Non sono soltanto i lavoratori della Walmart, delle pulizie e delle catene di fast food newyorkesi ad essere in fibrillazione ma, a ben guardare, la situazione sembra diffusa su tutto il territorio statunitense. Anche nei porti di Los Angeles ci sono stati recentemente scioperi e proteste importanti. Naturalmente buona parte delle iniziative di lotta sono supportate e/o rientrano nella rete "99Pickets line". Come scritto nell'ultimo numero della rivista sull'articolo dedicato al compleanno di OWS, se il movimento si dimostrerà conseguente a quanto finora fatto, dovrà arrivare ad occupare la Casa Bianca: "Si può ragionevolmente ipotizzare che, se prendesse davvero il potere, un movimento di questo genere pretenderebbe di essere rappresentato per quello che è. Trasferirebbe cioè la sua attuale Assemblea Generale nel Campidoglio di Washington. Ma l'AG, a differenza dei soviet e persino del POSDR non è un parlamentino da congressi. Per realizzare gli obiettivi del movimento non potrebbe che essere un organo esecutivo dittatoriale transitorio del tipo tratteggiato da Marx contro il Programma di Gotha, cioè un organo al servizio dei cittadini, come lo è adesso l'AG di Zuccotti Park, con tutte le sue embrionali iniziative anti-società-capitalistica".
Il palazzo del governo del Michigan non è altro che un avamposto periferico di quello di Washington, ed è stato occupato da masse di lavoratori incazzati. La dinamica in corso ricorda quanto diceva la nostra corrente durante il Biennio rosso in Italia: secondo Bordiga si dovevano occupare questure e prefetture, non le fabbriche; e infatti Giolitti non assecondò gli industriali che volevano sgombrarle.
Le rivendicazioni avanzate dai lavoratori riguardano l'aumento dei salari e condannano l'impossibilità di vivere alle attuali condizioni. A New York si sono verificatiflash mob per contestare la partecipazione di un dirigente della Walmart ad un convegno e in un comunicato circolato in rete si ricorda la morte di 120 lavoratori in Bangladesh verificatasi a causa delle miserande condizioni di lavoro che l'azienda Walmart riserva non solo ai lavoratori americani ma anche a quelli in altri paesi. Non siamo gli unici a tenere d'occhio il movimento anticapitalista americano: il giornalista freelance Felice Mometti, di cui è stato pubblicato un articolo su Chicago86, ha messo in relazione a "99Pickets line" con i wobblies americani. Lo stesso ha scritto anche un articolo su Occupy Sandy in cui si dice che i quartieri periferici di New York continuano ad avere problemi con la fornitura di elettricità e con la rete idrica. In questi quartieri buona parte della distribuzione di cibo e di mezzi di sussistenza è gestita da Occupy Sandy. Nell'articolo è ben specificato che il movimento non ha e non vuole avere natura filantropica o caritatevole, l'obiettivo è piuttosto quello di dar vita a reti di solidarietà attraverso il metodo inclusive a cui ci ha abituato Occupy, coinvolgendo attivamente la popolazione locale nella struttura di mutuo soccorso ("Occupy Sandy Mutual Aid Not Charity").
La reazione all'attacco alle condizioni di vita si fa globale e proprio in Bangladesh, a seguito di infortuni mortali verificatisi in diverse fabbriche, sono scattati scioperi prolungati e la reazione di classe è stata considerevole. Ci sono caratteristiche simili agli scioperi dei minatori sudafricani. Questa tendenza è interessante perché collega il settore dell'estrazione delle materie prime (rendita) a quello dello smercio delle stesse (Walmart, Ikea, ecc.). Lo sciopero dei lavoratori dell'Ikea di Atene a seguito dellariduzione del 15% dei salari, ricorda quanto sta accadendo ai facchini di Piacenza che hanno deciso di entrare in sciopero per le medesime ragioni. In Grecia dal 19 novembre gli aderenti alla Federazione Ellenica dei dipendenti delle Autonomie Locali occupano circa 250 tra ministeri e uffici degli enti locali – comuni e province – per impedire alla pubblica amministrazione di stilare le liste di dipendenti da mettere prima in mobilità e poi espellere. A ben guardare è un mondo intero che sta fibrillando sotto i colpi della crisi del capitalismo senile e seguire tutto quanto accade sul pianeta, diventa piuttosto difficile. Diviene difficile anche capire dove finisce lo sciopero e dove inizia la rivolta. Gli scioperi non sono più semplici blocchi della produzione, si estendono velocemente a tutto il territorio.
Prendiamo il caso di Mahalla in Egitto, nella cittadina che conta mezzo milione di abitanti erano nati sin dagli anni 70' forti movimenti operai, quello del 2008 è stato supportato dal nascente movimento "6 Aprile". A inizio 2011 c'è stata un'altra grande ondata di scioperi che a catena ha contagiato altri grossi centri come il Cairo e Alessandria. La tensione è cresciuta al punto da obbligare Mubarak ad attuare misure simili a quelle che si prendono per sedare un moto rivoluzionario. Dopo la caduta del "faraone" la situazione è restata piuttosto tesa e quello che sta succedendo in queste settimane è la continuazione della "primavera araba". Il 7 dicembre 2012 migliaia di operai infuriati hanno dichiarato la nascita della "Repubblica Indipendente di Mahalla". E' di questi giorni la notizia che aerei caccia F16 sorvolano la città del Cairo, mentre il presidente Morsi ha dato all'esercito il potere di arrestare, come fosse un corpo di polizia. Dai documenti che si trovano in Rete sembra che Morsi stia tentando di limitare pesantemente l'agibilità dei sindacati indipendenti nati a seguito della caduta di Mubarak. I lavoratori non si oppongono solo all'applicazione della Sharia ed alla nuova Costituzione ma contestano anche il tentativo di limitare la loro agibilità politica.
Martedì scorso i manifestanti al Cairo hanno attaccato il parlamento, che era stato circondato da un muro di cemento, e hanno sfondato le barriere; a causa dell'alta tensione il governo è stato obbligato a chiedere un rinvio del prestito di 4,8 miliardi di dollari concordato a novembre con il Fondo monetario internazionale. "Alla luce degli sviluppi sul terreno, le autorità ci hanno chiesto un rinvio", ha spiegato un portavoce del Fmi. Come abbiamo scritto sull'ultima newsletter, quanto sta accadendo in Egitto va messo in relazione prima di tutto con la presenza di un proletariato forte e con la miseria che attanaglia il paese. Da ricordare, inoltre, la presenza di un imponente esercito di leva, mentre nella Libia di Gheddafi l'esercito era composto da pretoriani (mercenari) e in Siria i soldati sono scelti tra la minoranza alawita. La differenza più evidente è che l'Egitto ha un "esercito di popolo" come lo definiva Engels... ed i fucili sono in mano alla base.
Perché il presidente egiziano ha avuto necessità di arrogarsi tutti i poteri? Evidentemente la situazione sociale è tesa e la rete degli islamici non è in grado di controllare quella degli operai. Morsi considera le proteste dei lavoratori come il nemico principale. I suoi tentativi di assicurarsi poteri eccezionali hanno l'obiettivo di mettere a tacere i lavoratori che manifestano per chiedere il completamento della rivoluzione del 25 gennaio 2011. Anche in Tunisia si sta verificando la stessa dinamica: gli islamici non controllano più le organizzazioni sindacali. Ma mentre per quanto accade in Tunisia riusciamo a reperire informazioni più precise, per l'Egitto questo tipo di notizie non arriva dal momento che la censura è maggiore. Visto dall'Europa il movimento anti-governativo egiziano potrebbe sembrare un movimento di tipo democratico, che rivendica libertà e miglior governo; in realtà, leggendo i volantini e i documenti che ci arrivano dai sindacati indipendenti, le richieste sono ben altre: aumento dei salari, interruzione dei licenziamenti e migliori condizioni di vita. Siamo riusciti a recuperare documenti che fanno riferimento a diverse categorie che rivendicano aumenti salariali, a testimonianza che gli scioperi non sono mai cessati e l'ultima ondata imponente si è verificata a settembre. I dati sulla crisi in Egitto ci riportano una disoccupazione giovanile pari al 25% e una percentuale altrettanto alta di poveri che vivono con meno di due dollari al giorno.
Siamo quindi passati a commentare la situazione italiana, che va sempre più avvitandosi su sé stessa e putrefacendosi. Ci vuole tutta la follia della borghesia italiana per tentare un pasticcio in un momento come questo. Uno degli scenari possibili è che a seguito delle dimissioni del governo Monti e alle imminenti elezioni si verifichi una tale situazione di ingovernabilità che Napolitano sarà obbligato a nominare un governo tecnico bis. Gli occhi dell'Europa sono puntati sull'Italia, dalla Germania (che entrerà in recessione da questo inverno) alla Spagna (in piena recessione) tutti i paesi consigliano prudenza e stabilità dal momento che mosse sbagliate da parte dell'Italia si rifletterebbero in maniera inevitabile sulle loro economie.
Nel frattempo, dal punto di vista del coordinamento delle lotte, nell'Italietta qualcosa si muove, seppure si tratti spesso di iniziative condotte da sindacatini che non possono smettere di comportarsi come tali per necessità di sopravvivenza e di mantenimento di strutture e servizi. Alcune realtà di base genovesi, per esempio, hanno diffuso un volantino contro la "difesa del posto di lavoro". Si sta tentando un collegamento con le lotte tarantine visto che anche sul territorio di Genova è presente uno stabilimento dell'ILVA. Dato l'aumento della disoccupazione in Italia e nell'Eurozona è normale che cominci a prendere piede la rivendicazione del salario ai disoccupati ("lavoro o non lavoro, salario garantito!").