Anche Matteo Renzi alla Leopolda aveva rimarcato la necessità di erogare un reddito di cittadinanza, ma fino ad ora non s'è visto nulla. Prima o poi, comunque, una misura in questa direzione lo stato italiano la dovrà prendere, quantomeno per stimolare i consumi interni. Quello che stupisce è il silenzio dei sindacati e il loro scavalcamento a sinistra da parte del M5S, che per il 20 maggio prossimo ha organizzato la marcia Perugia-Assisi per il reddito di cittadinanza.
Ma siccome anche Grillo, al pari degli altri politici, prende per i fondelli i "cittadini" convincendoli che con una buona politica è possibile migliorare il capitalismo, arriveranno le delusioni. E sarà inevitabile la nascita di qualcosa di nuovo in critica all'esistente, una entità che rifiuterà la politica democratica parlamentare e si coordinerà attraverso siti, blog e social network, con una struttura di lavoro basata su mediacenter e reti avanzate.
L'attuale crisi, lo andiamo dicendo da tempo, non è di tipo congiunturale, è sistemica. D'altronde, se le crisi fossero cicliche e non avessero una freccia nel tempo, saremmo di fronte ad un capitalismo eterno. La mineralizzazione della società, la finanziarizzazione dell'economia, il crescente divario tra ricchi e poveri e la diffusione della guerra civile dimostrano invece che il capitalismo è finito.
Nemmeno l'aumento delle spese militari (e spaziali) ha più effetti: se gli Usa spendono qualche miliardo di dollari per mandare un missile su Marte, questo è nulla rispetto alla massa di capitale fittizio che cerca disperatamente di valorizzarsi. La guerra come elemento rivitalizzante dell'economia non funziona più: oggi la spesa militare americana è dovuta perlopiù alla gestione di depositi di armi già costruite, al mantenimento di 800 basi sparse in giro per il mondo. Emblematico il caso della Nato che non produce armi e non ne consuma, ma costa ai paesi membri 52 milioni di dollari al giorno. Se gli Usa non sono riusciti a liberarsi dei talebani in Afghanistan né a gestire il dopoguerra in Iraq e la guerra in Siria, difficile pensare che siano in grado di risolvere i problemi che hanno con la Corea del Nord e col resto del mondo.
Almeno dall'uscita del Manifesto il capitalismo è politicamente morto. Nel nostro quaderno Scienza economica marxista come programma rivoluzionario e nell'articolo "Il cadavere ancora cammina" affermiamo senza mezze misure che il capitalismo è uno zombie. Una forma sociale sparisce dalla scena storica quando ha esaurito tutte le sue possibilità. Engels afferma che la rivoluzione è un fatto fisico, naturale, non affrontabile con criteri politici o, peggio ancora, sociologici. Alcuni teorici della complessità (Mark Buchanan) capitolano ideologicamente di fronte al marxismo sostenendo che i terremoti, le guerre, le rivoluzioni, le estinzioni delle specie o le ondate speculative in borsa sono fenomeni legati a sistemi che si "organizzano" in modo spontaneo verso uno "stato critico" al confine tra ordine e caos.
In conclusione di teleconferenza abbiamo accennato alla situazione politica francese e alle proteste in corso in Venezuela.
In Francia i quattro candidati alla presidenza hanno raggiunto rispettivamente il 24, 21, 20 e 19 per cento dei voti: è la famosa convergenza verso il centro. Ora si prospetta un ballottaggio tra la conservatrice Marine Le Pen e il liberista Macron. L'Economist si è schierato apertamente per il secondo, ma la Francia è un paese rigido (politicamente ed economicamente) e non può sopportare una "shock economy"; se Macron diventerà presidente dovrà abbassare le proprie pretese.
In Venezuela le mobilitazioni anti-governative stanno sfociando nel caos: la manifestazione che il 24 aprile ha bloccato le principali arterie stradali è velocemente degenerata e dall'inizio delle proteste ci sono stati almeno una trentina di morti. Il paese sta sprofondando nella guerra civile, sincronizzandosi con quanto sta accadendo in altre parti del mondo.