Siccome non siamo indifferenti a nulla, specie agli effetti che possono scaturire dalla insopportabile situazione sociale, abbiamo seguito sin dall'inizio l'evoluzione del Movimento 5 Stelle. Le parole d'ordine, le manifestazioni di piazza debitamente incanalate, il successo popolare, tutto lasciava presagire una ripetizione, seppure in tono minore, del movimento dell'Uomo Qualunque di Guglielmo Giannini. I pentastellati si erano candidati ad essere la mina che avrebbe fatto saltare il sistema, ma ne sono stati invece velocemente fagocitati, ponendosi al di sotto di ogni possibile critica.
Siamo nell'epoca in cui il Capitale governa lo Stato e non il contrario. La politica si è autonomizzata e viaggia per conto suo, e ormai anche settori della classe dominante lo denunciano con forza. Sempre più osservatori borghesi lanciano l'allarme per la disaffezione della "gente" verso la politica e i partiti.
Il piccolo Belgio è restato senza un governo per quasi due anni, a dimostrazione che le decisioni che contano vengono prese altrove e non certo nei parlamenti. In Spagna l'entrata in scena di Podemos ha contribuito allo stallo politico impedendo, ormai da mesi, la formazione di un esecutivo; ciò nonostante il paese va avanti, le fabbriche producono merci e i cittadini le consumano. La situazione italiana è ancor peggio di quella spagnola: tutte le speranze sono andate perdute e ora anche il M5S è decaduto.
Stabilito che è il processo di maturazione della forza produttiva sociale a determinare il passaggio da un modo di produzione all'altro, giusta l'Introduzione del '57 a Per la critica dell'economia politica, tutte le volte che ci si trova di fronte a un cambiamento profondo della società occorre chiedersi quali siano le classi in movimento. Esempio: in Francia dal 1830 al 1848 matura un movimento rivoluzionario permanente che sfocia nel 1871 nella Comune di Parigi, considerata in qualche modo la fine del ciclo politico della rivoluzione borghese. Per i comunisti europei dalla Comune in poi non c'è più alcuna possibilità di contaminazione tra borghesia e proletariato, tra i programmi della ri-forma e quello dell'anti-forma. Oggi questo discorso vale per tutto il mondo, a maggior ragione nel paese in cui la classe dominante è la più decrepita.
Si è poi passati a commentare l'impatto del recente terremoto che ha colpito il centro Italia. La crosta terrestre è in perenne movimento, forze naturali di portata gigantesca non possono essere affrontate da una società che funziona in modo unidirezionale dove le uniche "esigenze" sono quelle di maggiori profitti. Il capitalismo è il trionfo del lavoro associato e allo stesso tempo il regno anarchico dell'appropriazione privata, una contraddizione insanabile.
In chiusura di teleconferenza si è accennato alle recenti capitolazioni ideologiche della borghesia di fronte al marxismo. Jeremy Rifkin in La società a costo marginale zero sostiene che il capitalismo si sta eclissando mentre al suo posto si fa strada un nuovo paradigma, quello del "commons collaborativo". Gli fa eco Paul Mason in Postcapitalismo: grazie alla rivoluzione tecnologica stiamo vivendo una complessa fase di transizione ad una nuova società. Robot, automazione, intelligenza artificiale, Internet delle cose, disoccupazione tecnologica, sono temi ormai all'ordine del giorno. Un compagno ha segnalato la puntata Il pianeta dei robot di Presa Diretta andata in onda il 5 settembre su Rai 3.
Curioso pure l'atteggiamento dell'Economist. Nell'ultimo numero (in copertina campeggiava il titolo Uberworld) si dimostra che le autovetture possono fare benissimo a meno dei piloti in carne ed ossa. E nel penultimo, Brave new worlds, vengono descritte con entusiasmo le possibilità offerte dai viaggi nello spazio. In effetti, con lo sviluppo della sharing economy, la terra è diventata un posto inospitale per il capitalismo e i suoi rappresentanti ne traggono le logiche conseguenze: se non c'è più posto per lo sviluppo in questo pianeta, bisognerà colonizzarne altri.