Informazioni aggiuntive

  • Resoconto teleriunione  11 dicembre 2012

Un mondo, una lotta

Dal consueto monitoraggio dei vari siti della galassia OWS abbiamo appreso che è stato occupato il Campidoglio dello Stato del Michigan per contestare una legge che ridurrebbe le possibilità di intervento dei sindacati e la conseguente organizzazione dei lavoratori. Le proteste sono partite qualche giorno fa e dopo diversi arresti e larepressione messa in atto dalle forze dell'ordine i lavoratori, a distanza di qualche giorno, sono tornati più numerosi sotto il palazzo del governo locale. Si riscontrano diverse somiglianze con quanto verificatosi nel Wisconsin nel 2010 e i documenti di Occupy che possiamo leggere ricordano proprio quelle lotte. Nella giornata di martedì si contano circa 15.000 partecipanti alle manifestazioni "Occupy Capitol" e nelle foto si vedono poliziotti armati fino ai denti e pronti a reprimere.

Non sono soltanto i lavoratori della Walmart, delle pulizie e delle catene di fast food newyorkesi ad essere in fibrillazione ma, a ben guardare, la situazione sembra diffusa su tutto il territorio statunitense. Anche nei porti di Los Angeles ci sono stati recentemente scioperi e proteste importanti. Naturalmente buona parte delle iniziative di lotta sono supportate e/o rientrano nella rete "99Pickets line". Come scritto nell'ultimo numero della rivista sull'articolo dedicato al compleanno di OWS, se il movimento si dimostrerà conseguente a quanto finora fatto, dovrà arrivare ad occupare la Casa Bianca: "Si può ragionevolmente ipotizzare che, se prendesse davvero il potere, un movimento di questo genere pretenderebbe di essere rappresentato per quello che è. Trasferirebbe cioè la sua attuale Assemblea Generale nel Campidoglio di Washington. Ma l'AG, a differenza dei soviet e persino del POSDR non è un parlamentino da congressi. Per realizzare gli obiettivi del movimento non potrebbe che essere un organo esecutivo dittatoriale transitorio del tipo tratteggiato da Marx contro il Programma di Gotha, cioè un organo al servizio dei cittadini, come lo è adesso l'AG di Zuccotti Park, con tutte le sue embrionali iniziative anti-società-capitalistica".

Il palazzo del governo del Michigan non è altro che un avamposto periferico di quello di Washington, ed è stato occupato da masse di lavoratori incazzati. La dinamica in corso ricorda quanto diceva la nostra corrente durante il Biennio rosso in Italia: secondo Bordiga si dovevano occupare questure e prefetture, non le fabbriche; e infatti Giolitti non assecondò gli industriali che volevano sgombrarle.

Le rivendicazioni avanzate dai lavoratori riguardano l'aumento dei salari e condannano l'impossibilità di vivere alle attuali condizioni. A New York si sono verificatiflash mob per contestare la partecipazione di un dirigente della Walmart ad un convegno e in un comunicato circolato in rete si ricorda la morte di 120 lavoratori in Bangladesh verificatasi a causa delle miserande condizioni di lavoro che l'azienda Walmart riserva non solo ai lavoratori americani ma anche a quelli in altri paesi. Non siamo gli unici a tenere d'occhio il movimento anticapitalista americano: il giornalista freelance Felice Mometti, di cui è stato pubblicato un articolo su Chicago86, ha messo in relazione a "99Pickets line" con i wobblies americani. Lo stesso ha scritto anche un articolo su Occupy Sandy in cui si dice che i quartieri periferici di New York continuano ad avere problemi con la fornitura di elettricità e con la rete idrica. In questi quartieri buona parte della distribuzione di cibo e di mezzi di sussistenza è gestita da Occupy Sandy. Nell'articolo è ben specificato che il movimento non ha e non vuole avere natura filantropica o caritatevole, l'obiettivo è piuttosto quello di dar vita a reti di solidarietà attraverso il metodo inclusive a cui ci ha abituato Occupy, coinvolgendo attivamente la popolazione locale nella struttura di mutuo soccorso ("Occupy Sandy Mutual Aid Not Charity").

La reazione all'attacco alle condizioni di vita si fa globale e proprio in Bangladesh, a seguito di infortuni mortali verificatisi in diverse fabbriche, sono scattati scioperi prolungati e la reazione di classe è stata considerevole. Ci sono caratteristiche simili agli scioperi dei minatori sudafricani. Questa tendenza è interessante perché collega il settore dell'estrazione delle materie prime (rendita) a quello dello smercio delle stesse (Walmart, Ikea, ecc.). Lo sciopero dei lavoratori dell'Ikea di Atene a seguito dellariduzione del 15% dei salari, ricorda quanto sta accadendo ai facchini di Piacenza che hanno deciso di entrare in sciopero per le medesime ragioni. In Grecia dal 19 novembre gli aderenti alla Federazione Ellenica dei dipendenti delle Autonomie Locali occupano circa 250 tra ministeri e uffici degli enti locali – comuni e province – per impedire alla pubblica amministrazione di stilare le liste di dipendenti da mettere prima in mobilità e poi espellere. A ben guardare è un mondo intero che sta fibrillando sotto i colpi della crisi del capitalismo senile e seguire tutto quanto accade sul pianeta, diventa piuttosto difficile. Diviene difficile anche capire dove finisce lo sciopero e dove inizia la rivolta. Gli scioperi non sono più semplici blocchi della produzione, si estendono velocemente a tutto il territorio.

Prendiamo il caso di Mahalla in Egitto, nella cittadina che conta mezzo milione di abitanti erano nati sin dagli anni 70' forti movimenti operai, quello del 2008 è stato supportato dal nascente movimento "6 Aprile". A inizio 2011 c'è stata un'altra grande ondata di scioperi che a catena ha contagiato altri grossi centri come il Cairo e Alessandria. La tensione è cresciuta al punto da obbligare Mubarak ad attuare misure simili a quelle che si prendono per sedare un moto rivoluzionario. Dopo la caduta del "faraone" la situazione è restata piuttosto tesa e quello che sta succedendo in queste settimane è la continuazione della "primavera araba". Il 7 dicembre 2012 migliaia di operai infuriati hanno dichiarato la nascita della "Repubblica Indipendente di Mahalla". E' di questi giorni la notizia che aerei caccia F16 sorvolano la città del Cairo, mentre il presidente Morsi ha dato all'esercito il potere di arrestare, come fosse un corpo di polizia. Dai documenti che si trovano in Rete sembra che Morsi stia tentando di limitare pesantemente l'agibilità dei sindacati indipendenti nati a seguito della caduta di Mubarak. I lavoratori non si oppongono solo all'applicazione della Sharia ed alla nuova Costituzione ma contestano anche il tentativo di limitare la loro agibilità politica.
Martedì scorso i manifestanti al Cairo hanno attaccato il parlamento, che era stato circondato da un muro di cemento, e hanno sfondato le barriere; a causa dell'alta tensione il governo è stato obbligato a chiedere un rinvio del prestito di 4,8 miliardi di dollari concordato a novembre con il Fondo monetario internazionale. "Alla luce degli sviluppi sul terreno, le autorità ci hanno chiesto un rinvio", ha spiegato un portavoce del Fmi. Come abbiamo scritto sull'ultima newsletter, quanto sta accadendo in Egitto va messo in relazione prima di tutto con la presenza di un proletariato forte e con la miseria che attanaglia il paese. Da ricordare, inoltre, la presenza di un imponente esercito di leva, mentre nella Libia di Gheddafi l'esercito era composto da pretoriani (mercenari) e in Siria i soldati sono scelti tra la minoranza alawita. La differenza più evidente è che l'Egitto ha un "esercito di popolo" come lo definiva Engels... ed i fucili sono in mano alla base.

Perché il presidente egiziano ha avuto necessità di arrogarsi tutti i poteri? Evidentemente la situazione sociale è tesa e la rete degli islamici non è in grado di controllare quella degli operai. Morsi considera le proteste dei lavoratori come il nemico principale. I suoi tentativi di assicurarsi poteri eccezionali hanno l'obiettivo di mettere a tacere i lavoratori che manifestano per chiedere il completamento della rivoluzione del 25 gennaio 2011. Anche in Tunisia si sta verificando la stessa dinamica: gli islamici non controllano più le organizzazioni sindacali. Ma mentre per quanto accade in Tunisia riusciamo a reperire informazioni più precise, per l'Egitto questo tipo di notizie non arriva dal momento che la censura è maggiore. Visto dall'Europa il movimento anti-governativo egiziano potrebbe sembrare un movimento di tipo democratico, che rivendica libertà e miglior governo; in realtà, leggendo i volantini e i documenti che ci arrivano dai sindacati indipendenti, le richieste sono ben altre: aumento dei salari, interruzione dei licenziamenti e migliori condizioni di vita. Siamo riusciti a recuperare documenti che fanno riferimento a diverse categorie che rivendicano aumenti salariali, a testimonianza che gli scioperi non sono mai cessati e l'ultima ondata imponente si è verificata a settembre. I dati sulla crisi in Egitto ci riportano una disoccupazione giovanile pari al 25% e una percentuale altrettanto alta di poveri che vivono con meno di due dollari al giorno.

Siamo quindi passati a commentare la situazione italiana, che va sempre più avvitandosi su sé stessa e putrefacendosi. Ci vuole tutta la follia della borghesia italiana per tentare un pasticcio in un momento come questo. Uno degli scenari possibili è che a seguito delle dimissioni del governo Monti e alle imminenti elezioni si verifichi una tale situazione di ingovernabilità che Napolitano sarà obbligato a nominare un governo tecnico bis. Gli occhi dell'Europa sono puntati sull'Italia, dalla Germania (che entrerà in recessione da questo inverno) alla Spagna (in piena recessione) tutti i paesi consigliano prudenza e stabilità dal momento che mosse sbagliate da parte dell'Italia si rifletterebbero in maniera inevitabile sulle loro economie.

Nel frattempo, dal punto di vista del coordinamento delle lotte, nell'Italietta qualcosa si muove, seppure si tratti spesso di iniziative condotte da sindacatini che non possono smettere di comportarsi come tali per necessità di sopravvivenza e di mantenimento di strutture e servizi. Alcune realtà di base genovesi, per esempio, hanno diffuso un volantino contro la "difesa del posto di lavoro". Si sta tentando un collegamento con le lotte tarantine visto che anche sul territorio di Genova è presente uno stabilimento dell'ILVA. Dato l'aumento della disoccupazione in Italia e nell'Eurozona è normale che cominci a prendere piede la rivendicazione del salario ai disoccupati ("lavoro o non lavoro, salario garantito!").

Articoli correlati (da tag)

  • Accumuli e catastrofi

    La teleriunione di martedì sera è iniziata riprendendo i temi trattati nella relazione "Peculiarità dello sviluppo storico cinese" presentata durante lo scorso incontro redazionale (15-16 marzo).

    La Cina ha attraversato una lunga guerra di liberazione nazionale (1927-1950) durante la quale la tattica del fronte unito con il Kuomintang, lanciata dal PCC in funzione antigiapponese, portò prima al disarmo e poi al massacro dei comunisti. In seguito alla vittoria della rivoluzione borghese, si rese necessario sviluppare il mercato interno e l'industria; la storia del capitalismo è la storia dell'assoggettamento della campagna alla città. Con la fine degli anni '70 si chiuse un'epoca e si aprì la strada ai finanziamenti esteri che, con le riforme, trasformarono completamente il paese (Deng Xiaoping: "arricchirsi è glorioso"). Il processo di accumulazione originaria, che nei paesi occidentali ha impiegato decine e decine di anni per compiersi, in Cina avviene bruscamente, portando con sè profondi disastri ambientali e sociali. Lo sradicamento dei contadini dalle zone rurali provocò migliaia di rivolte, soffocate con la forza dall'esercito.

    La Cina contemporanea non è solo un paese industrializzato, ma anche finanziarizzato. Nell'articolo "Tessile cinese e legge del valore" abbiamo visto che le contraddizioni riversate in Asia dall'Occidente sono poi tornate indietro amplificate. La vulcanica produzione cinese corrisponde al declino produttivo in altri paesi. La cosiddetta de-industrializzazione dell'Occidente non è causata da cattive scelte politiche, ma dalle leggi inerenti la natura del sistema capitalistico.

  • Accelerazionismo e forze storiche

    La teleriunione di martedì sera è iniziata dalla segnalazione di un articolo del sito Futuro Prossimo, intitolato "USA senza freni: l'accelerazionismo tecnologico di Trump e Musk".

    Nell'articolo, Ben Buchanan, ex consigliere per l'IA per la Casa Bianca, afferma che l'accelerazionismo, una corrente di pensiero secondo cui lo sviluppo tecnologico non deve avere limitazioni, è diventato la dottrina ufficiale dell'amministrazione Trump, con conseguenze potenzialmente rivoluzionarie. Per il nuovo esecutivo politico americano la vera minaccia non è la mancanza di regole, bensì il rischio di restare indietro nella corsa globale all'intelligenza artificiale generale. I meccanismi di funzionamento dello Stato sono troppo lenti per tenere il passo con l'innovazione tecnologica, perciò è necessaria una "distruzione creatrice" di schumpeteriana memoria. Di qui i piani di licenziamento dei lavoratori del DOGE (dipartimento per l'efficienza governativa statunitense) voluti da Elon Musk. Sembra che parte dei 1.500 dipendenti federali della General Services Administration recentemente allontanati verranno sostituiti dalla chatbot GSAi.

    Joseph Schumpeter sviluppa la teoria della "distruzione creatrice" basandosi sull'opera di Marx, in particolare sul passaggio del Manifesto del partito comunista in cui si afferma che la società borghese è costretta a rivoluzionare "di continuo gli strumenti di produzione, quindi i rapporti di produzione, quindi tutto l'insieme dei rapporti sociali".

  • Imperialismo europeo?

    La teleriunione di martedì sera è iniziata dalla notizia riguardante la cosiddetta questione curda.

    Abdullah Öcalan, storico leader della guerriglia curda, imprigionato nelle carceri turche dal 1999, ha chiesto al PKK l'abbandono della lotta armata. Proprio in questi giorni gli USA hanno annunciato il loro ritiro dalla Siria, dove è presente un contingente americano di circa 2mila soldati impegnati contro l'ISIS e a sostegno delle SDF (Siryan Democratic Force). La mossa di Öcalan è un segno dei tempi, è il portato di un repentino cambiamento degli equilibri mondiali, ma resta da vedere la capacità delle forze curde, divise geograficamente e politicamente, di darsi un indirizzo, se non unitario, almeno non confliggente.

    Il subbuglio sociale negli Stati Uniti ha conseguenze sul resto del mondo. L'annuncio di nuovi dazi doganali da parte dell'amministrazione Trump e, più in generale, il ritorno del protezionismo si scontrano con un mondo che, invece, avrebbe bisogno di un governo unico mondiale per gestire l'attuale sviluppo delle forze produttive. Il rischio è che collassi tutto, e che l'utilizzo dell'arma dei dazi inneschi situazioni incontrollabili: gli ingredienti ci sono tutti, il mercato è piccolo, gli attori sono troppi e ad azione segue reazione. La Cina ha infatti annunciato aumenti del 10-15% dei dazi su diversi prodotti agricoli e alimentari americani.

Rivista n°56, dicembre 2024

copertina n° 56

Editoriale: I limiti dell'… inviluppo / Articoli: Il gemello digitale - L'intelligenza al tempo dei Big Data - Donald Trump e il governo del mondo / Rassegna: Il grande malato d'Europa - Il vertice di Kazan - Difendono l'economia, preparano la guerra / Recensione: Ciò che sembrava un mezzo è diventato lo scopo / Doppia direzione: Il lavoro da svolgere oggi - Modo di produzione asiatico? - Un rinnovato interesse per la storia della Sinistra Comunista - Isolazionismo americano post-elettorale?

Raccolta della rivista n+1

Newsletter 245, 19 gennaio 2022

f6Libertà

Viviamo in una società che scoppia. I suoi membri, divisi o raggruppati secondo criteri il più delle volte arbitrari e casuali, non riescono più a darsi un'identità plausibile. La pandemia, invece di compattare gli individui intorno a provvedimenti utili alla salvaguardia della specie, ha aggravato la situazione facendo emergere ataviche tendenze all'irrazionale.

Continua a leggere la newsletter 245
Leggi le altre newsletter

Abbonati alla rivista

Per abbonarti (euro 20, minimo 4 numeri) richiedi l'ultimo numero uscito, te lo invieremo gratuitamente con allegato un bollettino di Conto Corrente Postale prestampato.
Scrivi a : mail2

Iscriviti alla newsletter

Iscriviti alla newsletter quindicinale di n+1.

Invia una mail a indirizzo email