismo mondiale il suo lenzuolo funebre. (Malenkov-Stalin: toppa non tappa, 1953)
Questa tesi peraltro acquista ulteriore evidenza se ricorriamo alla potente formalizzazione del nostro metodo, strumento pure che traiamo dal nostro patrimonio teorico, ma che ci è così peculiare d'aver chiamato la nostra rivista e il nostro stesso lavoro col suo simbolo principale "n+1".
Noi sappiamo da questa formalizzazione che ogni società successiva "n+1" trova la sua premessa necessaria in ciascuna società precedente "n", e ciò vale anche per la presente società capitalista rispetto alla società futura che per comodità d'espressione possiamo chiamare "comunista". Tutto ciò che dunque estende, matura, porta a compimento il capitalismo "n", come effettivamente fece lo stalinismo nell'immensa area geostorica russo/cinese, aumenta il potenziale e affretta la possibilità che sorga "n+1", cioè il comunismo. Ancora una volta non possiamo che controfirmare quanto ricaviamo teoricamente dal nostro patrimonio irrinunciabile.
A questo punto però l'unica cosa che senbra sorgere è una contraddizione, un'incongruenza tra il primo assunto che lo stalinismo sia la peggiore delle controrivoluzioni, e il secondo che invece abbia avuto, pur di rimbalzo e in seconda battuta per così dire, realizzazioni utili anche alla nostra rivoluzione. Contrasto che si fa ancora più stridente se paragoniamo lo stalinismo all'altra grande rivoluzione novecentesca che l'ha preceduto, quella socialdemocratica e riformista classica.
Detto sbrigativamente, quella controrivoluzione stava nel fatto che i massimi dirigenti del movimento marxista si sono avvicinati alle posizioni e istituzioni borghesi fino a fondersi in esse nelle famigerate uniones sacrée allo scoppio della prima guerra mondiale. Questo passaggio nel campo avverso di tanti capi socialdemocratici è ovviamente controrivoluzionario rispetto alla rivoluzione comunista; ma neanche si può dire che abbia una qualche funzione di rivoluzione borghese, essendo avvenuto in un'area geostorica, quella dei paesi a capitalismo avanzato, dove la rivoluzione boirghese era fatto compiuto da mezzi secoli se non da secoli interi e l'assetto statale borghese un fatto consolidato. Insomma quella borghesia aveva un ruolo già di pura conservazione e nessuna classe sostitutiva, altrimenti che in Russia, poteva rilevare compiti borghesi chiusi per sempre in quell'area geostorica. La controrivoluzione socialdemocratica fu controrivoluzione su tutta la linea.
Va aggiunto però che di pari passo all'abbandono d'una linea politica e d'azione rivoluzionaria, i teorici socialdemocratici abbandonavano parallelamente ogni prospettiva rivoluzionaria anche nella teoria, revisionando in senso riformista il marxismo. Secondo questa revisione, il marxismo maturo e scientifico aveva abbandonato l'infatuazione giovanile di Marx ed Engels per la rivoluzione, traendo invece dall'analisi "soda e positiva" della società capitalista così com'è gli strumenti per modificarla progressivamente a vantaggio della classe lavoratrice.
Non importa ora di confutare questa tesi che non può essere la nostra, ma piuttosto di rilevare la congruenza nella controrivoluzione socialdemocratica tra azone e teoria, la chiarezza tra cosa si faceva e cosa si diceva di fare. Ed è proprio questa caratteristica rilevata di questa controrivoluzione che ci può indirizzare verso la differenza e la peculiarità di quella stalinista da rilevare. Il che ci rinvia e dà rilievo a un passo del Dialogato con Stalin, dove tale differenza e peculiarità è espressa nel modo più sintetico ed efficace. A un certo punto di questo testo che è uno dei capisaldi del nostro patrimonio teorico, troviamo scritto: Tutta la sua [di Stalin] impresa sta in una falsificazione di etichetta.
A soffermarcisi sopra, è una frase piuttosto singolare. Solitamente quando si parla di Stalin e della sua impresa, della sostanza della sua opera, della sua azione e degli effetti, dal nostro punto di vista, tremendamente controrivoluzionari, si citano ovviamente le sue purghe, l'annientamento della vecchia guardia bolscevica, la distruzione spesso direttamente fisica d'ogni opposizione dentro la terza internazionale; tutti fatti, a ben vedere, che appartengono alla realitat, la realtà effettuale, quella stessa realtà in cui Stalin ebbe a svolgere bene o male un ruolo rivoluzionario che gli abbiamo francamente riconosciuto. Se ora torniamo alla frase citata, vediamo che Bordiga parla invece di falsificazione d'etichetta; etichetta, rappresentazione, simbolo: siamo dunque passati dal piano della realitat a quello della wirklichkeit, la realtà efficiente, distinzione che sta dietro tutto il discorso. Con quella formulazione poeticamenet densa di significato Bordiga sta dicendo al movimento rivoluzionario qualcosa di sorprendente ma di non meno importante: attenzione, l'impresa di Stalin, la sostanza della sua opera e azione non sta tanto in ciò che ha fatto ma in ciò che ha rappresentato falsamente di fare. Sta qui, in questa per così dire manomissione simbolica la forza dirompente della sua controrivoluzione.
In sintesi un po' grossolana, la controrivoluzione stalinista sta nel fatto che mentre in Russia s'impiantava e estendeva capitalismo a ritmi frenetici facendo marciare spedita la rivoluzione borghese, nel contempo s'innalzavano i simboli e le bandiere della rivoluzione comunista a rappresentazione di quanto s'andava facendo. Se ora torniamo alla nostra potente formalizzazione matematica del metodo, sarà facile guardare dentro a tutta la dirompenza di questa manomissione.
Già sappiamo dalla nostra formalizzazione che la società seguente ha la sua premessa necessaria in quella previa, e qui lo stalinismo è stato rivoluzionario; ma la stessa formalizzazione ci dimostra che come ogni numero successivo è interamente diverso dal precedente, così ogni società successiva è in tutto diversa da quella che la precede e si costituisce negando tutte le categorie dell'altra. Ciò vale anche per la transizione dal capitalismo al comunismo. Ovviamente la negazione storica delle categorie capitaliste si avrà solo quando esisterà nei fatti la società futura, ma la loro negazione deve già essere essere anticipata nella teoria rivoluzionaria che prefigura la società che verrà fuori dal capitalismo.
A questo punto è possibile afferrare pienamente la peculiarità e la forza devastante della rivoluzione che prese il nome da Stalin: è avvenuto che mentre in Russia si costruiva a tappe forzate capitalismo e dunque s'usavano e teorizzavano pesantemente tutte le categorie di quello, camuffate e contraffatte dai simboli comunisti, queste poterono penetrare a fondo nella teoria che avrebbe dovuto negarle. Insomma i simboli falsificati e contraffatti agirono per così dire da cavalli di Troia e permisero alle categorie capitaliste d'impossessarsi della teoria comunista, che invece di negarle previamente le affermò caratteristiche della società comunista e la loro costruzione la costruzione stessa del comunismo!.
Fu una vera e propria indicazione d'invertire la rotta, che produsse quel disorientamento estremo, quelle bussole impazzite, come le chiamò Bordiga, per cui la più parte del movimento rivoluzionario non seppe più orientarsi verso il nord della rivoluzione, ma si sparpagliò orientandosi in una miriade di punti cardinali a volte molto diversi tra loro, ma aventi tutti in comune di divergere fortemente dal nord rivoluzionario. E a questo disorientameno dovuto ai simboli manomessi fece seguito (ecco la wirklichkeit, la realta efficiente) quello stravolgimento dell'azione e teorico da parte del movimento rivoluzione che lo ridusse ai minimi termini che tuttora vediamo.
Tutta l'enorme distorsione causata dallo stalinismo è ora possibile coglierla se ci volgiamo all'area geostorica europea a capitalismo avanzato, dove a differenza che in Russia non aveva alcun compito rivoluzionario neppure borghese da svolgere, e se lo mettiamo nuovamente a confronto con la controrivoluzione socialdemocratica.
Tutta la linea politica e teorica d'avvicinare e inserire il movimento marxista nelle istituzioni borghesi condotta dallo stato maggiore riformista era finalizzata a integrare le organizzazione dei lavoratori nell'assetto politico/sociale capitalista. Ma questa era un'esigenza del capitalismo stesso, giunto a quel grado di maturazione e in quella fase di sviluppo, che per meglio conservare i risultati raggiunti doveva riconoscere e inglobare in sé le organizzazioni della classe proletaria che la sua stessa rivoluzione aveva creato. Meramente disconoscerle e mettere fuorilegge come avveniva ai bei tempi delle rivoluzioni borghesi non era più utile e producente a quel grado di sviluppo del capitalismo e in quella fase storica ormai di conservazione sociale.
Se dunque la socialdemocrazia fu controrivoluzionaria, era però un movimento politico adeguato a quel capitalismo avanzato e sincrono alla fase storica attraversata. Fu infatti il fascismo a realizzare dialetticamente le istanze socialdemocratiche e a riformare l'assetto statale in modo da intergrarvi le organizzazioni dei lavoratori. Il fascismo, come diciamo noi, fu progressivo rispetto alla democrazia, e fece girare avanti la ruota della storia. Chi vuole essere progressivo sia fascista, come seccamente afferma Bordiga in Tendenze e socialismo.
Al contrario, il movimento stalinista nei paesi a capitalismo avanzato, sostenendo linee d'azione e teoriche mutuate dall'arretrato capitalismo russo, arrivava a spacciare per rivoluzionarie politiche che erano addirittura reazionarie rispetto al grado di sviluppo e alla fase storica di quei paesi! Insomma un onesto politico borghese era più progressista del più acceso "rivoluzionario" stalinista! Autentici primati della controrivoluzione staliniana.
Ma proprio nella considerazione del fascismo si può vedere fino a che punto lo stalinismo seppe rinculare dalle posizioni rivoluzionarie. E non dobbiamo neppure andare troppo lontano per pescare un magnifico esemplare di gambero, che Togliatti teme pochi rivali in "gamberaggine". Rispetto al fascismo, compito del movimento rivoluzionario per questo bel tomo era di raccogliere il tricolore lasciato cadere nel fango dalla borghesia, e fare — ironizzò bordiga — un ridicolo "bis" del risorgimento, come se il fascismo fosse riuscito nell'impresa di far girare indietro la ruota della storia e riportare l'Italia a una condizione addirittura precapitalista!
Non sbagliarono dunque i suoi scagnozzi quando, come racconta divertito Bordiga nel Battilocchio nella storia, diedero del grand'uomo la definizione in sintesi durante una cerimonia bassamente passatista — s'era rinculato niente male anche in gusti estetici, evidentemente — in occasione del suo sessantesimo compleanno: un grande patriota. Sì, sì, un grande, un grandissimo patriota se si vuole, sfotte Bordiga, ma come una grandissima diligenza nel tempo dell'elettrotreno e dell'aereo a reazione.
Approfitto di questa magnifica immagine del carattere reazionario di Togliatti e concludo estendendola a tutto lo stalinismo. Il guaio è che in quella grandissima diligenza ottocentesca si mise comoda la grandissima parte di quel movimento rivoluzionario che avrebbe dovuto nella sua teoria anticipare e proiettarsi oltre i tempi che sapevano progettare e costruire mezzi di trasporto incomparabilmente più potenti e veloci d'una pur grandissima diligenza. Un'immagine, e concludo, molto efficace, che può rappresentare adeguatamente il guasto così profondo e durato prodotto da quella controrivoluzione.