All'epoca della guerra delle Falkland, "il programma comunista" nell'articolo Falkland e proletariato (1982) auspicava la vittoria dell'Inghilterra sull'Argentina (governata da una giunta militare) perché le ripercussioni interne si sarebbero fatte sentire conferendo maggiore instabilità al già tormentato continente sudamericano. Per noi invece era auspicabile la sconfitta dell'Inghilterra, in quanto bastione della conservazione. Un difetto di analisi a lungo andare comporta un difetto di teoria.
Ad esempio è assurda l'idea di prendersela con la tecnologia perché "ruba" posti di lavoro: se i lavoratori restano disoccupati vuol dire che hanno bisogno di un'altra società, senza denaro, salario e aziende. Il governatore della Banca d'Inghilterra ha dichiarato che, nei prossimi anni, 15 milioni di lavoratori inglesi saranno sostituiti nelle loro mansioni da robot e computer. Già anni fa Jeremy Rifkin, ne La fine del lavoro, affrontava la storia dell'avvento della Macchina in sostituzione all'Uomo. Ormai sono gli stessi rappresentanti del Capitale a dirci che questo modo di produzione ha l'acqua alla gola. Il mondo capitalistico, nel suo insieme, non fa che aumentare sempre più il proprio grado di dissipazione, relegando masse di uomini ai margini della società e trasformandoli in elementi inutili del sistema.
Qualche mese fa è stato pubblicato uno studio dell'Oxfam secondo cui la ricchezza posseduta da 62 "paperoni" è pari a quella di circa 3,5 miliardi di esseri umani. La concentrazione di capitale in così poche mani è la conseguenza di una espropriazione massiccia delle classi medie, specialmente nei paesi ricchi. Negli Usa, alla miseria crescente si aggiunge un livello record di indebitamento, e questo spiega l'elezione di un outsider come Donald Trump, colui che si presentava come l'anti-establishment. Ora tutto il mondo è con gli occhi puntati sul nuovo presidente e di sicuro la lista dei ministri, tutti espressione dell'1%, creerà qualche problema. Significativo che la carica relativa alle politiche del lavoro sia stata affidata ad un dirigente dei fast food, proprio mentre nel paese cresce il movimento dei "fast food workers" per il salario di 15 dollari l'ora. Pur essendo repubblicano, Trump non è ben visto dal suo partito e già si comincia a parlare di impeachment. Nel numero 40 della rivista, in uscita questo mese, abbiamo analizzato da quattro punti di vista differenti i cambiamenti in corso negli Stati Uniti, il paese imperialista più importante del mondo: una superpotenza globale che non ha più una politica da superpotenza.
Anche l'Italia non se la passa bene. In un articolo di Repubblica sulla crescita della miseria, si dice: "Di certo c'è che dopo oltre 8 anni di crisi economica, la povertà non può più essere considerata un fatto straordinario che riguarda pochi sfortunati. Ha numeri da fenomeno di massa, e il nostro welfare - concepito in un altro momento storico - sembra poco efficace per contrastarla."
A livello sociale la situazione si sta semplificando: sempre meno ricchi da una parte e sempre più poveri dall'altra, con le mezze classi che tendono a scomparire. Questo però non si traduce meccanicamente in una chiarificazione politica. Basti pensare agli schieramenti che si sono prodotti in occasione del referendum costituzionale: i sinistri in massa si sono dichiarati per il No facendosi partigiani di una componente della borghesia contro l'altra. E' di estrema attualità quanto diceva Amadeo Bordiga nel 1949: "Il partigiano è quello che combatte per un altro, se lo faccia per fede per dovere o per soldo poco importa. Il militante del partito rivoluzionario è il lavoratore che combatte per sé stesso e per la classe cui appartiene. Le sorti della ripresa rivoluzionaria dipendono dal potere elevare una nuova insormontabile barriera tra il metodo dell'azione classista di partito e quello demoborghese della lotta partigiana."