L'ultimo numero dell'Economist è incentrato sul problema immigrazione, sul rallentamento economico della Cina e sulla preoccupazione dei mercati rispetto alla tenuta delle borse. Non male per i paladini del capitalismo. D'altronde, come si fa a essere ottimisti quando si ha a che fare con paesi a crescita zero virgola qualcosa?
Le popolazioni di Cina e India non possono permettersi di raggiungere livelli di consumo pari a quelli occidentali. Non ci sono legno, acciaio, acqua e terra a sufficienza per tutti. Lo sviluppo economico è stato dirompente per questi paesi: masse enormi di contadini sono passate dalla condizione di lavoratori della terra a quella di manodopera in eccedenza stipata nelle megalopoli in brevissimo tempo. Difficile credere al radioso futuro capitalistico vaneggiato da alcuni, perché l'attuale sistema non sta crescendo, sta arrancando.
L'economia mondiale è allo sfascio. La Cina è con l'acqua alla gola, i Brics, che dovevano risollevare l'economia, la stanno invece affossando, e il Giappone, la seconda potenza mondiale fino a qualche anno fa, è in crisi cronica. Anzi, tutto il mondo si è ammalato della sindrome giapponese (droga monetaria, senescenza della popolazione, disoccupazione di massa). E l'Unione Europea non esiste, ogni paese procede per conto suo. Non è perciò difficile intuire che le migrazioni non possono essere fermate né con i muri né con i soldati. A collassare sono i rapporti capitalistici, mentre i campi profughi sono destinati ad aumentare ovunque. Da Calais a Dadaab, il mondo sta diventando un grande centro d'identificazione ed espulsione. Viene da dire: volete il capitalismo? E' questo, altro non c'è.
Grande attenzione mediatica è stata data al ritrovamento di un giacimento di gas a largo delle coste egiziane. Si deve ancora capire l'entità di queste riserve, e già partono accorate manifestazioni di entusiasmo. L'annuncio sembra più che altro una strategia per far crescere il valore delle azioni dell'Eni; il trend invece è conosciuto: c'è un divario incolmabile tra consumo e ritrovamento di idrocarburi. Per il momento la convinzione che l'età del petrolio sia lontana dal terminare pare ancora molto radicata, ma, come diceva lo sceicco Yamani, l'età della pietra non ebbe certo fine perché fosse esaurita la pietra.
La teleconferenza si è conclusa con la segnalazione dell'iniziativa lanciata dall'hub newyorkese di Occupy Wall Street per il prossimo 17 settembre, in occasione del quarto anniversario della nascita del movimento (#S17, gli attivisti sono chiamati a raccolta a Zuccotti Park e nelle altre piazze americane); e con alcuni commenti sui complessi automatizzati giapponesi per la coltivazione di ortaggi, un'evoluzione rispetto alle colture su terra. L'applicazione della scienza e della tecnica all'agricoltura non sono di per sé un fatto negativo. La generalizzazione dello sfruttamento basato sull'innalzamento della produttività mette già a disposizione dell'uomo i mezzi per il potenziale superamento di tutte le società del bisogno; dimostra che è già iniziata nei fatti la liberazione dal "regno della necessità" ed è aperta la via all'avvento del "regno della libertà".