Al di là del discorso puramente economico, è da considerare l'aspetto termodinamico della questione: man mano che passa il tempo si utilizzano risorse che presentano un rapporto tra l'energia ricavata e quella usata per l'estrazione (il cosiddetto indice EROEI) sempre più basso. Se questo rapporto tende all'unità, per quanti capitali possano essere investiti, la risorsa non è più sfruttabile.
Nei giorni scorsi questi temi sono stati affrontati durante una trasmissione della Rai, condotta dal meteorologo Luca Mercalli e con la partecipazione del professor Ugo Bardi che da anni studia il problema dell'esaurimento delle risorse naturali (interessante il suo testo La terra svuotata). Se da un lato il programma ha avuto il merito di far conoscere ad un vasto pubblico concetti come i limiti fisici che il pianeta oppone ad un crescita che si pretende essere infinita, dall'altro le conclusioni a cui si è giunti non si discostano molto dalle solite prediche dei riformisti, che vorrebbero aggiustare il sistema dall'interno con utopistiche e irrilevanti buone azioni locali, senza metterlo in discussione alla radice. E' l'intera organizzazione della produzione e distribuzione dei beni che va cambiata, a livello globale, partendo dal grado di maturazione delle forze produttive raggiunto e sviluppandolo ancor di più; non per continuare l'insensato meccanismo di accumulazione capitalistica che distrugge le risorse non rinnovabili, ma per soddisfare i bisogni umani.
Alcuni minerali sono molto rari e, per come sono progettate le merci, sono difficilmente riciclabili. In generale i minerali non sono distribuiti in modo uniforme sulla crosta terrestre: esauriti i giacimenti migliori sarebbe necessario, per continuare a ricavare gli elementi che servono in particolar modo nell'industria elettronica, andare ad estrarli da rocce indifferenziate, che richiederebbe immense quantità di energia. Sul controllo dello sfruttamento delle terre rare si scateneranno lotte feroci tra le potenze imperialiste.
Lo sfruttamento delle risorse naturali ha aperto la discussione ad alcune considerazioni sul famigerato trattato di Kyoto: nel capitalismo prima si inquina, poi si cerca di monetizzare il problema, irrisolvibile dall'interno di questa società. Il commercio delle emissioni non è servito a diminuire a livello globale le emissioni di gas climalteranti e a volte ha anzi innescato meccanismi distorsivi controproducenti. Mentre da un punto di vista teorico lavori come quelli degli stessi borghesi del MIT hanno tentato uno studio sistemico del pianeta, individuando una dinamica dei processi fisici attraverso dati del passato-presente-futuro (procedimento che è proprio dei lavori scientifici), da un punto di vista pratico abbiamo la creazione di un sistema-mercato rivelatosi fallimentare. Il Protocollo di Kyoto adopera gli stessi mezzi del problema per ovviare agli inconvenienti che esso genera, e invece di sradicare la dinamica sottostante si immerge nel sistema, lo aiuta. Non si può risolvere un problema adoperando il problema stesso: utilizzare elementi del sistema capitalistico per risolvere "problemi" è l'escamotage riformista classico e non fa altro che spostare su un livello superiore le contraddizioni.
Il capitalismo registra nuovi allarmi anche sul versante finanziario, si teme per la nuova bolla del Nasdaq. Una massa enorme di capitale fittizio cerca disperatamente settori produttivi dove collocarsi senza riuscire a trovarli. Secondo alcuni analisti, il capitale alla ricerca di valorizzazione ammonterebbe a circa 48 milioni di miliardi di dollari. E siccome si vocifera di ripresa economica, una parte di questo capitale si aggira vorticosamente nelle borse. In questa situazione anche piccoli movimenti di valore possono provocare macro-conseguenze a livello globale e portare allo scoppio dell'ennesima bolla finanziaria.
La teleconferenza si è conclusa con le notizie provenienti dal fronte iracheno e con un accenno al quadro politico italiano.
L'annunciata offensiva su Tikrit delle forze di Baghdad, appoggiate da volontari delle milizie sciite, in tutto circa 30-40 mila unità, ha l'obiettivo di riprendere l'importantissima città di Mosul e tagliare la via dei rifornimenti a Falluja. Il lato orientale viene invece lasciato sotto la difesa dei kurdi. Sembrerebbe iniziata la controffensiva di terra con gli insostituibili fantaccini: mentre è probabile che questi riescano a conquistare la parte sud ovest del paese (desertica e controllabile con i droni), risulterà invece più problematico incidere nella fascia collinare e boschiva verso la Siria e l'Iran.
La situazione politica italiana diviene sempre più instabile. Con la manifestazione di Roma, Salvini cerca di salvare il salvabile: la Lega si è liquefatta e non ha più la tenuta di qualche anno fa. L'unico spazio che può occupare è quello a destra. Di fronte al nullismo del governo Renzi, non mancano spinte verso nuovi esperimenti "tecnici" (magari sotto l'etichetta di Italia Unica). La borghesia italiana spinge verso questa direzione, verso una nuova prova di governo non politico alla Peccei-Visentini. Sarebbe un ulteriore passo avanti rispetto a Monti e Renzi: la tendenza ormai è quella all'esautorazione del parlamento.