Informazioni aggiuntive

  • Resoconto teleriunione  4 dicembre 2012

Operation Egypt

Ci sono state delle interessanti anticipazioni circa la relazione su Karl Popper che si terrà al prossimo incontro redazionale di Pesaro.

La prima parte del lavoro verte sul retroterra ideologico del filosofo austriaco, l'ambiente neopositivista viennese, ed ha come riferimento il testo di filosofia della scienza "Congetture e confutazioni", lasciando invece da parte le banali critiche di dogmatismo rivolte a Marx e ai filosofi storicisti. Nel testo in esame si sostiene che il marxismo è nato come scienza poiché il suo fondatore ha fatto delle previsioni ben precise, e cioè osservabili, successivamente confutate e smentite dall'esperienza storica. Secondo Popper quindi una teoria è scientifica se e solo se è falsificabile. L'anti-marxista ed anti-dialettico Popper seguiva una logica di tipo lineare. L'allievo Feyerabend invece, nel testo sul "metodo", cita Marx e Lenin per dimostrare che le ipotesi del maestro erano sbagliate, proprio perché la storia si può analizzare solo dialetticamente.

Nella riunione pesarese ci soffermeremo quindi sulla Vienna del tempo, centro nevralgico e vitale dal punto di vista culturale, per capire come da questo ambiente nasca la teoria popperiana. Tutta la filosofia della scienza parte dai neopositivisti, ovviamente poi si evolverà e da questo punto di vista Popper è una prima variazione delle discussioni di quel tempo al circolo di Vienna. Il perno di tutta la struttura del filosofo verte su un nocciolo per cui non tutte le teorie sono falsificabili: quelle che non hanno contenuto empirico non permettono la prova sperimentale e risultano di conseguenza non scientifiche.

Gli ultimi accadimenti in Nordafrica sono stati al centro della seconda parte della teleconferenza: martedì scorso il presidente egiziano Morsi è scappato dal palazzo presidenziale in seguito ad una imponente manifestazione antigovernativa. Da una decina di giorni si susseguono proteste di piazza contro la bozza di Costituzione che gli attribuisce poteri eccezionali nelle funzioni governative. Il marasma in corso in Egitto si collega a quanto accade in Tunisia, a Siliana, dove proteste contro il governo filoislamico continuano con scontri e manifestazioni organizzate dai sindacati. Vedremo nei prossimi giorni come si svilupperanno le cose. Nel frattempo leggiamo questi fatti alla luce di quanto scritto nel n° 32 della rivista (Primo compleanno di Occupy Wall Street):

"OWS è un movimento che nasce dai visceri della società più violenta e sfruttatrice della storia umana ed evidentemente ne riflette tutte le contraddizioni, ma rappresenta anche un'incrinatura dei rapporti di classe all'interno degli Stati Uniti, il cui allargamento è premessa per una rottura rivoluzionaria in tutto il mondo. In tal senso abbiamo affermato che l'accumulo di potenziale tellurico che ha incominciato a sconvolgere il mondo nel 2011 è un fenomeno unitario dovuto alla crisi senile del capitalismo. È arbitrario e quindi sbagliato collocare su piani diversi i movimenti di paesi come, ad esempio, Egitto e Stati Uniti. La legge soggiacente unitaria è quella della miseria relativa crescente, che Marx chiama "legge assoluta del Capitale" (vedi il n. 20 di questa rivista)."

Il movimento Occupy è nato sull'onda della Primavera araba copiando gli esperimenti di Piazza Tahrir e di Puerta del Sol a Madrid. Da ricordare la lettera inviata da "Comrades from Cairo" ad OWS e pubblicata in "The Guardian" il 25 ottobre 2011: "A tutti coloro che nel mondo stanno occupando parchi, piazze e altri spazi, i vostri compagni de Il Cairo vi stanno guardando con spirito solidale [...]. Siamo in una certa qual misura coinvolti nella stessa battaglia. Quella che molti studiosi chiamano la "primavera araba" affonda le proprie radici nelle manifestazioni, nelle rivolte, negli scioperi e nelle occupazioni che hanno luogo nel mondo intero. Le sue fondamenta sono da ritrovarsi in lotte durate anni da parte di singoli e dei movimenti popolari. Il momento che stiamo vivendo non è nuovo, poiché noi in Egitto, ed altri altrove, abbiamo combattuto i sistemi di repressione, di mancata liberazione e i danni incontrollati del capitalismo globale (sì, l'abbiamo detto, capitalismo): un sistema che ha reso il mondo pericoloso e crudele per i suoi abitanti [...]. Un'intera generazione in tutto il globo terrestre è cresciuta rendendosi conto, razionalmente e emotivamente, che non abbiamo futuro nell'attuale ordine delle cose [...]. L'attuale crisi in America e nell'Europa occidentale ha iniziato a portare questa realtà anche a casa vostra [...]. Così siamo con voi non solo nel tentativo di abbattere il vecchio, ma di sperimentare il nuovo [...]. Le occupazioni devono continuare, perché non c'è più nessuno a cui chiedere la riforma. [...] siate pronti a difendere quel che avete occupato, quel che state costruendo perché, dopo tutto quello che ci è stato sottratto, questi spazi sono molto preziosi".

Adesso il contesto sociale ed economico rispetto al 2010-2011 è ben diverso: tutti gli indici economici dimostrano un netto peggioramento delle condizioni di vita del proletariato. Sembra che in Nordafrica stia ripartendo una nuova ondata di lotta, con la differenza che questa volta vengono attaccati i governi filo islamici. Quindi non potrà essere una semplice ripetizione di quanto già visto durante la Primavera araba e le ripercussioni sui movimenti di lotta in Occidente potrebbero assumere caratteristiche diverse. In Egitto, per esempio, un filmato mostra un manifestante con la maschera di V per Vendetta, simbolo della rete di cyberattivisti Anonymous (Operation Egypt #OpEgypt).

Anche gli ultimi scontri in Libano (a Tripoli si scontrano milizie sciite e sunniti) e in Sinai mostrano che i governi dell'area sono in seria difficoltà e con notevoli problemi di controllo interno. In Siria siamo vicini alla resa dei conti, i combattimenti si sono estesi alla capitale ma, se precipita la situazione, non succederà come inLibia poiché il confronto internazionale in atto è più duro (i francesi difendono forti interessi con l'attuale governo siriano mentre i russi hanno mandato un ultimatum agli americani affinché si tengano alla larga dalla Siria). Se tutta la zona si surriscalda e cominciano moti e guerre civili al di là delle frontiere, anche Israele sarà in difficoltà, schiacciata com'è tra milioni di arabi. La recente votazione all'ONU sullo status di Paese osservatore per la Palestina rappresenta da questo punto di vista una batosta per Israele.

In Sinai ci sono bande armate, più o meno controllate dai beduini, che sparano sui soldati egiziani e se questo caos prende un indirizzo univoco la situazione diventa velocemente incandescente. Ciò ha direttamente a che fare con il maturare delle condizioni rivoluzionarie: la vecchia talpa lavora silenziosamente, ma non appena si solleva il coperchio della pentola in ebollizione ecco che si tocca con mano come, ad esempio, nella sola Libia, un paese con sei milioni e mezzo di abitanti, lavorino almeno due milioni di salariati provenienti dall'estero e come altri milioni e milioni lavorino in Iraq, Kuwait, Emirati, Arabia Saudita, ecc.; quest'ultimo paese ha trenta milioni di abitanti e occupa ben sei milioni di salariati stranieri. Il Capitale non può fare a meno di rivoluzionare continuamente i propri rapporti interni e quando agisce in modo concentrato è in grado di espropriare popolazioni intere, strappandole dal loro legame con i miserabili mezzi di produzione.

Quello che succede adesso in Tunisia ed Egitto risponde alle stesse leggi che muovono gli occupier americani. E' la legge della miseria crescente che fa muovere gli uomini al di là di quello che pensano di sé stessi. Resta l'impossibilità di sostenere i bisogni primari (casa, cibo, ecc.) e si svela che dopo il cambio dei governi in fondo non cambia nulla.

Cosa potrebbe succedere in Egitto?

Come dice il sito "al Ahram", se Morsi rappresenta la punta della piramide, la base è difficilmente sradicabile, in questo caso l'esercito e più precisamente lo SCAF. Il Consiglio Supremo delle Forze Armate assunse le redini del comando all'indomani della caduta di Mubarak nel febbraio 2011 e formalmente ha ceduto il potere al neonato governo della Fratellanza il 30 giugno di quest'anno. Ma così non è stato. Nel lungo e tortuoso tragitto verso la Costituzione, i militari hanno più volte fatto sentire la loro voce. Le masse egiziane hanno dimostrato di non aver paura, non hanno nulla da perdere, si mobilitano e lottano. L'Egitto è densamente popolato: gli 80 milioni di abitanti vivono su una sottile striscia intorno al Nilo. Dicevamo nel 1977: "Il diavolo imperialista è costretto a fare le pentole senza il coperchio; accanto alle centinaia di migliaia di proletari e diseredati che hanno infiammato l'Egitto, altri proletari e diseredati lontani migliaia di chilometri combatteranno altre battaglie tessendo inconsciamente la rete invisibile destinata a collegarli. Più è rimandata la rivoluzione proletaria, più si estende l'integrazione capitalistica nel mondo, più questa rete si estende. Ha ragione Sadat quando chiama in causa forze esterne per la grande ribellione di gennaio: ad Heluan si sono ancorati fili che vanno da Radom a Soweto, da Detroit a Osaka!"

Quello che accade in alcune parti del mondo ha un effetto immediato in altri continenti. Il locale diventa "glocale" e attraverso i social network si propagano informazioni, foto e video molto più velocemente che con i mezzi di informazione ufficiali. Il potenziale di scontro è così alto che alla fine la violenza quando si esprime in modo cinetico, porterà a scenari come quelli visti in Siria. Anche perché in Medioriente ci sono armi ovunque e fazioni pronte ad usarle. Gli stati si stanno sfasciando, quello siriano resiste ma anche Assad scapperà, e quello egiziano barcolla. Il malessere viene dal profondo, da masse di uomini che vedono minacciata la qualità della loro vita.

Non è un caso che si incomincino a sentire discorsi anticapitalistici anche all'infuori degli ambienti tradizionali.

Articoli correlati (da tag)

  • La vita è un processo simbiotico

    La teleriunione di martedì sera, connessi 18 compagni, è iniziata con il commento del filo del tempo "Superuomo, ammosciati!" (1953).

    Nel testo si critica la base su cui si fonda l'ordine sociale borghese ovvero l'Individuo, quell'Io presunto motore della storia umana. Personaggi storici d'eccezione, come Giulio Cesare e Napoleone Bonaparte, hanno catalizzato molta più attenzione rispetto a quella che meritavano le falangi romane o, nel caso della Rivoluzione francese, gli anonimi combattenti del "popolo". Da materialisti rifiutiamo il culto dei grandi uomini, dei cosiddetti "fuori classe":

    "Come lo Stato, anche questa 'forma' del capo, ha una base materiale e manifesta l'azione di forze fisiche, ma noi neghiamo che abbia funzione assoluta ed eterna: stabilimmo che è un prodotto storico, che in un dato periodo manca; nacque sotto date condizioni, e sotto date altre scomparirà."

    L'origine e la funzione del "battilocchio" sono da individuare in un preciso contesto storico, in un determinato stadio di sviluppo delle forze produttive. Esso si afferma in seguito alla nascita della famiglia, della proprietà privata e dello Stato (Engels). Al pari dello Stato, anche l'Io di eccezione dovrà estinguersi o, come afferma Lenin, assopirsi. L'Individuo, esaltato dall'attuale forma sociale, è massificato e influenzato dal consumismo come non mai.

  • L'unica soluzione

    La teleconferenza di martedì sera, a cui si sono connessi 15 compagni, ha avuto come tema principale la guerra in Ucraina scoppiata circa un anno fa.

    Abbiamo iniziato la discussione analizzando le prese di posizione di alcuni militari italiani, (Leonardo Tricarico e Marco Bertolini) contrari all'invio dei carri armati prodotti in Germania. Si è quindi passati a commentare quanto scrive il generale Fabio Mini nel suo ultimo libro L'Europa in guerra (ed. PaperFIRST, 2023). Una prima considerazione da fare, leggendo i capitoli iniziali del testo, riguarda il fatto che le campagne di denuncia di leniniana memoria sono ormai sostenute dagli stessi generali dell'esercito, motivo per cui i comunisti non si possono fermare a tale livello e devono per forza andare oltre.

    In L'Europa in guerra si dice che lo svuotamento degli obsoleti arsenali occidentali, dovuto alle forniture di armi a Kiev, rende necessario il rinnovo degli armamenti e apre le porte all'adozione di nuove risorse tecnologicamente più avanzate ed efficienti. Tali equipaggiamenti, afferma Mini, sono prevalentemente americani e legano sempre più l'Europa agli Stati Uniti, paese che maggiormente investe nella preparazione e nell'impiego di forze militari. Gli alleati NATO dell'Est Europa sono le punte di lancia dell'America nel Vecchio Continente.

    Per il generale, l'Ucraina sta combattendo contro l'Europa per e con gli Stati Uniti. E l'obiettivo di quest'ultimi è mantenere l'egemonia sull'Europa e interrompere qualsiasi legame politico ed economico tra Berlino e Mosca, costringendo gli alleati a importare da loro risorse energetiche a costi più alti. In ballo c'è il controllo di un mondo che non accetta più supinamente il dominio del dollaro. Come nota l'Economist ("What Ukraine means for the world"), solo un terzo della popolazione mondiale vive in paesi che hanno condannato la Russia per l'invasione dell'Ucraina e le hanno imposto sanzioni.

  • Grandi conferme

    Durante la teleconferenza di martedì sera, a cui hanno partecipato 16 compagni, abbiamo affrontato i grandi fatti della settimana appena trascorsa, ovvero le manifestazioni e le rivolte scoppiate in Sri Lanka, Albania, Kenya, Panama, Corea del Sud, Ghana, Bosnia, Argentina e India, sull'onda degli aumenti dei prezzi dei generi di prima necessità e del carburante.

    Le conferme alle nostre previsioni arrivano sia dalla prassi, con la diffusione a livello globale di quello che qualche anno fa abbiamo definito "marasma sociale e guerra", sia a livello teorico, e qui ci riferiamo all'editoriale dell'ultimo numero di Limes ("La guerra russo-americana", 6/22) in cui si afferma che comunque vada a finire questa guerra, il mondo non sarà più quello di prima:

    "Da questo conflitto nascerà un nuovo disordine mondiale. Non un ordine, perché chiunque vinca, o sopravviva, non sarà in grado di riprodurre la Pax Americana. Nemmeno l'America. Washington resterà il Numero Uno per carenza di alternative. Ma il capoclassifica non potrà ostentarsi egemone globale, né forse lo vorrà. Ridurre ad unum questa Babele d'otto miliardi di anime e diverse centinaia di attori o comparse geopolitiche è affare di Dio, non di Cesare. Per quanto intuiamo, Dio non è interessato all'impresa. Preghiamo."

    Gli esperti di geopolitica si affidano al buon Dio per uscire dal caos, noi invece riteniamo che siano i processi di auto-organizzazione sociale a rompere gli equilibri precedenti facendo fare un balzo in avanti all'umanità. Superata una certa soglia, si determina una "polarizzazione" o "ionizzazione" delle molecole sociali, che precede all'esplosione del grande antagonismo di classe.

Rivista n°55, luglio 2024

copertina n° 55

Editoriale: Non potete fermarvi

Articoli: Evoluzione extra biologica - Transizione di fase. Prove generali di guerra

Rassegna: Presa d'atto - Il capitalismo è morto

Recensione: Dallo sciopero, alla rivolta, alla Comune - Guerra civile negli USA, ma non quella vera

Doppia direzione: Il programma immediato non ammette mediazioni

Raccolta della rivista n+1

Newsletter 245, 19 gennaio 2022

f6Libertà

Viviamo in una società che scoppia. I suoi membri, divisi o raggruppati secondo criteri il più delle volte arbitrari e casuali, non riescono più a darsi un'identità plausibile. La pandemia, invece di compattare gli individui intorno a provvedimenti utili alla salvaguardia della specie, ha aggravato la situazione facendo emergere ataviche tendenze all'irrazionale.

Continua a leggere la newsletter 245
Leggi le altre newsletter

Abbonati alla rivista

Per abbonarti (euro 20, minimo 4 numeri) richiedi l'ultimo numero uscito, te lo invieremo gratuitamente con allegato un bollettino di Conto Corrente Postale prestampato.
Scrivi a : mail2

Iscriviti alla newsletter

Iscriviti alla newsletter quindicinale di n+1.

Invia una mail a indirizzo email