Insomma, più che di un reddito universale si tratta di un contributo "caritatevole". La legge approvata dall'esecutivo italiano rientra nella serie degli interventi tampone - non si risolve il problema alla radice ma lo si posticipa - senza nemmeno riuscire a porsi al livello del tedesco piano Hartz, che dal 2003 ha tentato di riformare il "mercato del lavoro" in chiave sistemica. Eppure, al convegno della Leopolda del 2014, Renzi aveva avanzato una proposta integrale sull'argomento, ovvero una sorta di redistribuzione del valore in salsa neo-keynesiana in cui il mercato del lavoro è completamente libero e lo stato interviene a tutela del lavoratore. Ma non se n'è fatto nulla: è mancata la capacità o la possibilità di realizzare un tale programma che, sommerso da mille chiacchiere che ne hanno confuso la vera natura, e offuscato dagli stessi sindacati che invece avrebbero dovuto incalzare il governo, tentava di affrontare i problemi dell'economia, della produzione e del lavoro italiani.
La classe borghese è inconseguente, individua problemi e soluzioni ma non riesce a realizzarli; è quindi destinata ad abbandonare la scena storica. In questo procedere, il potere esecutivo si isola dal resto della società e si blinda sempre di più, autonomizzandosi (al pari del Capitale). Come dice Marx ne Il 18 Brumaio di Luigi Bonaparte:
"... la rivoluzione va fino al fondo delle cose. Sta ancora attraversando il purgatorio. Lavora con metodo. Fino al 2 dicembre non ha condotto a termine che la prima metà della sua preparazione; ora sta compiendo l'altra metà. Prima ha elaborato alla perfezione il potere parlamentare, per poterlo rovesciare. Ora che ha raggiunto questo risultato, essa spinge alla perfezione il potere esecutivo, lo riduce alla sua espressione più pura, lo isola, se lo pone di fronte come l'unico ostacolo, per concentrare contro di esso tutte le sue forze di distruzione. E quando la rivoluzione avrà condotto a termine questa seconda metà del suo lavoro preparatorio, l'Europa balzerà dal suo seggio e griderà: Ben scavato, vecchia talpa!"
Per uscire dall'impasse in cui si trova, la classe dominante dovrebbe superare il fascismo, dandosi un governo di soli tecnici ed eliminando l'apporto inutile di quel mulino a chiacchiere che è il parlamento. Dovrebbe tendere ad un governo molto simile a quello teorizzato negli anni '20 e '30 dai tecnocratici che, adottando un punto di vista scientifico, sostenevano la necessità di gestire la società tramite il calcolo su dati oggettivi al di fuori delle categorie del valore: al posto del denaro bisognava conteggiare le ore-lavoro erogate, unità di misura fisiche ed energetiche, al fine di tenere il sistema in equilibrio. Il movimento dei tecnocratici è nato negli Usa e tra quelli del suo genere è stato il più interessante, ma bisogna notare che tentativi di pianificazione economica furono abbozzati nello stesso periodo anche in altri paesi, tra cui Francia (planismo), Italia, Germania e Russia.
Già nel 1947 la Sinistra Comunista ha chiarito che la successione storica delle forme di governo del capitale non è fascismo-democrazia-socialismo, ma democrazia-fascismo-dittatura del proletariato, ed ha definito la forma fascista come il "realizzatore dialettico delle vecchie istanze riformiste della socialdemocrazia" tramite cui si ricercarono forme di controllo dell'economia e della società. L'Italia, il capitalismo più vecchio del mondo, è sempre stata un laboratorio dove sperimentare metodi di governo da perfezionare poi altrove. Così è stato con il fascismo ma anche con i tentativi innovativi, negli anni 50' e 60', di Adriano Olivetti (utopia della società-fabbrica sul cui modello aveva fondato anche un partito che si chiamava, guarda caso, Comunità), Aurelio Peccei (Club di Roma) e Bruno Visentini ("governo istituzionale").
Il Paese nel recente passato ha avuto governi cosiddetti "del presidente", ad esempio con Ciampi e Dini negli anni '90, o con Monti nel 2011 quando la borghesia, sull'onda dell'emergenza economica, ha tentato (senza alcun risultato di rilievo) un ulteriore rafforzamento dell'esecutivo. Il limite di tali esecutivi "tecnici" è stato quello di... esserlo stati solo a parole, cioè di non essere riusciti ad andare fino in fondo sbarazzandosi degli inutili partiti parlamentari. Per il Capitale gli orpelli parassitari democratici sono solo d'intralcio, mentre sarebbe agevolato da un governo tecnico gestito da tecnici per attuare misure tecniche. La riuscita di questa iniziativa è dubbia, ma l'Italietta ancora una volta potrebbe stupire.
A proposito di (in)capacità di intervento da parte dello stato, significativo quanto accaduto nel 2012 quando l'uragano Sandy si abbatte sulla east coast americana: una grossa parte della popolazione si autorganizza grazie alle strutture di OWS che si pongono come alternative a quelle dello stato. Occupy Sandy non fa politica, né alleanze o proselitismo, ma assolve a compiti tecnici portando soccorsi nelle zone colpite, organizzando mense pubbliche e servizi utili per la popolazione colpita dal disastro. Questa mentalità pragmatica che in America ha reso possibile il movimento Occupy trova un freno nella vecchia Europa, dove persistono le ideologie/filosofie della conservazione e le riproposizioni in piccolo del cretinismo parlamentare (vedi "Nuit Debout" a Parigi).
Un compagno ha ricordato che a Roma un gruppo di rifugiati che aveva occupato una palazzina in Piazza Indipendenza è stato sgomberato dalle forze di polizia intervenute in assetto antisommossa. I movimenti per il diritto alla casa e i sindacati di base chiedono di "inchiodare il Comune e la Prefettura alle loro responsabilità attraverso la convocazione urgente di un tavolo interistituzionale sull'emergenza degli ex occupanti di Piazza Indipendenza" (comunicato del SI Cobas del 29 agosto). Tutto al contrario di OWS che diceva di essere in un altro universo e si dichiarava voce aliena che dal futuro chiama all'appello contro il capitalismo, questi gruppetti hanno bisogno delle trattative e del riconoscimento da parte delle istituzioni e cercano continuamente il confronto con esse.
In Struttura economica e sociale della Russia d'oggi, nel capitolo "La questione centrale: lo Stato", si dice che il marxismo conduce la lotta contro lo Stato borghese; oggi invece, organismi politici e sindacali che dichiarano essere "di classe" si appellano allo stato borghese proprio mentre questo va dissolvendosi, disgregandosi e perdendo energia. Le parole d'ordine del "diritto alla casa" e del "diritto al lavoro" sono quindi prive di senso: se il lavoro viene eliminato in massa dall'avvento delle macchine, dei computer e dei robot, allora è arrivato il momento di sbarazzarsi del capitalismo. Ma i sinistri sono ancorati al vecchio paradigma rivendicativo e non credono nel cambiamento. Li abbiamo già visti all'opera durante le giornate di piazza Statuto a Torino (1962): in quell'occasione gli operaisti si scagliarono contro la "squallida degenerazione di una manifestazione che era iniziata come protesta operaia" (Cronache dei Quaderni Rossi). La nostra corrente per tutta risposta scrisse l'articolo: "Evviva i teppisti della guerra di classe! Abbasso gli adoratori dell'ordine costituito!"
Adoratori dell'ordine costituito lo sono tutti coloro i quali vogliono risolvere i problemi prodotti dal capitalismo restando all'interno del sistema criticato. Per i militanti della rivoluzione, per i comunisti, l'unico modo per essere coerentemente anti-capitalisti è quello di legarsi alla futura forma sociale, n+1, per criticare e uscire da n. Si tratta di una lotta quotidiana contro l'omologazione e il luogocomunismo imperanti, in difesa del programma invariante della rivoluzione.