Informazioni aggiuntive

  • Resoconto teleriunione  25 marzo 2014

Risvolti politici emergenti

Durante la teleconferenza di martedì sera, a cui hanno partecipato 12 compagni, abbiamo discusso dell'articolo di Jeremy Rifkin, The Rise of Anti-Capitalism (L'ascesa dell'anti-capitalismo), pubblicato sul New York Times lo scorso 15 marzo.

Dello scrittore americano, nonché sociologo, attivista ambientale, professore universitario, no global, economista e filosofo, abbiamo scritto sul numero 8 della rivista in una recensione a tre suoi libri: Entropia, La fine del lavoro e L'era dell'accesso. Nel primo testo, del 1980, Rifkin dimostra come ogni economia non sia altro che un sistema di produzione e riproduzione soggiacente al secondo principio della termodinamica e perciò irreversibilmente dissipativo di energia (in termini capitalistici, dissipativo del valore che produce). A questo si aggiunge la tendenza storica del capitalismo, descritta ne La fine del lavoro una quindicina di anni più tardi, a sostituire il lavoro dell'uomo con quello della macchina, determinando un enorme esubero di manodopera.

In questo contesto si sviluppano settori legati ai servizi che, secondo l'autore, si sottraggono ai meri criteri di profitto e che diventano parte sempre più consistente dell'economia. Tale processo di sopravvento dei servizi sulla produzione materiale e la conseguente smaterializzazione delle merci porta, come descritto ne L'era dell'accesso (2000), al passaggio dalla società del possesso a quella dell'accesso:

"Gli uomini del ventunesimo secolo probabilmente percepiranno se stessi come nodi integrati in una rete di interessi condivisi, così come oggi si percepiscono agenti autonomi in un mondo darwiniano di competizione per la sopravvivenza. Per loro la libertà personale avrà poco a che fare con il diritto di possedere e di escludere gli altri dal possesso, e molto con il diritto di essere inclusi in una rete di relazioni reciproche."

In The Rise of Anti-Capitalism Rifkin aggiunge nuovi elementi alla sua analisi del capitalismo. I temi trattati ci ricordano quelli affrontati in Marcati sintomi di società futura (n+1, n. 34), ovvero l'emergere in questa società di forme comunistiche tipiche della società futura. L'articolo parte da un paradosso insito nel cuore del capitalismo: l'aumento della concorrenza, che avviene secondo le leggi di mercato, porta allo sviluppo del suo contrario e cioè ad un costo di beni e servizi praticamente pari a zero. E' la rivoluzione tecnologica, dice lo scrittore americano, in marcia fin dai tempi di Napster, il sistema peer to peer precursore del file sharing che ha aperto la strada a Kazaa, Torrent, eMule, ecc. La diffusione sul Web dei sistemi di condivisione ha intaccato i profitti di vari settori tra cui quello musicale e cinematografico. Ed ora, con l'avvento delle stampanti 3D, dei programmi open source o dei corsi gratuiti online, comincia ad interessare anche quelli di manifattura e istruzione. E a chi sostiene che lo sviluppo di servizi gratuiti induce una parte di consumatori ad acquistare beni e servizi premium (di fascia alta e specializzati) garantendo all'industria margini di profitto, Rifkin fa notare che il numero delle persone disposte a pagare è limitato, mentre l'economia di massa si avvantaggia della condivisione online.

Per soddisfare un'economia di rete in grado di spostare merci materiali e immateriali, si sta sviluppando, si legge nell'articolo, un'infrastruttura tecnologica globale basata su 11 miliardi di sensori collegati a linee di produzione, reti elettriche, risorse naturali, ecc. Viene in mente quanto scritto sul Venus Project a proposito degli "agenti" digitali automatici: secondo i "venusiani" un sistema che funzioni effettivamente su basi scientifiche ha solo bisogno di sensori che raccolgano dati sufficienti validi (input) per generare una serie di comandi altrettanto valida (output). E "sistema" significa che occorrerà integrare centri di ricerca e fabbriche, comunicazioni e logistica, uomini e macchine (il nato e il prodotto di Kevin Kelly) in un ciberorganismo simbiotico globale.

Infine Rifkin invita a puntare sullo sviluppo del cosiddetto terzo settore per tenere in vita il capitalismo, ma non può esimersi, nelle ultime righe, dall'ammettere che "We are, however, entering a world partly beyond markets" (Stiamo, però, entrando in un mondo in parte al di là dei mercati), riconoscendo la dinamica per cui il capitalismo è costretto a sviluppare al suo interno elementi di anti-capitalismo. Lo diceva Marx: il peggior nemico del capitalismo è il capitalismo stesso.

A capitolare Rifkin non è l'unico, e nemmeno il primo. Anzi, è una tendenza in atto da più di vent'anni. Ha iniziato Nicholas Negroponte col suo Being Digital; poi è arrivato chi ha teorizzato a livello economico che un mondo siffatto non poteva più essere governato; infine Rifkin e altri hanno cominciato a parlare del capitalismo come di un sistema superato. E mentre il NYT, il giornale più importante degli Stati Uniti, si fa portavoce della "teoria" dell'ascesa dell'anti-capitalismo, la NASA sponsorizza uno studio sul collasso delle civiltà dove un gruppo di ricercatori universitari americani, dimostra, utilizzando un modello dinamico (HANDY), che il rapporto tra pianeta terra e specie umana non è sostenibile se le risorse a disposizione non sono rinnovabili. Il collasso di una civiltà avviene se si verificano due condizioni sociali precise, nella nostra già fortemente presenti: l'impoverimento delle risorse disponibili e la stratificazione della società tra un gruppo di super-ricchi (1%) e il resto della massa (99%).

Le capitolazioni della borghesia di fronte al comunismo sono sempre più numerose trovando, man mano che le connessioni si fanno evidenti, maggior sincronia con quanto avviene a livello sociale.

Gli attivisti, a questo punto, potrebbero far notare - però - che manca il partito di classe. Ma ne siamo proprio sicuri? Anche se non riesce ancora a coagularsi attorno ad un programma, il partito si sta manifestando tutto intorno a noi, basta avere antenne sintonizzate sulla lunghezza d'onda giusta per captarne i segnali. La discretizzazione degli eventi necessaria per la loro comprensione non deve impedire di cogliere la dinamica in corso, la quale si autoalimenta col crescere delle contraddizioni e delle capitolazioni borghesi.

Qualcuno, ad esempio, non si è accorto che in Egitto un'ondata di scioperi ha abbattuto il governo in carica, mentre in Spagna circa un milione di persone si sono messe in marcia verso Madrid da varie parti del paese, per protestare contro lo stato di cose presente. Allo stesso tempo, dall'altra parte, i politici sembrano non riuscire più a gestire l'apparenza delle cose, lasciandosi andare a colpi di testa o a leggerezze inedite. Il sistema è talmente collassato che anche il lessico ha perso alcune precauzioni, si veda la telefonata intercettata della Timoshenko ("Cosa fare con questi otto milioni di Russi che sono rimasti in territorio ucraino? Bisogna tirargli una bomba atomica") o la dichiarazione alla radio del vice-ministro degli esteri italiano che esprime la speranza che Putin si accontenti "solo" della Crimea. E anche il tentato blocco di Twitter in Turchia, dove dalle manifestazioni di Occupy Gezi in poi sta sfaldandosi un intero sistema di potere, è su questa linea. Ci mancavano solo le dichiarazioni di Moretti, l'amministratore delegato di Fs per cui 850mila euro annui di stipendio sono il minimo per la fatica "che fa". Toccherà a Renzi convincerlo del contrario, intanto accontentiamoci degli 85000 esuberi annunciati nell'impiego pubblico e della dose da cavallo di precarietà contenuta nel Jobs Act.

Articoli correlati (da tag)

  • Sono mature le condizioni per una società nuova

    La teleriunione di martedì sera è iniziata con alcune considerazioni sulle strutture intermedie tra il partito e la classe.

    Occupy Sandy non era né un sindacato né, tantomeno, un partito, ma una struttura di mutuo-aiuto nata sull'onda dell'emergenza e dell'incapacità della macchina statale di intervenire efficacemente per aiutare la popolazione. In "Partito rivoluzionario e azione economica" (1951) si afferma che, nella prospettiva di ogni movimento rivoluzionario generale, non possono non essere presenti tali fondamentali fattori: un ampio e numeroso proletariato, un vasto strato di organizzazioni intermedie e, ovviamente, la presenza del partito rivoluzionario. Gli organismi di tipo intermedio non devono per forza essere strutture già esistenti (ad esempio i sindacati), ma possono essere forme nuove (come i Soviet in Russia). Il tema è stato approfondito in una corrispondenza con un lettore intitolata "Sovrappopolazione relativa e rivendicazioni sindacali".

    Nella tavola VIII (Schema marxista del capovolgimento della prassi), riportata in "Teoria ed azione nella dottrina marxista" (1951), vediamo che alla base dello schema ci sono le forme ed i rapporti di produzione, le determinazioni economiche e le spinte fisiologiche, che portano la classe a muoversi verso la teoria e la dottrina (partito storico), passando attraverso strutture intermedie. Si tratta di cicli di feedback che irrobustiscono la struttura del partito formale. Quando si parla di classe, partito e rivoluzione bisogna intendere una dinamica, un processo che si precisa nel corso del tempo:

  • Captare i segnali di futuro

    La teleriunione di martedì sera è iniziata facendo il punto sulla crisi automobilistica tedesca.

    Ad agosto, in tutti i paesi del vecchio continente, le immatricolazioni hanno subito un calo: rispetto allo stesso mese dell'anno precedente sono scese del 16,5%, e rispetto al 2019 hanno registrato un crollo quasi del 30%. In Germania, nell'agosto 2024, le vendite di automobili elettriche sono calate del 68%, anche a causa della fine dei sostegni statali. Tutti i produttori sono in difficoltà a causa della concorrenza della Cina, che riesce a mantenere bassi i costi di produzione grazie ai sussidi statali. La crisi riguarda Volkswagen, Mercedes, Porsche, Audi. Ma non è la crisi del settore dell'automobile a determinarne una crisi generale; al contrario, è la crisi di sovrapproduzione mondiale a manifestarsi anche in questo settore.

    Le prospettive di chiusura degli stabilimenti e la riduzione dei posti di lavoro hanno portato a scioperi e manifestazioni in Germania. Il paese, considerato la locomotiva economica d'Europa, ha attraversato un lungo periodo di relativa pace sociale. La Mitbestimmung, cogestione in italiano, prevede la collaborazione fra operai e padroni, sancita dalla natura corporativa dei sindacati esistenti. Il fascismo non è una forma di governo tipica prima dell'Italia e poi della Germania ("La socializzazione fascista ed il comunismo"), ma un cambiamento del capitalismo avvenuto a livello globale, con l'Italia che ha fatto da pilota e subito seguita dal New Deal negli USA, dal nazismo in Germania e dalla controrivoluzione stalinista in Russia. Il fascismo rappresenta un determinato stadio di sviluppo delle forze produttive che richiede che l'economia regoli sé stessa per mezzo degli interventi dello Stato: la Tennessee Valley Autority negli USA, le bonifiche dell'Agro Pontino in Italia, la costruzione della diga sul Dnepr in Unione Sovietica e la rete autostradale in Germania (Autobahn) avevano il chiaro obiettivo di modernizzare le infrastrutture pubbliche. La nuova autostrada tedesca aveva bisogno di una vettura del popolo, e si cominciò a produrre la Volskwagen. Così facendo, si diede lavoro a migliaia di disoccupati (conquistandoli al regime) e si rilanciò l'economia nazionale. Il corporativismo nazista viene rifiutato politicamente dalla Germania democratica, ma l'impianto economico sopravvive con la cogestione.

  • La curva del capitalismo non ha ramo discendente

    La teleriunione di martedì sera è iniziata con un approfondimento del testo "Teoria e azione nella dottrina marxista" (1951), ed in particolare del seguente passo:

    "Alla situazione di dissesto dell'ideologia, dell'organizzazione e dell'azione rivoluzionaria è falso rimedio fare assegnamento sull'inevitabile progressiva discesa del capitalismo che sarebbe già iniziata e in fondo alla quale attende la rivoluzione proletaria. La curva del capitalismo non ha ramo discendente."

    L'andamento del capitalismo non è di tipo gradualistico, ma catastrofico e questo dipende dagli stessi meccanismi di accumulazione. Anche se cala il saggio medio di profitto, cresce la massa del profitto, altrimenti non ci sarebbe capitalismo e cioè valore che si valorizza (D-M-D'). La Tavola II ("Interpretazione schematica dell'avvicendamento dei regimi di classe nel marxismo rivoluzionario") di "Teoria e azione" ci suggerisce che non c'è una lenta discesa dell'attuale modo di produzione (fatalismo, gradualismo), ma un accumulo di contraddizioni che ad un certo punto trova una soluzione di tipo discontinuo (cuspide, singolarità).

Rivista n°55, luglio 2024

copertina n° 55

Editoriale: Non potete fermarvi

Articoli: Evoluzione extra biologica - Transizione di fase. Prove generali di guerra

Rassegna: Presa d'atto - Il capitalismo è morto

Recensione: Dallo sciopero, alla rivolta, alla Comune - Guerra civile negli USA, ma non quella vera

Doppia direzione: Il programma immediato non ammette mediazioni

Raccolta della rivista n+1

Newsletter 245, 19 gennaio 2022

f6Libertà

Viviamo in una società che scoppia. I suoi membri, divisi o raggruppati secondo criteri il più delle volte arbitrari e casuali, non riescono più a darsi un'identità plausibile. La pandemia, invece di compattare gli individui intorno a provvedimenti utili alla salvaguardia della specie, ha aggravato la situazione facendo emergere ataviche tendenze all'irrazionale.

Continua a leggere la newsletter 245
Leggi le altre newsletter

Abbonati alla rivista

Per abbonarti (euro 20, minimo 4 numeri) richiedi l'ultimo numero uscito, te lo invieremo gratuitamente con allegato un bollettino di Conto Corrente Postale prestampato.
Scrivi a : mail2

Iscriviti alla newsletter

Iscriviti alla newsletter quindicinale di n+1.

Invia una mail a indirizzo email